Ricorso senza mediazione se il valore è indeterminabile
Un contribuente ha proposto istanza di definizione (ex articolo 6 del Dl 119/2018) in relazione a una lite pendente che aveva a oggetto un avviso di accertamento emesso nei confronti di una società di cui il contribuente stesso si affermava rappresentante.
Il valore della lite ammonta a 69mila euro. L’agenzia delle Entrate ha comunicato il diniego, che è stato impugnato dal contribuente, motivandolo con la «carenza di legittimazione» attiva da parte della persona fisica. Di fronte all’impugnazione del diniego, le Entrate devono avviare il procedimento ai fini dell’eventuale mediazione, o possono considerarlo come un ricorso diretto? Inoltre, si pone il problema di calcolare il valore della lite. Occorre fare riferimento al valore originario o agli importi che il ricorrente avrebbe pagato in via di definizione? Da tale questione dipende il superamento della soglia per la mediazione.
L.B. - FIRENZE
Il ricorso contro il diniego di definizione segue le ordinarie regole del Dlgs 546/1992. Pertanto, esso va notificato, salva la contestuale impugnazione della sentenza, all’agenzia delle Entrate entro il termine decadenziale dei 60 giorni, e poi depositato in segreteria nei successivi 30 giorni. Entrambi gli adempimenti sono previsti a pena di inammissibilità. Trattandosi di atto avente valore indeterminabile, il processo non è soggetto all’articolo 17–bis del Dlgs 546/1992, con la conseguenza che, una volta notificato il ricorso, non occorre attendere i 90 giorni stabiliti per il reclamo/mediazione prima di depositarlo.
Peraltro, il carattere indeterminabile del valore della lite influisce sul contributo unificato, che, a norma dell’articolo 13 del Dpr 115/2002, è pari a 120 euro.