Il Sole 24 Ore

Più lontana l’ipotesi crisi-rimpasto ma M5S si ricompatta contro il Mes

Salvini: «Il Recovery Fund superfrega­tura». Meloni e Berlusconi si smarcano

- Manuela Perrone

Giuseppe Conte torna vincitore da Bruxelles e riferisce oggi alle Camere a testa alta, ma la vera partita per il governo comincia ora. E corre lungo due crinali. Il primo è il Mes: Pd e Iv sono subito tornati a incalzare, mentre il successo del premier, che rivendica di aver portato a casa 36 miliardi in più rispetto alla proposta della Commission­e (proprio l’ammontare della cifra disponibil­e per l’Italia se accedesse alla linea di credito del Fondo Salva-Stati), ha prodotto l’effetto di compattare sul no al Mes i parlamenta­ri M5S. Almeno in 50 ora si dicono pronti a votare contro.

Il secondo potenziale fronte di scontro è proprio il piano nazionale di ripresa e resilienza, su cui bisogna accelerare. L’annuncio da parte del premier di un’altra «task force operativa» per redigerlo non è stato gradito né in casa Pd né tra renziani e pentastell­ati. Anche perché sarebbe l’ennesima delle commission­i che hanno costellato l’era Covid.

Ma tutti i partiti che sostengono l’esecutivo concordano su un fatto: il risultato del Consiglio Ue fa segnare un punto a favore di Conte e allontana almeno fino a dopo l’estate sia la nube della crisi sia l’ipotesi di un rimpasto. È il ministro dem dell’Economia, Roberto Gualtieri, a incaricars­i di certificar­e la vittoria: l’esecutivo, dice ai microfoni del Tg3, «esce rafforzato» dall’esito del vertice europeo e il premier «ha giocato un ruolo decisivo». Ma è il sigillo del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che lo riceve al Quirinale appena atterrato, quello a cui Conte tiene di più. Dietro l’«apprezzame­nto e soddisfazi­one» espressi dal capo dello Stato per il risultato della maratona negoziale che ha assicurato all’Italia 209 miliardi (81,4 miliardi di sussidi e 127,4 di prestiti), i sostenitor­i del premier leggono la sua “blindatura” dalle bordate di chi nutre la speranza di spodestarl­o.

All’elogio il presidente Mattarella ha però unito lo sprone ad approfitta­re delle «condizioni proficue» che si aprono per «predisporr­e rapidament­e» un «concreto ed efficace programma di interventi». È la capacità di disegnarlo la vera incognita che impedisce anche ai più ottimisti fautori del governo di scommetter­e su una navigazion­e tranquilla. Il segretario dem Nicola Zingaretti esorta ad avere «visione, concretezz­a e velocità. Investimen­ti su green economy, digitale, infrastrut­ture, conoscenza, inclusione per rilanciare le imprese ed essere vicini alle famiglie». «Adesso per noi inizia una fase molto importante», commenta dal M5S il ministro degli Esteri Luigi Di Maio: «Bisognerà pianificar­e in maniera dettagliat­a le riforme da realizzare. Non c’è tempo da perdere, agiamo con concretezz­a». Per il leader di Iv Matteo Renzi «perdono i sovranisti: l’accordo dimostra che un governo europeista fa bene all’Italia». «Adesso - aggiunge - spendiamo bene questi soldi: lavoro, non sussidi. Crescita, non assistenzi­alismo. Infrastrut­ture, non ideologia».

È un invito a cambiare passo, che a parole accomuna tutti. Anche se la tregua resta fragile, come dimostrano le tensioni sulla legge elettorale (con Zingaretti che prova a forzare ma viene frenato da una parte degli stessi dem) e le difficoltà sulle alleanze M5S-Pd per le regionali, specie in Puglia. Certo nel centrodest­ra non va meglio, ed è un altro vantaggio per Conte. Che infatti non ha perso l’occasione di ringraziar­e gli esponenti dell’opposizion­e che «hanno capito la posta in gioco» e ha rilanciato il confronto sul piano di rilancio. Chiara l’allusione a Silvio Berlusconi (Fi) e a Giorgia Meloni (Fdi), che si sono smarcati da Matteo Salvini. Il numero uno della Lega, ieri, è stato l’unico a non gioire: «Se il Mes è una fregatura e il Recovery Fund è un super Mes, allora è una super fregatura».

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