IL TRAMPOLINO DI CONTE DALL’EUROPA ALLE REGIONALI
Era sbagliato non stare dalla parte del premier nella trattativa europea, come pure ha fatto Salvini, perché le risorse in discussione (con le relative condizioni e governance) saranno la base di un rilancio complessivo del Paese e non il trampolino di uno schieramento politico. Il punto infatti è che il negoziato con i leader Ue è solo una tappa di una storia ancora da scrivere che - adesso - è sulle spalle di Conte e del Governo. Dal trampolino quindi può partire un buon tuffo o no, dipenderà dalle scelte che metterà in campo l'Esecutivo da qui in avanti e dai risultati che si potranno misurare in modo chiaro con i futuri dati sull'occupazione, sul Pil, sulle diseguaglianze, sull'export.
Se insomma al momento Conte può rivendicare sia di aver incassato un accordo sia di essere stato parte di un processo nuovo in Europa - in cui per la prima volta ci sarà una forma di condivisione del debito e saranno previsti finanziamenti a fondo perduto – tra poche settimane comincia un altro film dove il protagonista sarà il Piano che dovremo concordare con l'Europa. La trattativa, dunque, non finisce ma continua e pure il braccio di ferro con i Paesi “frugali” è destinato a restare nelle diverse fasi di attuazione. E tanto più sarà sotto gli occhi di tutti perché si entrerà nel vivo di una stagione elettorale in cui inevitabilmente il tema nazionale sarà tradotto nella battaglia per i rinnovi regionali. Si è visto già dagli attacchi di Salvini nelle ore del negoziato Ue quando descriveva un Conte con “il cappello in mano” e certamente i comizi avranno al centro proprio la questione della crisi economica.
Ma proprio perché una questione tanto cruciale per la ripresa italiana, come è il Piano di rilancio, cade in una fase elettorale c’è il rischio che la maggioranza decida di non muoversi dalla linea dei sussidi dati senza criterio con la sola logica di creare consensi. È vero che l’Europa farà da “guardiana” ma comunque si potrà innescare una gara nelle piazze, tra maggioranza e opposizione, “a chi offre di più” visto che ormai è diventato difficile tradurre l'efficienza della spesa e la disciplina di bilancio in un linguaggio politico apprezzabile. Su questo piano Conte, visto il gradimento e la popolarità che riscuote, potrebbe dare un contributo a cambiare il registro propagandistico dei partiti e rimettere nel dibattito pubblico questioni rimosse come, appunto, l'efficienza della spesa più che fare deficit a ogni costo senza cura per i risultati. Il premier, insomma, potrebbe davvero staccare la sua maggioranza da quel balcone di Palazzo Chigi dove, Di Maio e altri ministri, festeggiarono il 2,4% di deficit cioè la violazione di un parametro numerico, non un obiettivo di crescita. E forse in questa battaglia per rimettere in piedi l'economia senza scassare i conti dello Stato potrebbe trovare il Pd che, in questa fase, si è perso, succube dei 5 Stelle nonostante una tradizione di centrosinistra attenta a tenere in ordine la finanza pubblica per non ipotecare il futuro dei giovani. Non a caso il piano europeo si richiama alle prossime generazioni, affinché i debiti di oggi si possano ripagare con la crescita di domani. Su questo sentiero il Governo non si è ancora incamminato.