Debito comune e trasferimenti, la Ue fa un passo nella storia
Dopo una maratona negoziale di quattro giorni e quattro notti, all’alba di martedì i 27 hanno approvato un pacchetto di risorse da 750 miliardi, di cui 390 in sussidi
Il Fondo per la ripresa.
Dal nostro corrispondente
Dopo quattro giorni e quattro notti di intensi negoziati, i Ventisette hanno trovato ieri un significativo accordo sul prossimo bilancio comunitario 2021-2027 a cui è associato un controverso ma originale Fondo per la Ripresa del valore di 750 miliardi di euro (di cui poco più di 200 potrebbero essere convogliati in Italia). Lo sguardo ora corre alla ratifica nei Paesi membri, al negoziato comunitario sui testi attuativi, e infine al voto di approvazione del Parlamento europeo.
L’intesa è « realmente storica » , ha detto il presidente del Consiglio europeo Charles Michel all’alba di ieri, in videoconferenza stampa. Poche volte nella storia comunitaria i vertici sono durati così a lungo. Non è un caso se il confronto è con quello di Nizza del 2000. Allora in ballo vi erano modifiche istituzionali in vista dell’allargamento. Questa volta sul tavolo c’era la nascita di un debito comune e di nuovi strumenti di politica economica sulla scia della recessione provocata dalla pandemia.
Nuovo debito in comune
In pillole, il bilancio per i prossimi sette anni avrà un valore di 1.074 miliardi di euro. Il Fondo per la Ripresa, che raccoglierà sui mercati 750 miliardi, distribuirà sussidi per 390 e prestiti per 360 miliardi. L’intesa è memorabile perché per la prima volta i Ventisette danno mandato alla Commissione europea di indebitarsi a loro nome per una somma ingente. Il nuovo debito in comune dovrebbe indurre alla creazione di nuove tasse europee in vista del suo rimborso.
Commentava ieri Lucas Guttenberg, direttore dell’Istituto Jacques Delors a Berlino: «Il Fondo per la Ripresa è un passo storico, ma il bilancio comunitario è mediocre. Il tentativo di modernizzare l’economia europea è fallito. Noto un calo degli investimenti in innovazione rispetto alle proposte di febbraio 2020 e maggio 2018 » . Per ridurre l’ammontare di sussidi, i Ventisette hanno tagliato le sovvenzioni destinate a finanziare alcuni programmi comunitari.
La maratona negoziale è stata incredibilmente lunga perché i nodi arrivati sul tavolo dei leader erano numerosi. Poco alla volta sono riusciti a trovare un’intesa nella quale tutti hanno dovuto accettare un sacrificio. Ciò detto, una prima analisi mostra il ruolo influente, se non determinante, dei piccoli Paesi che, in circostanze nelle quali l’accordo deve essere preso all’unanimità, possono tenere sotto scacco il resto della compagine.
La cooperazione franco-tedesca
Non per altro Francia e Germania hanno negoziato insieme. « Abbiamo adottato un massiccio piano a favore della ripresa: un prestito in comune per rispondere alla crisi in modo unito e investire nel nostro futuro. La Francia ha difeso incessantemente questa ambizione», ha spiegato il presidente francese Emmanuel Macron. La cancelliera Angela Merkel si è detta «sollevata nel vedere che l’Europa può ancora agire unita » . Ha poi aggiunto: « Eventi eccezionali meritano metodi eccezionali » .
Tornando all’intesa, sulla proporzione tra prestiti e sussidi distribuiti dal Fondo, Parigi e Berlino hanno dovuto accettare di ridurre le loro aspettative. I sussidi non ammonteranno a 500 miliardi, ma a 390 (di cui 312,5 diretti, il resto attraverso i programmi comunitari). I prestiti invece aumentano da 250 a 360. Il nuovo equilibrio è il risultato delle pressioni di cinque Paesi – Austria, Olanda, Danimarca, Svezia, Finlandia – che volevano limitare il denaro a fondo perduto.
Le ricadute per l’Italia
Per ottenere il loro accordo vi è stato anche un forte aumento dello sconto di cui godono Austria, Olanda, Danimarca e Svezia. Sull’iter di approvazione dell’esborso del denaro del Fondo, l’Olanda ha dato battaglia perché ci fosse un voto unanime dei Paesi membri. L’Aja ha dovuto accettare un compromesso: il Consiglio europeo è coinvolto nell’iter, ma solo quando vi sono «deviazioni serie» rispetto agli impegni presi da parte del Paese in difetto.
Fonti italiane stimano che il governo Conte ha ottenuto poco più di 80 miliardi di sussidi e poco meno di 130 miliardi di prestiti. Rispetto alla proposta di Bruxelles, il livello di sussidi rimarrebbe quasi invariato perché è stata introdotta una modifica alla chiave di ripartizione che in qualche modo avvantaggia l’Italia, nonostante un calo delle sovvenzioni totali. Il Paese tuttavia dovrà accettare forme più intrusive nella gestione del denaro.
Il Fondo per la Ripresa distribuirà risorse tra il 2021 e il 2023, e rimarrà in vita fino al 2026. Il rimborso del denaro preso a prestito deve iniziare entro il 2027. Da qui ad allora, i Ventisette dovranno mettersi d’accordo per garantire al bilancio comunitario nuove risorse proprie. « Per la prima volta nella storia europea, il bilancio è collegato agli obiettivi climatici», ha notato il presidente Michel. Il 30% dell’intero bilancio (pari a 1.826 miliardi) dovrà essere riservato al clima.
Proprio su questo fronte, molti hanno notato tagli nei settori più moderni, a cui gli elettorati più tradizionali sono spesso meno sensibili: l’innovazione, la difesa, la politica estera, l’ecologia, mentre secondo un calcolo dell’Istituto Jacques Delors l’importo delle poste coesione e agricoltura sono risaliti rispetto alla prima proposta di Bruxelles del 2018. Il Fondo per una transizione equa passa da 40 a 17,5 miliardi.
Le ratifiche e l’Europarlamento
In conferenza stampa con il presidente Michel, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha messo l’accento sui prossimi passaggi: «C’è ancora molto lavoro dinanzi a noi». E vi sono anche possibili intoppi. Tre i passaggi. Il primo è nazionale: i Ventisette dovranno ratificare la possibilità data alla Commissione di indebitarsi sui mercati finanziari per un totale di 750 miliardi.
Ha spiegato su questo aspetto il commissario al Bilancio Johannes Hahn: «Sui 27 Paesi, solo tre non richiedono il voto in Parlamento, Lettonia, Slovacchia e Irlanda. La Slovenia è ancora in dubbio». Il secondo passaggio è il negoziato Parlamento-Consiglio dei testi attuativi. Infine, il Parlamento europeo dovrà approvare il bilancio. Ieri il suo presidente David Sassoli ha parlato di «accordo senza precedenti», ma da «migliorare».
Prossime tappe le ratifiche nazionali e la trattativa tra Europarlamento e Consiglio sui testi attuativi