La Cina allenta i vincoli agli investimenti esteri, ma non per tutti i settori
Pechino procede nelle riforme. Dal prossimo 23 luglio sarà in vigore la nuova lista degli investimenti vietati in Cina, con una consistente sforbiciata attesa da tempo, messa a punto da Commissione delle riforme e ministero del Commercio. In parallelo, sarà in vigore anche la nuova lista degli investimenti vietati nelle FTZs, le zone di libero scambio sulle quali la Cina continua a puntare moltissimo, come dimostra l’enfasi posta sull’ultima nata, Hainan.
La lista supera il vecchio meccanismo del catalogo degli investimenti autorizzati. Riporta ancora la possibilità di vietare, se del caso, qualsiasi investimento che possa nuocere alla Cina. D’ora in poi gli investimenti vietati saranno 33, che scendono a 30 nelle zone di libero scambio. Un numero che potrebbe restringersi ulteriormente con il nuovo meccanismo che permette allo State Council di “scavalcare selettivamente” la lista permettendo l’attività “salvo approvazione successiva”. Arma a doppio taglio, evidentemente, perché lascia ampi margini al potere decisionale delle autorità locali. Tra le modifiche più significative della nuova lista si segnalano ancora il disco rosso ai servizi legali, le attività publishing e media, mentre si allenta la morsa sui settori manifatturiero e agricolo.
Saltano i limiti allo sviluppo del combustibile nucleare e all’elaborazione delle radiazioni nucleari, all’esplorazione di petrolio e gas e alle strutture della rete di condotte, alle quote di acquisto da parte di stranieri nelle società di prodotti finanziari, alle imprese di mutui immobiliari, alle società attive nel campo dei futures e delle assicurazioni sulla vita. Deludente, invece, il mantenimento dello status quo nel settore automobilistico dei veicoli commerciali. « Come Camera di commercio dell’Unione europea in Cina prendiamo atto dell’eliminazione delle restrizioni nel settore finanziario già programmate dal mese di novembre del 2017 - dice Carlo D’Andrea presidente della Camera a Shanghai-. Tuttavia, l’apertura tardiva del settore già dominato da enormi banche statali, lascia alle banche europee opportunità di nicchia. Inoltre, le aree di maggiore interesse, in particolare i servizi transfrontalieri, richiedono licenze rimaste alla portata di pochi. Di conseguenza Shanghai è ancora lontana dal diventare l’hub finanziario internazionale a cui ambisce. Riforme ben accolte, che non compensano le difficoltà operative causate da altre norme tra cui quelle relative ai coefficienti di liquidità e ai finanziamenti intergruppo o dalla mancata convertibilità dello yuan e dai controlli sui capitali, che precludono la creazione di un mercato finanziario aperto e inclusivo. Senza una riforma sistematica più profonda, le banche internazionali dovranno ancora operare in condizioni di disparità » .
Segnali di apertura per manifatturiero e agricoltura, disco rosso per servizi legali e media