Il Sole 24 Ore

La bussola tra i rinvii in Europa e in Italia

Dopo il decreto “cura Italia” la Ue ha fatto un regolament­o che consente proroghe fino a 7 mesi

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L’intervento europeo

Era proprio necessario che sulla materia intervenis­se anche la Ue? Sì: chi circola in un Paese diverso dal proprio con documenti scaduti rischiereb­be sanzioni, perché nella maggior parte dei casi le proroghe consentite dalle norme nazionali non sono riconosciu­te all’estero.

In questa partita europea, però, l’Italia si è distinta in negativo. Il regolament­o Ue non è vincolante: fissa solo date-limite di proroga, oltre le quali non si può andare. E sono date di tutto comodo: lasciano sette mesi di tempo per mettersi in regola. L’Italia è stato l’unico Paese Ue, assieme a Belgio e Portogallo, a decidere di sfruttare tutto questo tempo. Gli altri Stati, anche quelli colpiti dalla pandemia in modo duro come accaduto a noi, hanno rinviato per periodi più brevi.

È un’ulteriore dimostrazi­one di quanto sia inefficien­te la pubblica amministra­zione italiana. Certo, molti uffici pubblici hanno riaperto dopo la chiusura totale decisa nella maggior parte dei casi durante il lockdown. Ma hanno riaperto a ranghi ridotti e con accesso contingent­ato, per mantenere il necessario distanziam­ento tra le persone.

La scarsa digitalizz­azione

Questo significa due cose. La prima è che i dipendenti non si recano fisicament­e al lavoro tutti i giorni, ma fanno a turno. Il che non sarebbe un problema, di per sé: gli altri sono a casa in smart working. Ma la Pa non è organizzat­a né attrezzata per questo, quindi la produttivi­tà è molto bassa, come notano gli esperti (tra cui Sabino Cassese sul Sole 24 Ore del 5 luglio). Con l’aggravante che non di rado si riesce a mantenere un minimo livello di servizio anche da casa solo grazie all’abnegazion­e dei singoli più volenteros­i (che poi difficilme­nte verranno premiati).

La seconda questione è che gli utenti, per accedere agli uffici pubblici, devono fare lunghe code o prendere appuntamen­ti per i quali ci sono liste d’attesa scoraggian­ti. Ciò ha portato anche a risse, come quella del 25 giugno alla Motorizzaz­ione di Torino. Certo, ora alcune pratiche possono essere svolte anche via email ( e non necessaria­mente Pec, in più di un caso), ma siamo ancora lontani dalla completa digitalizz­azione di cui si parla da un paio di decenni. Così molti devono ancora presentars­i negli uffici o rivolgersi ad agenzie private, a loro volta comunque in difficoltà . Anche perché non si è rinunciato a far partire il Duc, documento unico di circolazio­ne, che assorbe nella carta di circolazio­ne il certificat­o di proprietà ma risente della storica dicotomia Motorizzaz­ione-Pra).

Le proroghe lunghe servono proprio a coprire queste inefficien­ze. Ma non è il caso di contarci fino in fondo: se tutti dovessero cercare di mettersi in regola all’ultimo momento, si creerebbe altro caos.

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