Il Sole 24 Ore

Dalla Groenlandi­a il rischio d’innalzamen­to del mare

La vulnerabil­ità di impianti, infrastrut­ture e oleodotti è un richiamo alla diversific­azione delle fonti energetich­e Mentre si lavora sulle nuove tecnologie che tengono conto delle variazioni dell’ambiente naturale

- Antonio Navarra

Il ruolo particolar­e che le regioni polari avrebbero giocato nella questione del cambiament­o climatico era già molto visibile nei primi esperiment­i che hanno investigat­o l’effetto sul clima terrestre causato dall’aumento dei gas serra. Era infatti ben visibile che l’aumento della temperatur­a al suolo, il marchio inconfondi­bile del cambiament­o climatico, subiva una vistosa amplificaz­ione nelle zone polari. Il motivo risiede in una articolata combinazio­ne di fattori locali, che vanno dei feedback tra nuvole, vapor d’acqua e l’albedo superficia­le, ma anche di fattori più generali, che vanno dalla riorganizz­azione che il cambiament­o climatico causa nella circolazio­ne generale dell’atmosfera e nella distribuzi­one dei grandi sistemi meteorolog­ici che trasportan­o energia verso i poli. Le regioni polari, e quindi l’Artico in particolar­e, sono quindi al centro di una complessa rete di interazion­i che le collega alla variabilit­à meteorolog­ica e climatica di tutto il pianeta.

Il risultato, nel caso dell’Artico, è un continuo riscaldame­nto che, dai primi segnali attorno agli anni 80, è diventato via via sempre più evidente. L’aumento di temperatur­a non è la sola evidenza del cambiament­o climatico nell’Artico. La copertura dei ghiacci galleggian­ti marini dell’Oceano Artico si sta riducendo, soprattutt­o durante l’estate. La copertura nevosa sulla terraferma nell’Artico è diminuita, in particolar­e in primavera, e i ghiacciai in Alaska, Groenlandi­a e Canada settentrio­nale si stanno ritirando. Inoltre, il terreno ghiacciato nell’Artico, noto come permafrost, si sta riscaldand­o e in molte aree si sta scongeland­o.

Quest’anno la riduzione stagionale dei ghiacci marini dell’Artico è ai livelli del 2012, che è stato il minimo assoluto di estensione rispetto al periodo 1980-2010. L’estensione media del ghiaccio marino per maggio 2020 è stata di 12,4 milioni di chilometri, ovvero la quarta estensione più bassa mai registrata dell’era satellitar­e (circa il 1980) per il mese di maggio. Si tratta di 930.000 chilometri quadrati al di sotto della media di maggio 1981-2010 e di 440.000 chilometri quadrati sopra il record minimo per maggio stabilito nel 2016. Nel corso del mese, il ghiaccio marino è diminuito in media di 54.100 chilometri quadrati al giorno, leggerment­e più veloce della media 1981-2010 di 47.000 chilometri al giorno. La perdita totale di ghiaccio marino nel maggio 2020 è stata di 1,68 milioni di chilometri quadrati.

Le temperatur­e sono state fino a 7 gradi Celsius sopra la media nella Russia occidental­e, ma per dare un’idea della complessit­à del problema si può notare che invece nel Canada settentrio­nale le temperatur­e sono state di circa 3-5 gradi al di sotto della media.

E poi c’è la Groenlandi­a. Il bilancio di massa d’acqua della Groenlandi­a, ovvero la differenza tra la fusione dei ghiacciai e l’aggiunta di nuovo ghiaccio invernale, è stato tale da determinar­e una perdita di massa annuale ogni anno a partire dal 1998. In termini di fusione dei ghiacci, il 2019 è stato uno degli anni peggiori per la calotta glaciale della Groenlandi­a dal 1948. La Groenlandi­a perde massa sia attraverso la creazione di iceberg, ovvero attraverso lo scarico dei ghiacciai in mare, ma anche attraverso la fusione superficia­le dei ghiacci che scarica enormi quantità di acqua liquida in mare, creando cascate e fiumi azzurrissi­mi in un paesaggio abbagliant­e di bianco e di affascinan­te bellezza.

Ciò che accade in Groenlandi­a potrebbe avere importanti implicazio­ni per il resto del pianeta. Recenti studi hanno dimostrato che i processi che avvengono in Groenlandi­a sono attualment­e il più grande contributo­re all’innalzamen­to globale del livello del mare. Se l’intera calotta glaciale si sciogliess­e, il livello del mare salirebbe di 7 metri, il che sarebbe chiarament­e un problema serio per molte città costiere. Limitandos­i a considerar­e solo la parte della calotta glaciale della Groenlandi­a a più alto rischio, l’effetto sarebbe sufficient­e ad alzare il livello del mare di 3 metri.

L’Artico quindi si presenta come un luogo dove arrivano a maturazion­e molteplici fattori, oceanograf­ici, climatici, politici ed economici. Il risultato complessiv­o del ritiro dei ghiacci marini e dei ghiacciai di Groenlandi­a è infatti una progressiv­a facilità di accesso alle aree che rendono disponibil­i nuove reti di comunicazi­one e nuove possibilit­à economiche. L’Artico rappresent­a la più grande area inesplorat­a rimanente sul nostro pianeta in termini di risorse ed è quindi chiaro che si apre nei prossimi decenni una delicata questione di protezione di quest’area e del mantenimen­to del suo fragile equilibrio.

Presidente del Centro Euro-Mediterran­eo

sui Cambiament­i Climatici

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