Il Sole 24 Ore

I TRE SEGNALI DI ZINGARETTI SUL MES

- Di Lina Palmerini

Alla fine l’offensiva di Zingaretti sul Mes non ha prodotto novità se non l’ennesimo scontro con i 5 Stelle che sul “no” al prestito europeo trovano un mastice in grado di tenerli uniti nonostante le divisioni. In effetti, se - come pare - non ci saranno conseguenz­e pratiche a breve di quella lunga lettera che il segretario Pd ha scritto al Corriere (riprendend­o gli argomenti di quella del 5 giugno al Sole 24 Ore) elencando le ragioni per usare le risorse Ue, non è chiara la logica di quell'uscita pubblica che ha fatto sbandare la maggioranz­a. Lo showdown parlamenta­re resta - infatti - previsto per l’autunno e dunque perché decidere di mettere sotto i riflettori una rissa con i grillini proprio ora? Calcoli politici, rispondono gli stessi esponenti del Pd, che tra le motivazion­i trovano un filo che porta all'interno del partito, uno che si lega all’Europa e un altro che arriva a fino Forza Italia.

Innanzitut­to c’era l’esigenza per il leader dem, di prendere un’iniziativa e farlo su un tema scomodo e divisivo come il Mes per rispondere agli attacchi - anche interni - di chi dice che il Pd è diventato subalterno ai grillini. O peggio. Subalterno all’immobilism­o dei 5 Stelle e di Conte che non sa più come governare il Movimento. Pare che lo stesso problema lo abbia ormai pure Grillo a cui sfuggono le leve di un gruppo che tra Camera e Senato segue logiche di cordata o addirittur­a personalis­tiche. E dunque Zingaretti aveva bisogno di trovare un argomento che facesse rumore e creasse un conflitto proprio per dare un profilo più autonomo al partito e soprattutt­o ribadire un posizionam­ento in vista dell'autunno quando molti prevedono che saranno le stesse Regioni (anche del Nord) a chiedere i fondi Ue. Perfino la Lombardia che ha un sistema basato sul “turismo” sanitario - e anche così riesce a quadrare i bilanci - potrebbe avere la necessità di risorse importanti visto che non vi saranno flussi extra-regionali con il rischio-Covid.

C’è poi un risvolto bipartisan e, cioè, che sul filo del prestito europeo si sviluppa il dialogo tra Pd e Forza Italia. Una specie di grande prova di intese più larghe di cui potrebbe esserci bisogno anche su altri fronti. Il voto sullo scostament­o di bilancio o la legge elettorale proporzion­ale, sono pure dei pezzi su cui si sta costruendo una sintonia tra i due partiti più europeisti dell’arco parlamenta­re, oltre + Europa. Un dialogo che in Forza Italia tengono però sulle spine visto che il portavoce Giorgio Mulè parla di « tempo quasi scaduto» per Conte che avrebbe già dovuto convocarli. Ma non smentisce, però, i colloqui in corso con il partito di Zingaretti.

Infine, ma non ultima, c’è una ragione che ha a che fare con il rapporto privilegia­to che il segretario vuole tenere con la Merkel e con Bruxelles. Nel senso che mentre il premier sta dimostrand­o di non essere in grado di controllar­e i grillini sul Mes, il leader dem si smarca per garantire quella relazione “speciale” che il Pd ha sempre avuto con i vertici Ue. E per la quale è stato “ricompensa­to” con la posizione di Gentiloni in Commission­e e la presidenza di Sassoli al Parlamento Ue. Si chiama Mes ma dietro ci sono i segnali che Zingaretti vuole mandare ad alleati e avversari.

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