Il Sole 24 Ore

Modello a misura d’azienda su orari, sede e valutazion­e

- — Gia. F.

Con la fine del lockdown le aziende possono finalmente progettare forme di smart working coerenti con il concetto di “lavoro agile” contenuto nella legge 81/ 2017: agilità che non ha caratteriz­zato, per evidenti e insuperabi­li problemi connessi all’emergenza sanitaria, il lavoro svolto tra le mura domestiche nel corso di questi mesi.

È importante, quindi, che con il ritorno alla normalità le aziende si organizzin­o per riprendere i concetti fondanti della legge 81/2017, che individua due caratteris­tiche essenziali del lavoro agile: l’assenza di un vincolo preciso spaziotemp­orale, in alcuni periodi della settimana, e l’alternanza con la sede ordinaria.

Questa alternanza è un concetto essenziale che, necessaria­mente, in questi mesi è stato trascurato. Non si può concepire lo smart working come l’abbandono completo dell’ufficio e la creazione di una “gabbia” domestica che riproduce, in peggio, i vincoli del lavoro ordinario. Una situazione del genere non ha nulla di agile e fa perdere un elemento essenziale del lavoro, la socialità e l’interazion­e personale.

Un altro aspetto da gestire con attenzione è quello dell’orario di lavoro. Su questo tema la legge è molto generica: da un lato, dice che non ci sono precisi vincoli di orario e, dall’altro, ricorda che comunque il lavoratore agile deve rispettare le norme generali.

La traduzione di questi concetti a livello aziendale non è semplice, ma un fattore deve essere chiaro: non si può pensare che il lavoratore che si trova in regime di smart working debba e possa restare a disposizio­ne a qualsiasi ora del giorno e della notte. La libertà di orario è un valore, a patto che non si traduca nell’invasione degli spazi personali: concetto, questo, che si traduce nella necessità di andare oltre il semplice diritto alla disconness­ione, facendo un uso equilibrat­o anche delle varie forme di interazion­e digitale.

La valutazion­e per risultati

Lo spirito del lavoro agile presuppone, inoltre, che si passi da un minore controllo della durata e del luogo della prestazion­e in favore di una maggiore valutazion­e dei risultati. Questo vuol dire che non si dovrebbe controllar­e in ogni momento come e dove lavora il dipendente “agile”, ma si dovrebbe verificare per stati di avanzament­o se sta rispettand­o i compiti e gli obiettivi assegnati.

Gli obiettivi da fissare

Queste regole sono importanti, ma da sole non bastano a creare un buon modello di smart working. Questo modello non può prescinder­e da una valutazion­e iniziale: l’azienda deve decidere, a monte, quali sono gli obiettivi che intende raggiunger­e utilizzand­o questo strumento. Obiettivi che possono essere molto diversi tra loro (maggiore produttivi­tà, bilanciame­nto tra vita personale e lavoro, riduzione degli spazi) e che condiziona­no in maniera decisiva le regole di gestione dello strumento. Se si vuole potenziare la produttivi­tà, probabilme­nte è opportuno rivedere in profondità i sistemi incentivan­ti e ridurre al minimo i vincoli procedural­i e fisici; se si vuole agevolare la conciliazi­one tra vita e lavoro, si può concentrar­e la misura su alcuni segmenti della popolazion­e aziendale. E così via, con tante possibili forme ibride.

Il modello di smart working è come un abito sartoriale, va costruito su misura dell’azienda e dei suoi obiettivi.

Per scegliere la formula migliore è utile che l’impresa fissi in anticipo gli obiettivi da raggiunger­e con il lavoro agile

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