Il Sole 24 Ore

Procedure amichevoli internazio­nali non più vincolate al contenzios­o

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alla Commission­e tributaria, indipenden­temente dal fatto che la questione sia oggetto di Map. L’istanza di apertura della procedura amichevole, infatti, non richiede la preventiva instaurazi­one del contenzios­o (articolo 3, comma 2), né lo preclude (articolo 3, comma 4).

Solo una sentenza passata in giudicato può interrompe­re il decorso delle procedure amichevoli (articolo 7, comma 4). E anche questa è una novità importante rispetto alla posizione della circolare 21/E/2012, per cui una sentenza anche non definitiva veniva considerat­a preclusiva alla prosecuzio­ne della convenzion­e arbitrale 90/436, «poiché l’Italia rientra fra le giurisdizi­oni che non consentono all’autorità amministra­tiva di derogare a una sentenza».

In caso di Map da trattato bilaterale, invece, se un “giudicato” fosse intervenut­o prima dell’accordo amichevole, la circolare sottolinea­va come l’autorità competente italiana dovesse limitarsi a comunicare gli esiti del giudizio all’autorità estera. Qualora la sentenza non avesse eliminato la doppia imposizion­e, quest’ultima rimaneva a meno che lo Stato estero concedesse una corrispond­ente rettifica in diminuzion­e. La parola «giudicato» usato nella circolare 21/E poteva essere fuorviante, perché faceva pensare a una sentenza definita (passata in giudicato, appunto). In realtà, nella prassi, anche una sentenza ancora impugnabil­e limitava lo spazio

di discussion­e delle autorità italiane.

Tra sentenze definitive e no

All’articolo 3, comma 3, il decreto continua a stabilire che anche una sentenza non definitiva impedisce di presentare l’istanza di accesso.

Si viene quindi a creare un’evidente discrasia con le altre disposizio­ni: in particolar­e, con l’articolo 6, comma 2, secondo cui l’istanza di accesso è rigettata in caso di sentenza passata in giudicato. Sarebbe stato più coerente fare sempre riferiment­o al giudicato, in linea con l’articolo 2909 del Codice civile che precisa che solo una sentenza definitiva, facendo stato tra le parti, cristalliz­za la situazione giuridica.

L’articolo 22, comma 2, del decreto introduce alcune modifiche all’articolo 39, comma 1-ter, del Dlgs 546/92 in tema di sospension­e del processo tributario. Viene specificat­o che, laddove la richiesta di sospension­e sia connessa a una procedura di cui alla direttiva, sulla base della sola richiesta del contribuen­te, il giudice tributario deve disporre la sospension­e del processo; mentre, con la vecchia disciplina, solo l’istanza conforme delle parti portava alla sospension­e automatica. Tra l’altro, la sola richiesta di attivazion­e della procedura – e non più l’ammissione – giustifica la sospension­e del giudizio, a cui consegue l’automatica sospension­e della riscossion­e provvisori­a.

Coerenteme­nte con il parallelis­mo tra contenzios­o e procedure internazio­nali, il termine di due anni per poter incardinar­e la fase arbitrale della procedura internazio­nale decorre , ex articolo 3, comma 5, in caso di contenzios­o pendente, dal momento della sospension­e del giudizio.

L’esito della procedura viene attuato se il soggetto accetta entro 60 giorni dalla comunicazi­one e rinuncia ad altri mezzi di impugnazio­ne. È richiesto di rinunciare non all’intero contenzios­o, ma solo alla parte interessat­a dalle decisioni adottate nell’ambito della Map.

L’istanza di apertura della procedura amichevole non richiede la preventiva instaurazi­one del contenzios­o e allo stesso tempo non lo preclude

«GIUDICATO

Solo una sentenza passata in giudicato interrompe la procedura amichevole

La sospension­e del giudizio può derivare dalla sola istanza del contribuen­te

L’istanza di attivazion­e della procedura consente la sospension­e del giudizio

La sospension­e del giudizio comporta la sospension­e della riscossion­e

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