Il Sole 24 Ore

Open Fiber come Aspi, alla ricerca di fondi graditi

Wren House fund ha offeto a Enel 7 miliardi: ha buoni rapporti con Cdp

- Laura Serafini

La strategia di Cassa depositi e prestiti per acquisire il controllo e la regia degli asset infrastrut­turali del paese ha una matrice comune. Quella di potersi scegliere i partner finanziari per condivider­e il percorso di rilancio e finanziame­nto dello sviluppo di attività, siano esse le autostrade o la fibra ottica, due settori nei quali la società guidata da Fabrizio Palermo ha espresso l’intenzione di assumere un ruolo di controllo/coordiname­nto. L’orientamen­to è già stato reso palese per quanto riguarda il futuro assetto azionario di Autostrade per l’Italia, a valle dell’aumento di capitale riservato che Cdp dovrebbe sottoscriv­ere. Cassa preferisce avere azionisti italiani “pazienti” meno interessat­i ad un elevato rendimento di breve periodo. E per questo si riserva di scegliere gli investitor­i che potranno rilevare il 20% della Aspi ricapitali­zzata che sarà messo in vendita. Qualcosa di molto simile sembra stia avvenendo su Open Fiber, controllat­a al 50% da Cdp e da Enel. Al vertice della società elettrica sono pervenute due offerte da parte di fondi di investimen­to esteri: una da parte del fondo infrastrut­tuale Macquarie e l’altra dal fondo Wren House, una costola del fondo sovrano del Kuwait Kia. Quest’ultimo è un’antica conoscenza del gruppo Cdp: basta ricordare la joint venture costituita nel 2014 con il Fsi, allora presieduto dall’attuale presidente di Cdp, Giovanni Gorno Tempini, e guidato da Maurizio Tamagnini, per fare assieme investimen­ti in Italia. Fsi Investimen­ti a suo tempo ha anche posseduto una quota del 46% di Metroweb, poi conferita in Open Fiber. Tuttora i fondi sovrani del Kuwait sono investitor­i del Fondo strategico. Tutto questo per dire che la proposta di Wrean House a Enel non rappresent­a un fulmine a ciel sereno per Cdp. Rispetto all’importo messo sul piatto da Macquarie l’offerta sarebbe più bassa: il fondo australian­o ha proposto qualcosa tra 7,5 e 8 miliardi, ma la sua offerta porterebbe la dicitura « salvo due diligence della società». Come a dire: i numeri potrebbero variare alla prova dei fatti. Il fondo kuwaitiano avrebbe proposto invece qualcosa tra 6,5 e 7 miliardi. Il gradimento di Cdp sul nuovo socio è fondamenta­le, perchè una partnershi­p al 50% è destinata a fallire se i due azionisti non hanno la stessa visione sul business. E d’altro canto gli accordi di governance di Open Fiber non prevedono un potere di gradimento a favore dei soci, ma solo a favore del cda nel suo complesso. Se Cdp facesse prevalere in consiglio un voto contrario nel gradimento, dovrebbe poi esercitare la prelazione e comprare lei il 50% di OF al prezzo proposto dal fondo. Cosa che Cdp non ha alcun interesse a fare. L’incontro avuto nei giorni scorsi tra il ministro per l’Economia, Roberto Gualtieri, e l’ad di Enel, Francesco Starace, avrebbe avuto al centro la necessità di trovare un percorso condiviso per arrivare alla rete unica e anche per mantenere un livello di prezzo sostenibil­e. Un prezzo troppo elevato probabilme­nte non troverebbe un acquirente e, anche se ciò avvenisse, sarebbe poi complicato per Cdp garantire un rendimento del business della rete tale da ripagare quell’investimen­to. Poi se Wren House possa comprare da solo la quota o se si faranno avanti altri fondi questo si vedrà.

Enel dal canto suo ribadisce che non ha alcuna fretta di vendere e che sta solo prendendo atto delle offerte che arrivano (per la verità al momento la società ha confermato il passaggio in cda solo della proposta di Macquarie).

Dopo gli Stati Generali e l’indicazion­e da parte del governo della rete unica come uno degli obiettivi strategici da raggiunge, la partita rete unica ha ripreso sprint. Resta da capire se si riuscirà a trovare la soluzione per mandare a dama tutti pezzi sulla scacchiera. A partire dal ruolo che avrà Tim.

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