Cinque giorni per i piccoli soci: ecco tutti gli scenari possibili
Chi non conferisce i titoli entro martedì 28 non potrà beneficiare del premio cash
Su Intesa Sanpaolo e Ubi la partita sembra giocarsi soprattutto ai piani alti, quelli dei grandi soci della expopolare lombarda. Da una parte le fondazioni e gli imprenditori, dall’altra i fondi di investimento faranno con le loro decisioni pendere l’ago da una delle due parti della bilancia, determinando però anche il destino di decine di migliaia di piccoli investitori, che detengono azioni Ubi e che, nel loro piccolo, sono essi stessi chiamati a una scelta che non è banale, né scontata.
L’adesione o meno di ciascun singolo rappresentante della platea retail non è forse in grado di influire sull’esito complessivo dell’operazione, questo però non significa che sia indifferente per l’investitore, anzi. Sono infatti sei i possibili diversi scenari che si pongono di fronte, a seconda del fatto che si consegnino o meno le azioni Ubi da una parte e che dall’altra Intesa Sanpaolo conquisti i due terzi dei titoli della « preda » , raggiunga una quota intermedia compresa fra il 50% più un’azione e il 66,6%, oppure fallisca del tutto nel proprio obiettivo.
Quest’ultima situazione è sotto certi aspetti la più lineare: che si decida o meno di aderire, il mancato raggiungimento della maggioranza assoluta blocca tutta l’operazione - non si procede cioè allo scambio di azioni, né al pagamento del corrispettivo in contanti di 0,57 centesimi stabilito venerdì scorso - e lascia gli azionisti con in mano il « vecchio » titolo Ubi Banca. Più difficile prevedere quale sarà l’impatto in Borsa sul prezzo di queste azioni: la soluzione più logica è che si torni al punto di partenza di febbraio, eliminando il «premio» offerto da Intesa Sanpaolo e valutando Ubi come una banca a sè stante, ma non tutti concordano sul tema.
L’allineamento ai multipli delle altre concorrenti italiane non sarebbe infatti probabilmente indolore. Gli analisti di Equita Sim (che è advisor di Intesa Sanpaolo nell’operazione) paventano un calo «potenzialmente superiore al 40%» sottolineando proprio il fatto che con il balzo di lunedì le azioni Ubi trattano ormai a prezzo che vale 0,5 volte il patrimonio netto tangibile contro lo 0,3 di Bper e addirittura lo 0,2 di Banco Bpm. Non è detto che il mercato non assegni a Ubi stand-alone un valore superiore rispetto alle altre banche italiane, come hanno sottolineato nelle scorse settimane i vertici stessi della banca, ma il rischio di una contrazione dei prezzi è indubbiamente molto elevato.
Più complessi gli scenari che si prospetterebbero in caso di successo parziale (maggioranza assoluta, ma non qualificata) o totale (oltre i due terzi del capitale) da parte di Intesa. In questo caso le sorti degli azionisti retail si dividerebbero: chi apporta le proprie azioni incasserebbe la componente cash e si ritroverebbe con titoli Intesa Sanpaolo nel portafoglio; gli altri rinuncerebbero sul momento agli 0,57 centesimi in contanti, resterebbero con le Ubi in mano e con prospettive difficili da individuare.
Nell’ipotesi in cui si raggiunga una percentuale che permetta il controllo delle assemblee straordinarie è verosimile che Intesa punti alla fusione fra i due gruppi e al successivo ritiro dal listino delle residue azioni Ubi. In questo caso, avverte però Equita, coloro che non avessero aderito all’Ops «otterrebbero un concambio che non incorporerebbe alcun premio di maggioranza né la componente cash» e rimarrebbero quindi esposti al rischio di ottenere «condizioni meno vantaggiose» rispetto a quelle attuali.
Simile in fin dei conti è anche lo scenario intermedio, con Intesa in grado sì di «comandare» nel Cda Ubi, ma non di portare a termine operazioni straordinarie. Chi dovesse restare detentore di azioni Ubi non potrà beneficiare dei dividendi (più elevati) promessi da Intesa e in più avrebbe un titolo meno liquido e forse per questo anche più penalizzato dal mercato. Sperare in un ulteriore ritocco da parte dell’offerente per arrivare alla fatidica soglia dei due terzi è lecito, ma al momento non sembra l’ipotesi più gettonata in Borsa. Senza contare che la stessa Intesa ha più volte ribadito che non acquisterà ulteriori titoli Ubi per 12 mesi dalla scadenza dell’operazione: in questo modo verrebbe a mancare il compratore «naturale» sul mercato, con le logiche conseguenze.