Rimborso accise sull’energia: cortocircuito da scongiurare
È necessaria una norma per evitare ricorsi e ripetizioni d’indebito
Nel girotondo degli Stati generali, tra le diverse voci e proposte, è giunta da Confindustria una richiesta molto specifica, in questo senso sorprendente rispetto al generalismo di tutto il resto: lo Stato restituisca alle imprese i soldi ingiustamente pagati a titolo di addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica. Il Governo ha “glissato”, sostenendo si tratti di una questione tecnica che sarà risolta dagli uffici finanziari.
L’incompatibilità con norme Ue
In realtà, la richiesta di intervento, su un tema tanto specifico, non è casuale: come ben sanno gli operatori del settore, il percorso da affrontare per ottenere la restituzione di quanto indebitamente versato non è affatto agevole. Infatti la giurisprudenza di Cassazione, se è chiara sulla spettanza del rimborso, individua una via tortuosa per ottenerlo.
Ma facciamo un passo indietro. Con alcune sentenze del 2019 e del 2020 – si veda per tutte la sentenza 15198 del 2019 - la Corte di cassazione ha definitivamente stabilito l'illegittimità delle addizionali all’accisa sull’energia elettrica previste dall'articolo 6, Dl 511/1988, convertito in legge 20/1989 per contrasto con il diritto comunitario (articolo 1, par. 2, della direttiva 2008/ 118/ Ce).
Tale incompatibilità, per il vero, si era già resa evidente nel 2012, quando il legislatore aveva integralmente abrogato tali imposte ( articolo 4, comma 10, Dl 16/ 2012) proprio per conformarsi alla disciplina comunitaria, senza però disporre specificamente alcun rimborso per coloro che le avevano già versate.
Anzi, lo Stato si è sempre opposto alle richieste di rimborso inoltrate dagli operatori del settore, prova ne è il nutrito contenzioso tributario di cui le recenti sentenze della Suprema corte costituiscono l’epilogo.
L’elaborazione giurisprudenziale, tuttavia, se da un lato ha acclarato definitivamente l’illegittimità del tributo, dall’altro ha complicato il quadro, stabilendo come la legittimazione al rimborso spetti unicamente ai soggetti passivi dell’imposta, vale a dire ai fornitori di energia elettrica, che erano i soggetti deputati al versamento dell’imposta allo Stato, e non invece ai clienti.
Sennonché i fornitori non subivano in proprio l’onere economico del tributo ma lo traslavano ai propri clienti cui cedevano l’energia elettrica, esercitando il diritto di rivalsa loro concesso dalla normativa sulle accise ( articolo 56, Dlgs 504/ 1995).
Non solo: dopo aver esercitato la rivalsa nei confronti del cliente, il fornitore neppure è legittimato a richiedere il rimborso posto che, proprio per l’effetto della rivalsa, egli non ha subito alcuna diminuzione patrimoniale e quindi, ove gli fosse riconosciuto il rimborso, si arricchirebbe indebitamente.
Rimborso « impossibile » per cliente e fornitore
Si è venuta così a creare una situazione paradossale, in base alla quale chi ha materialmente subito l’esborso economico – il cliente – non ha diritto a richiedere il rimborso allo Stato perché non è il soggetto passivo, mentre il titolare del diritto al rimborso – il fornitore – non può a sua volta chiederlo (e non ha neppure interesse a farlo) dal momento che ha traslato ai propri clienti il relativo onere economico.
La ripetizione d’indebito
L’impasse è superabile grazie all’azione di ripetizione dell’indebito che certamente il cliente può promuovere verso il proprio fornitore in sede civile: a quel punto, una volta condannato al risarcimento verso il cliente, il fornitore potrà rivolgersi direttamente allo Stato per ottenere il rimborso di quanto restituito.
Tale ( contorta) soluzione comporta però ingenti costi e i tempi lunghi dei giudizi civili ordinari.
Esistono poi soluzioni giuridiche intermedie che potrebbero essere utilizzate per ridurre al minimo i costi legali e i tempi di attesa ma ciò non toglie che sia preferibile un intervento legislativo ad hoc ( quello che già era mancato nel 2012), in grado di superare più efficacemente gli ostacoli e i paradossi posti dall'attuale percorso individuato dalla giurisprudenza di legittimità. Un percorso che finisce per favorire lo Stato stesso che risulterebbe alla fine il vero soggetto “indebitamente” arricchito dal pagamento di imposte dichiarate illegittime.
Il termine decennale
Tuttavia “il tempo stringe”, non solo per l’attuale quadro economico emergenziale ma anche perché il diritto al rimborso del cliente si prescrive in dieci anni dal pagamento dell’imposta: ciò significa che, ad oggi, nel caso di inattività del cliente, si potranno chiedere a rimborso solo le imposte pagate a partire da luglio 2010 e sino al termine del primo trimestre 2012 ( allorquando, come detto, l’addizionale è stata abrogata).
Occorre dunque evitare il “cortocircuito” del rimborso dell'addizionale sull’energia elettrica e “liberare” importanti risorse economiche a favore del Paese, che per di più non sarebbero “aiuti” ma importi dovuti.