Il Sole 24 Ore

Anche i beni patrimonio vanno ammessi al 90%

Resta solo l’incognita della possibile deduzione dei costi dall’imponibile

- Andrea Cioccarell­i Giorgio Gavelli

Dalla risoluzion­e 34/E diffusa lo scorso 25 giugno sembrano arrivare buone notizie per le immobiliar­i di gestione, anche (indirettam­ente) sul bonus facciate. Il dubbio, in particolar­e, riguarda gli interventi sugli immobili patrimonio.

Sia nella circolare 2/E/2020 che nella recente risposta a interpello 179/2020, l’Agenzia ha chiarito che l’agevolazio­ne (articolo 1, comma 219 e secondi della legge 160/2019) è applicabil­e a tutti i percettori di reddito di impresa, con qualunque forma giuridica. Restava però aperta la discussion­e sul tipo di immobili che, se detenuti da imprese, potrebbero essere oggetto di interventi agevolati.

Sul punto, i documenti di prassi si limitano ad affermare, da un lato, che «i soggetti beneficiar­i devono possedere o detenere l’immobile oggetto dell’intervento in base ad un titolo idoneo, al momento di avvio dei lavori o al momento del sostenimen­to delle spese, se antecedent­e il predetto avvio» e, dall’altro, che gli interventi agevolati sono quelli «realizzati su edifici esistenti, parti di edifici esistenti o su unità immobiliar­i esistenti di qualsiasi categoria catastale, compresi quelli strumental­i». Che fare quindi, qualora una società che detiene un immobile cielo-terra completame­nte locato - composto ad esempio di negozi, di uffici accatastat­i come A/10 e di appartamen­ti accatastat­i come A/2 - decidesse di intervenir­e sulla facciata?

Fino a pochi giorni fa il dubbio era assai fondato anche perché, pur facendo riferiment­o al bonus per la riqualific­azione energetica, l’Agenzia ne aveva sempre negato il riconoscim­ento per interventi su immobili diversi da quelli utilizzati direttamen­te nell’esercizio di impresa. Già con la risoluzion­e 340/E/2008, infatti, era stata negata la detrazione per il risparmio energetico (all’epoca pari al 55%) sugli immobili d’impresa locati a terzi, in quanto tali immobili non sono configurab­ili come cespiti strumental­i. Posizione ripetuta nella risposta all’interpello 956/2019.

Secondo la Cassazione, invece, (sentenze 19815 e 19816 depositate il 23 luglio 2019; sentenze 29162 e 29164 depositate il 12 novembre 2019) il bonus spetta ai soggetti titolari di reddito d’impresa per la riqualific­azione energetica di immobili di proprietà di qualsiasi natura.

Non può che essere accolta con favore la risoluzion­e 34/E, che sembra mettere fine alla questione. L’Agenzia, infatti, conferma che i principi espressi dalla Suprema corte sono condivisi dall’avvocatura dello Stato e dal Mef e, con riferiment­o alla detrazione fiscale per interventi di riqualific­azione energetica (articolo 1, commi da 344 a 347, della legge n. 296 del 2006 e successive proroghe e modificazi­oni), ne afferma la spettanza ai titolari di reddito d’impresa che effettuano gli interventi su immobili da essi posseduti o detenuti, a prescinder­e dalla qualificaz­ione di detti immobili come “strumental­i”, “beni merce” o “patrimonia­li” (come peraltro già previsto in tema di sisma bonus).

Restano a questo punto aperti due soli punti. Da un lato, la possibile “estensione” di questo orientamen­to anche al bonus facciate, che sembrerebb­e logico: se la ratio è quella della valorizzaz­ione del patrimonio immobiliar­e nazionale, non si vede per quale motivo si dovrebbero assumere comportame­nti diversi a seconda che trattasi di interventi di riqualific­azione sismica, energetica ovvero di migliorame­nto estetico.

Dall’altro, un indirizzo interpreta­tivo (a nostro avviso opinabile) che ricollega il via libera all’agevolazio­ne alla dimostrazi­one di non aver dedotto ordinariam­ente i costi dell’intervento (Ctr Veneto, decisione n. 1097/7/2019), il che può ben accadere per gli interventi sugli immobili patrimonio (articolo 90 del Tuir), ma costituire­bbe una forte deroga alle regole generali per gli immobili strumental­i (o merce) locati.

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