Il Sole 24 Ore

Chesapeake Energy, default con 9,6 miliardi di debiti

La società cede sotto il peso di 10 miliardi di debiti, quasi 100 volte la sua capitalizz­azione a Wall Street Era stata tra le prime ad estrarre gas da scisto oltre 20 anni fa

- Sissi Bellomo

Una bancarotta annunciata quella di Chesapeake Energy. La società simbolo della rivoluzion­e shale Usa era candidata al Chapter 11 da mesi. Domenica Chesapeake ha portato i libri in Tribunale, schiacciat­a da 9,6 miliardi di dollari di debiti. Nell’ultimo bilancio trimestral­e un rosso di 8,3 miliardi, in cassa appena 82 milioni.

Chapter 11.

È la cronaca di una bancarotta annunciata quella di Chesapeake Energy. La società simbolo della rivoluzion­e shale negli Usa era candidata al Chapter 11 da mesi, se non addirittur­a da anni. Domenica l’annuncio della resa: Chesapeake ha portato i libri in tribunale, unico salvagente rimasto per non farsi tirare a fondo alla zavorra di 9,6 miliardi di dollari di debiti, un peso divenuto insopporta­bile, pari a quasi cento volte il suo valore di borsa. La capitalizz­azione si era ridotta la settimana scorsa ad appena 116 milioni, dai 38 miliardi che aveva raggiunto all’apice nel 2008, quando era il secondo produttore di gas a stelle e strisce dopo ExxonMobil. L’ultimo bilancio trimestral­e si è chiuso con un rosso di 8,3 miliardi e 82 milioni in cassa.

Non è la morte della società, assicurano dal quartier generale in Oklahoma: «In pratica – spiega il ceo Doug Lawler – stiamo resettando la struttura del capitale e il business di Chesapeake, per correggere la debolezza finanziari­a che abbiamo ereditato e capitalizz­are sulla nostra notevole forza operativa». Le attività prosguiran­no – sia pure a passo ridotto – anche durante le procedure del Chapter 11, nonostante l’allarme su un possibile stop, lanciato lo scorso novembre e poi di nuovo a maggio. È infatti stato raggiunto un accordo con la maggior parte dei creditori (i principali secondo rumors sono Franklin Templeton e Fidelity), che ha riaperto linee di credito e consentirà la “cancellazi­one” di 7 miliardi di dollari di debiti. Alcuni creditori si sono anche impegnati a sottoscriv­ere in futuro nuove azioni della società per circa 600 milioni di dollari.

La bancarotta segna comunque una svolta importante, non solo per Chesapeake ma forse addirittur­a per il mercato globale dell’Oil&Gas: lo shale, che ha fatto emergere gli Usa come potenza energetica, ha probabilme­nte finito per sempre di crescere a ritmi sfrenati. Chesapeake era stata tra i primi in assoluto a sfruttare con successo – oltre vent’anni fa – le tecniche della trivellazi­one orizzontal­e e del fracking, impiegando­le dapprima per l’estrazione di gas. Ma il suo modello di business , replicato da centinaia di altre compagnie negli Usa, era fondato sul denaro facile. Ora invece il mercato dei capitali ha voltato le spalle al settore. Quando il coronaviru­s ha precipitat­o una crisi che già covava sotto la cenere, per Chesapeake è stata ancora più dura che per altri, perché in passato si era comportata troppo a lungo come la proverbial­e cicala, indebitand­osi e spendendo a piene mani anche fuori del suo settore. Audrey McClendon, figura carismatic­a che aveva fondato la società nel 1989, aveva costruito un impero immobiliar­e in Oklahoma e si era comprato persino una squadra di basket dell’Nba, oltre ad accumulare diritti di estrazione su un’area grande quanto il West Virginia.

Finì male McClendon, perdendo la vita a soli 56 anni nel 2016 in un incidente stradale, il giorno dopo che un tribunale federale lo aveva accusato di malversazi­oni nelle gare per licenze. La sua parabola era già in declino da tempo. Durante la crisi del 2008 aveva dovuto svendere migliaia di azioni proprie per soddisfare i creditori e nel 2013 lasciò ogni incarico su pressione di alcuni soci”forti”, tra cui Carl Icahn: all’epoca Chesapeake aveva il doppio dei debiti di Exxon, ma era 27 volte più piccola. L’attuale ceo Lawler ha ceduto asset e razionaliz­zato i costi, ma ha fatto anche l’errore di virare troppo tardi verso lo shale oil, con un’acquisizio­ne da 4 miliardi nel 2018, che ha pesato sui conti.

Stoccaggi.

Depositi di greggio nell’hub americano di Cushing, in Oklahoma

38 MILIARDI DI DOLLARI ILa massima capitalizz­azione raggiunta da i Chesapeake nel 2008. Venerdì il valore della società a Wall Street si era ridotto ad appena 116 milioni

 ??  ?? Bilancio in rosso. Chesapeake , società simbolo della rivoluzion­e shale negli Usa, ha portato i libri contabili in tribunale
Bilancio in rosso. Chesapeake , società simbolo della rivoluzion­e shale negli Usa, ha portato i libri contabili in tribunale
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