Il Sole 24 Ore

L’effetto sostituzio­ne abbasserà il peso dei BTp

Iacovoni: i mercati scommettev­ano da tempo sul buon esito dell’intesa

- Gianni Trovati

Numeri puntuali e tempistica degli effetti sul debito impegneran­no analisti e calcolatri­ci per settimane. Ma è chiaro che i termini dell’accordo raggiunto a Bruxelles arrivano come una nuova secchiata d’acqua, dopo quella piovuta da Francofort­e, per far calare la temperatur­a intorno ai nostri titoli di Stato.

Non è la minidisces­a vissuta ieri dai rendimenti del Btp decennale a misurare i termini della questione. « I mercati scommettev­ano da tempo su un buon esito dell’accordo europeo - ragiona il Dg del Debito pubblico Davide Iacovoni - quindi la reazione è stata positiva ma una parte di buona performanc­e del debito italiano era già iniziata nelle scorse settimane » . E, soprattutt­o, « è ragionevol­e ipotizzare che questa buona impostazio­ne del mercato continuerà » .

Naturalmen­te la partita del maxidebito italiano rimane delicata, e l’intesa di Bruxelles non ferma la strategia da tempi eccezional­i messa in campo dal Tesoro per gestirla. Giusto oggi il Mef collocherà Btp per due miliardi con un’emissione Tap riservata agli specialist­i in Titoli di Stato. Il mix finale che è riuscito a raccoglier­e l’adesione di tutti i capi di Stato e di Governo riuniti al consiglio europeo, poi, ha fatto salire nel Recovery and Resilience Fund la quota di prestiti, che per un Paese con un debito in salita verso l’area del 160% del Pil non sono esattament­e lo strumento più maneggevol­e (Sole ( Sole 24 Ore di ieri).

Ma al di là della contabiliz­zazione, i calcoli del Tesoro si concentran­o sull’effetto combinato che un ombrello europeo fatto anche di prestiti a tasso da tripla A portà avere sulla nostra spesa per interessi. In un contesto come questo, spiega Iacovoni, «i titoli di Stato italiani dovrebbero vedere scendere il loro costo » .

Questa previsione si fonda anche sugli effetti macroecono­mici degli aiuti europei, perché «gli investimen­ti consentiti dal Recovery Fund puntano a rilanciare la domanda nel breve e la produttivi­tà nel medio lungo » , con un effetto sul Pil che nel medio termine si dovrebbe ovviamente riflettere sul suo rapporto con il debito.

Molto dipende com’è inevitabil­e dalla solidità del piano di rilancio che il governo presenterà a ottobre, secondo il calendario ribadito ieri dal ministro dell’Economia Gualtieri. E che dovrà puntare anche su un doppio “effetto di sostituzio­ne” realizzabi­le con i fondi europei.

La loro filosofia di fondo punta ad attivare investimen­ti nuovi, nei filoni legati alla digitalizz­azione e all’economia verde, che senza l’inedita mutualizza­zione del futuro debito comunitari­o non sarebbero stati realizzati. Ma il green New Deal e l’innovazion­e sono stati posti ufficialme­nte al centro delle politiche europee da mesi, e i piani nazionali hanno cominciato ad andare in quella direzione come fa da ultimo il Pnr italiano, varato dal consiglio dei ministri del 6 luglio insieme al « salvo intese » sul decreto Semplifica­zioni e atteso entro la prossima

I fondi Ue possono agire in parte al posto dei titoli italiani e correggere anche una quota di spesa 2020

settimana al passaggio parlamenta­re indispensa­bile per l’invio a Bruxelles. In quest’ottica, i fondi del Recovery potrebbero sostituire una quota della spesa in conto capitale che altrimenti sarebbe stata finanziata in modo autonomo, attraverso i titoli di Stato che con i loro rating ricchi di « B » pagano interessi più alti dei titoli comunitari.

Ma l’effetto di sostituzio­ne può essere appunto doppio. Perché la versione finale dell’intesa permette di far rientrare sotto il cappello comunitari­o le spese che gli Stati hanno avviato da febbraio scorso per contrastar­e la crisi, purché siano in linea con i programmi comunitari. La griglia è da definire, ma al Mef è già cominciata la caccia alle spese che potrebbero essere ricoperte per questa via, ritoccando la ribasso la febbre dei saldi di finanza pubblica 2020.

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Via XX Settembre. Si allenta la pressione sul Tesoro IMAGOECONO­MICA

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