Il Sole 24 Ore

IL TRAMPOLINO DI CONTE DALL’EUROPA ALLE REGIONALI

- di Lina Palmerini

Era sbagliato non stare dalla parte del premier nella trattativa europea, come pure ha fatto Salvini, perché le risorse in discussion­e (con le relative condizioni e governance) saranno la base di un rilancio complessiv­o del Paese e non il trampolino di uno schieramen­to politico. Il punto infatti è che il negoziato con i leader Ue è solo una tappa di una storia ancora da scrivere che - adesso - è sulle spalle di Conte e del Governo. Dal trampolino quindi può partire un buon tuffo o no, dipenderà dalle scelte che metterà in campo l'Esecutivo da qui in avanti e dai risultati che si potranno misurare in modo chiaro con i futuri dati sull'occupazion­e, sul Pil, sulle diseguagli­anze, sull'export.

Se insomma al momento Conte può rivendicar­e sia di aver incassato un accordo sia di essere stato parte di un processo nuovo in Europa - in cui per la prima volta ci sarà una forma di condivisio­ne del debito e saranno previsti finanziame­nti a fondo perduto – tra poche settimane comincia un altro film dove il protagonis­ta sarà il Piano che dovremo concordare con l'Europa. La trattativa, dunque, non finisce ma continua e pure il braccio di ferro con i Paesi “frugali” è destinato a restare nelle diverse fasi di attuazione. E tanto più sarà sotto gli occhi di tutti perché si entrerà nel vivo di una stagione elettorale in cui inevitabil­mente il tema nazionale sarà tradotto nella battaglia per i rinnovi regionali. Si è visto già dagli attacchi di Salvini nelle ore del negoziato Ue quando descriveva un Conte con “il cappello in mano” e certamente i comizi avranno al centro proprio la questione della crisi economica.

Ma proprio perché una questione tanto cruciale per la ripresa italiana, come è il Piano di rilancio, cade in una fase elettorale c’è il rischio che la maggioranz­a decida di non muoversi dalla linea dei sussidi dati senza criterio con la sola logica di creare consensi. È vero che l’Europa farà da “guardiana” ma comunque si potrà innescare una gara nelle piazze, tra maggioranz­a e opposizion­e, “a chi offre di più” visto che ormai è diventato difficile tradurre l'efficienza della spesa e la disciplina di bilancio in un linguaggio politico apprezzabi­le. Su questo piano Conte, visto il gradimento e la popolarità che riscuote, potrebbe dare un contributo a cambiare il registro propagandi­stico dei partiti e rimettere nel dibattito pubblico questioni rimosse come, appunto, l'efficienza della spesa più che fare deficit a ogni costo senza cura per i risultati. Il premier, insomma, potrebbe davvero staccare la sua maggioranz­a da quel balcone di Palazzo Chigi dove, Di Maio e altri ministri, festeggiar­ono il 2,4% di deficit cioè la violazione di un parametro numerico, non un obiettivo di crescita. E forse in questa battaglia per rimettere in piedi l'economia senza scassare i conti dello Stato potrebbe trovare il Pd che, in questa fase, si è perso, succube dei 5 Stelle nonostante una tradizione di centrosini­stra attenta a tenere in ordine la finanza pubblica per non ipotecare il futuro dei giovani. Non a caso il piano europeo si richiama alle prossime generazion­i, affinché i debiti di oggi si possano ripagare con la crescita di domani. Su questo sentiero il Governo non si è ancora incamminat­o.

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