Aumento «libero» del fondo per l’integrativo ai dirigenti
Diritto generalizzato all’incarico e obbligo di pubblicità dei posti
Il nuovo contratto nazionale dei dirigenti loccali arriva dopo 10 anni. Dal punto di vista economico è in linea con quello degli altri comparti, ma il contenuto giuridico è decisamente più interessante.
Per quanto riguarda la busta paga, il contratto incrementa i soliti istituti: a regime, lo stipendio tabellare cresce di 125 euro mensili e la retribuzione di posizione di 409,5 euro all’anno. Ma non è tutto. Nel fondo confluisce l’ 1,53% del monte salari 2015 che, oltre a finanziare l'aumento della retribuzione di posizione, lascia quasi mille euro a dirigente da destinare in primis alla retribuzione di risultato. Dal prossimo anno, oltre al conglobamento delle risorse stabili ( non meglio definite) gli enti avranno la possibilità di adeguare il fondo in funzione delle scelte organizzative e gestionali, ovviamente rispettando le capacità di bilancio e i vincoli normativi. Tradotto significa che, in linea teorica, se l’amministrazione ha le risorse potrà aumentare posizione e risultato senza ricorrere a giustificazioni spesso fantasiose, che in passato sono state oggetto di censura in sede ispettiva. Il tutto deve fare i conti con il limite al salario accessorio previsto dalla normativa.
Sono stati normati istituti che, in precedenza, non hanno trovato spazio nel contratto nazionale. Sono gli incarichi ad interim, per i quali è prevista la corresponsione di una somma che varia dal 15% al 25% della retribuzione di posizione del posto vacante a titolo di retribuzione di risultato, l’incentivo alla mobilità, che consente di riconoscere al dirigente che accetta di passare ad altra amministrazione un compenso una tantum non superiore a 6 mensilità della retribuzione di posizione minima, vale a dire poco più di 70mila euro, e la differenziazione, che consente di mettere a favore dei dirigenti più performanti un bonus aggiuntivo pari ad almeno il 30% della retribuzione di risultato media.
Un punto sicuramente a favore dei dirigenti è rappresentato dalla tutela della retribuzione di posizione in caso di revoca dell’incarico a seguito di riorganizzazione e destinazione a nuova funzione di valore inferiore. In sostanza, il dirigente che si trova in questa situazione ha diritto a una somma quantificata nella misura che varia dal 50% al 100% della differenza delle due retribuzioni di posizione. Questo fino alla scadenza naturale del primo incarico e, quindi, superando la revoca. L’anno successivo alla scadenza, il differenziale si riduce di un terzo, il secondo anno di due terzi per sparire poi.
Sul piano giuridico il contratto contiene un’affermazione di principio che, se interpretata alla lettera, apparirebbe alquanto innovativa. Si prevede che il dirigente abbia diritto, in ogni caso, a un incarico dirigenziale, quasi volendo escludere la possibilità di destinarlo ad attività di studio e ricerca.
Un altro aspetto di rilievo nel conferimento degli incarichi dirigenziali è rappresentato dall’obbligo di pubblicizzare i posti disponibili e di acquisire la disponibilità dei dirigenti interessati.
Anche in questo caso, un’interpretazione restrittiva potrebbe portare al paradosso secondo il quale, in assenza della disponibilità o di ridotte manifestazioni di interesse, sarebbe limitata l’autonomia del sindaco che deve procedere al conferimento dell’incarico.
Sempre sulla stessa scia, un obbligo stretto di rotazione incide ulteriormente, sempre in maniera negativa, sulla facoltà di scelta del capo dell’amministrazione.