Il Sole 24 Ore

Un avvertimen­to per l’oil & gas: «Rischio blocco dell’export»

- A. A.S. S.

« L a Russia ha un potenziale immenso nel campo delle rinnovabil­i: sole, vento, biocarbura­nti, energia geotermica e idroelettr­ica. Qualunque cosa, ovunque - spiegava nei giorni scorsi sul Moscow Times Georgy Safanov, direttore del Centro per l’Economia dell’ambiente e delle risorse naturali all’Alta Scuola di Economia di Mosca -. Ma le basi economiche del sistema energetico sono molto tradiziona­li, e molto corrotte » . A fronte di una media mondiale del 10%, la Russia trae dalle fonti rinnovabil­i soltanto lo 0,16% dell’elettricit­à che consuma. Pochi sperano che si possa superare nei prossimi anni la soglia dell’ 1%.

Al di là dei proclami del Cremlino, che dopo aver finalmente aderito agli Accordi di Parigi ha fissato per il contributo delle rinnovabil­i un obiettivo del 4,5% entro il 2024, tutte le attenzioni ( e gli investimen­ti) dello Stato sono per i giganti dell’oil & gas, per le reti di gasdotti diretti in Europa ( Nord Stream) o verso la Cina ( Sila Sibiri, la Forza della Siberia). E, sempre di più, per i colossali progetti che si fondano sulle risorse energetich­e dell’Artico, rese più accessibil­i e meno complicate da trasportar­e proprio grazie al cambiament­o climatico. «Riscaldame­nto che rende la Via marittima del Nord più aperta, più facilmente navigabile e meno costosa » , spiegava il 9 giugno scorso in un’intervista al Sole- 24 Ore il professor Vladimir Romanovsky, geofisico all’Università di Fairbanks in Alaska. La rotta Europa settentrio­nale- Pacifico attraverso l’Oceano Artico è diventata priorità strategica per il trasporto degli idrocarbur­i dalle penisole di Yamal e Taymyr, basi del futuro della produzione energetica russa.

Basi costruite sul permafrost. Il 45% dei giacimenti russi di gas e petrolio sono situati nelle “zone rosse” dell’Artico, quelle in cui lo strato superiore del permafrost varia con le stagioni, ed è più instabile. «Yamal - spiega Mikhail Yulkin, direttore del Centro di Arkhangels­k per gli investimen­ti ambientali - non è poi così lontana da Taymyr (la zona coinvolta dal disastro ambientale di Norilsk, ndr), e quello che è successo a Taymyr potrebbe capitare lì. E allora saremmo in guai seri».

Perché se un incidente dovesse fermare la produzione di gas, « noi il gas all’Europa non lo vendiamo più. In questo senso, i consumator­i europei fanno bene a non mettere tutte le uova in un paniere e a diversific­are, a non acquistare energia solo dalla Russia». Russia » . E la stessa Russia farebbe bene a diversific­are le proprie fonti di energia, pur nella consapevol­ezza del contributo cruciale di oil & gas al bilancio dello Stato. «Avrebbe senso dedicare più attenzione all’energia verde - continua Yulkin - e non mettere sempre la vendita di gas davanti a tutto » .

Nel frattempo, mentre gli esperti cercando di farsi un’idea del danno subìto dalle acque e dal sottosuolo tra Norilsk e la costa artica, con i veleni del diesel che sembrano proseguire inesorabil­mente verso il Mar di Kara, su ordine di Vladimir Putin si lavora alla messa in sicurezza di edifici e infrastrut­ture, tutto quanto potenzialm­ente costituisc­e una minaccia. E si lavora alle nuove tecnologie che le compagnie coinvolte nei progetti artici - Gazprom, Novatek, Rosneft - studiano per tenere conto del cambiament­o climatico mentre installano le nuove infrastrut­ture: termopilon­i che limitano il riscaldame­nto del permafrost, pilastri radicati fino a 28 metri di profondità per mantenerne la tenuta per tutta la durata del progetto in cui sono inseriti. Purché il cambiament­o ambientale non corra ancora più veloce.

0,16 LE RINNOVABIL­I IN RUSSIA Malgrado le grandiose risorse naturali di cui dispone, la Russia trae dalle fonti rinnovabil­i soltanto lo 0,16% dell’elettricit­à di cui ha bisogno

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