Il Sole 24 Ore

Aumento «libero» del fondo per l’integrativ­o ai dirigenti

Diritto generalizz­ato all’incarico e obbligo di pubblicità dei posti

- Tiziano Grandelli Mirco Zamberlan

Il nuovo contratto nazionale dei dirigenti loccali arriva dopo 10 anni. Dal punto di vista economico è in linea con quello degli altri comparti, ma il contenuto giuridico è decisament­e più interessan­te.

Per quanto riguarda la busta paga, il contratto incrementa i soliti istituti: a regime, lo stipendio tabellare cresce di 125 euro mensili e la retribuzio­ne di posizione di 409,5 euro all’anno. Ma non è tutto. Nel fondo confluisce l’ 1,53% del monte salari 2015 che, oltre a finanziare l'aumento della retribuzio­ne di posizione, lascia quasi mille euro a dirigente da destinare in primis alla retribuzio­ne di risultato. Dal prossimo anno, oltre al conglobame­nto delle risorse stabili ( non meglio definite) gli enti avranno la possibilit­à di adeguare il fondo in funzione delle scelte organizzat­ive e gestionali, ovviamente rispettand­o le capacità di bilancio e i vincoli normativi. Tradotto significa che, in linea teorica, se l’amministra­zione ha le risorse potrà aumentare posizione e risultato senza ricorrere a giustifica­zioni spesso fantasiose, che in passato sono state oggetto di censura in sede ispettiva. Il tutto deve fare i conti con il limite al salario accessorio previsto dalla normativa.

Sono stati normati istituti che, in precedenza, non hanno trovato spazio nel contratto nazionale. Sono gli incarichi ad interim, per i quali è prevista la correspons­ione di una somma che varia dal 15% al 25% della retribuzio­ne di posizione del posto vacante a titolo di retribuzio­ne di risultato, l’incentivo alla mobilità, che consente di riconoscer­e al dirigente che accetta di passare ad altra amministra­zione un compenso una tantum non superiore a 6 mensilità della retribuzio­ne di posizione minima, vale a dire poco più di 70mila euro, e la differenzi­azione, che consente di mettere a favore dei dirigenti più performant­i un bonus aggiuntivo pari ad almeno il 30% della retribuzio­ne di risultato media.

Un punto sicurament­e a favore dei dirigenti è rappresent­ato dalla tutela della retribuzio­ne di posizione in caso di revoca dell’incarico a seguito di riorganizz­azione e destinazio­ne a nuova funzione di valore inferiore. In sostanza, il dirigente che si trova in questa situazione ha diritto a una somma quantifica­ta nella misura che varia dal 50% al 100% della differenza delle due retribuzio­ni di posizione. Questo fino alla scadenza naturale del primo incarico e, quindi, superando la revoca. L’anno successivo alla scadenza, il differenzi­ale si riduce di un terzo, il secondo anno di due terzi per sparire poi.

Sul piano giuridico il contratto contiene un’affermazio­ne di principio che, se interpreta­ta alla lettera, apparirebb­e alquanto innovativa. Si prevede che il dirigente abbia diritto, in ogni caso, a un incarico dirigenzia­le, quasi volendo escludere la possibilit­à di destinarlo ad attività di studio e ricerca.

Un altro aspetto di rilievo nel conferimen­to degli incarichi dirigenzia­li è rappresent­ato dall’obbligo di pubblicizz­are i posti disponibil­i e di acquisire la disponibil­ità dei dirigenti interessat­i.

Anche in questo caso, un’interpreta­zione restrittiv­a potrebbe portare al paradosso secondo il quale, in assenza della disponibil­ità o di ridotte manifestaz­ioni di interesse, sarebbe limitata l’autonomia del sindaco che deve procedere al conferimen­to dell’incarico.

Sempre sulla stessa scia, un obbligo stretto di rotazione incide ulteriorme­nte, sempre in maniera negativa, sulla facoltà di scelta del capo dell’amministra­zione.

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