Più lontana l’ipotesi crisi-rimpasto ma M5S si ricompatta contro il Mes
Salvini: «Il Recovery Fund superfregatura». Meloni e Berlusconi si smarcano
Giuseppe Conte torna vincitore da Bruxelles e riferisce oggi alle Camere a testa alta, ma la vera partita per il governo comincia ora. E corre lungo due crinali. Il primo è il Mes: Pd e Iv sono subito tornati a incalzare, mentre il successo del premier, che rivendica di aver portato a casa 36 miliardi in più rispetto alla proposta della Commissione (proprio l’ammontare della cifra disponibile per l’Italia se accedesse alla linea di credito del Fondo Salva-Stati), ha prodotto l’effetto di compattare sul no al Mes i parlamentari M5S. Almeno in 50 ora si dicono pronti a votare contro.
Il secondo potenziale fronte di scontro è proprio il piano nazionale di ripresa e resilienza, su cui bisogna accelerare. L’annuncio da parte del premier di un’altra «task force operativa» per redigerlo non è stato gradito né in casa Pd né tra renziani e pentastellati. Anche perché sarebbe l’ennesima delle commissioni che hanno costellato l’era Covid.
Ma tutti i partiti che sostengono l’esecutivo concordano su un fatto: il risultato del Consiglio Ue fa segnare un punto a favore di Conte e allontana almeno fino a dopo l’estate sia la nube della crisi sia l’ipotesi di un rimpasto. È il ministro dem dell’Economia, Roberto Gualtieri, a incaricarsi di certificare la vittoria: l’esecutivo, dice ai microfoni del Tg3, «esce rafforzato» dall’esito del vertice europeo e il premier «ha giocato un ruolo decisivo». Ma è il sigillo del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che lo riceve al Quirinale appena atterrato, quello a cui Conte tiene di più. Dietro l’«apprezzamento e soddisfazione» espressi dal capo dello Stato per il risultato della maratona negoziale che ha assicurato all’Italia 209 miliardi (81,4 miliardi di sussidi e 127,4 di prestiti), i sostenitori del premier leggono la sua “blindatura” dalle bordate di chi nutre la speranza di spodestarlo.
All’elogio il presidente Mattarella ha però unito lo sprone ad approfittare delle «condizioni proficue» che si aprono per «predisporre rapidamente» un «concreto ed efficace programma di interventi». È la capacità di disegnarlo la vera incognita che impedisce anche ai più ottimisti fautori del governo di scommettere su una navigazione tranquilla. Il segretario dem Nicola Zingaretti esorta ad avere «visione, concretezza e velocità. Investimenti su green economy, digitale, infrastrutture, conoscenza, inclusione per rilanciare le imprese ed essere vicini alle famiglie». «Adesso per noi inizia una fase molto importante», commenta dal M5S il ministro degli Esteri Luigi Di Maio: «Bisognerà pianificare in maniera dettagliata le riforme da realizzare. Non c’è tempo da perdere, agiamo con concretezza». Per il leader di Iv Matteo Renzi «perdono i sovranisti: l’accordo dimostra che un governo europeista fa bene all’Italia». «Adesso - aggiunge - spendiamo bene questi soldi: lavoro, non sussidi. Crescita, non assistenzialismo. Infrastrutture, non ideologia».
È un invito a cambiare passo, che a parole accomuna tutti. Anche se la tregua resta fragile, come dimostrano le tensioni sulla legge elettorale (con Zingaretti che prova a forzare ma viene frenato da una parte degli stessi dem) e le difficoltà sulle alleanze M5S-Pd per le regionali, specie in Puglia. Certo nel centrodestra non va meglio, ed è un altro vantaggio per Conte. Che infatti non ha perso l’occasione di ringraziare gli esponenti dell’opposizione che «hanno capito la posta in gioco» e ha rilanciato il confronto sul piano di rilancio. Chiara l’allusione a Silvio Berlusconi (Fi) e a Giorgia Meloni (Fdi), che si sono smarcati da Matteo Salvini. Il numero uno della Lega, ieri, è stato l’unico a non gioire: «Se il Mes è una fregatura e il Recovery Fund è un super Mes, allora è una super fregatura».