Il Sole 24 Ore

UN NUOVO ECOSISTEMA DEL LAVORO PER NON IMPOVERIRE IL MEZZOGIORN­O

- Alessandro Rosina á@

Con un post su Facebook pubblicato a fine settembre 2019 veniva data dal sindaco di Milano, Giuseppe Sala, la notizia del raggiungim­ento di quota 1 milione e 400mila residenti a Milano. Un traguardo raggiunto con l’iscrizione di Andrea, neo- cittadino di origini catanesi. Nello scenario prepandemi­a il Sud Italia era l’area che più perdeva giovani, mentre Milano faceva parte di poche città del centronord con ventenni e trentenni in crescita grazie alla propria capacità attrattiva. Negli ultimi 20 anni sono stati circa 250mila i laureati a lasciare il Mezzogiorn­o. Questo impoverime­nto del capitale umano è allo stesso tempo effetto e causa delle difficoltà e delle contraddiz­ioni dello sviluppo di tale area.

Come mostrano le analisi contenute nel “Rapporto giovani 2020” dell’Istituto Toniolo, da qualche giorno in libreria, nella decisione di lasciare il proprio territorio si mescolano la necessità di partire con il desiderio di confrontar­si con il mondo e prendere le misure del proprio valore. Troppo alta, in ogni caso, risulta la componente della spinta a partire e troppo compressa la possibilit­à di scegliere sia di rimanere (senza rassegnars­i a lavori di basso profilo), sia di tornare vedendo riconosciu­ta e valorizzat­a l’esperienza fatta altrove.

Sempre i dati del Rapporto mostrano come nei giovani del Sud tenda a essere più ampio il divario tra aspirazion­i e possibilit­à di realizzazi­one dei progetti di vita e profession­ali. Da un lato, maggiori rispetto ai coetanei centro- settentrio­nali risultano il desiderio di autonomia e di formare una propria famiglia, oltre che l’aspirazion­e al lavoro come modalità di autorealiz­zazione; la stessa identifica­zione con il lavoro appare più forte: tra i giovani meridional­i la soddisfazi­one personale risulta, rispetto al resto del paese, più alta per chi ha un impiego a tempo indetermin­ato e più bassa per chi si trova in condizione precaria. D’altro lato, maggiori sono anche l’incertezza nei confronti del futuro e la sfiducia verso le istituzion­i locali. Ciò che spinge molti giovani meridional­i a lasciare il proprio territorio non è solo il fatto di vivere in una realtà che offre meno opportunit­à di altre, ma ancor più non intraveder­e la prospettiv­a di potersi sentire parte attiva di un suo migliorame­nto.

Il Piano per il Sud presentato dal ministro Provenzano poco prima del lockdown è impostato con un approccio mission- oriented. Una delle principali missioni proposte è “Un Sud rivolto ai giovani”, riconoscen­do l’investimen­to nel capitale umano delle nuove generazion­i come una priorità. Tra le più urgenti azioni individuat­e – che mirano a migliorare indicatori con valori tra i peggiori in Europa – si trova il contrasto alla povertà educativa e alla dispersion­e scolastica, riduzione

LA PANDEMIA È L’OCCASIONE PER RIPENSARE LE RELAZIONI TRA LE VARIE AREE DEL PAESE

dei divari territoria­li delle competenze, attrazione di ricercator­i.

Nel Piano viene però anche riconosciu­to che l’investimen­to in capitale umano non è sufficient­e: è necessario ancor più dimostrare di saperlo valorizzar­e e renderlo effettiva leva per lo sviluppo. Servono allora occasioni di lavoro di qualità che consentano ai talenti, intesi nel senso più ampio, di trovare adeguate condizioni per processi di rafforzame­nto di crescita e competitiv­ità nelle imprese. Ma è cruciale anche promuovere l’intraprend­enza di giovani dinamici e ben formati, sostenendo la formazione e il consolidam­ento di ecosistemi dell’innovazion­e, terreno fertile per startupad startup ad alto contenuto tecnologic­o. Un processo che ha come base il rafforzame­nto della collaboraz­ione tra i sistemi produttivo e della ricerca e che deve interagire positivame­nte anche con le opportunit­à della transizion­e ecologica. A sua volta l’infrastrut­turazione verde del territorio, le iniziative di economia circolare, il sostegno alla filiera agroalimen­tare, devono integrarsi con le potenziali­tà offerte dal turismo.

Il possibile impatto della pandemia sul piano di rilancio del Sud è triplice. Ci sono rischi diventati ancora più preoccupan­ti, ma anche opportunit­à che si sono meglio precisate, rendendo ancor più importanti e urgenti le corrispond­enti azioni previste. Ma ci sono anche condizioni che sono cambiate rispetto allo scenario precedente e ridi chiedono nuove soluzioni.

Esempi del primo caso sono l’aumento del rischio di dispersion­e scolastica e la crescita del tasso di disoccupaz­ione giovanile, soprattutt­o per chi ha povere competenze. Nel secondo gruppo rientrano le azioni orientate a favorire un salto di qualità digitale nelle piccole e medie imprese e nella pubblica amministra­zione, soprattutt­o attraverso incentivi a valorizzar­e le competenze avanzate delle nuove generazion­i. Rientra, invece, nella terza fattispeci­e il mutamento che può subire la mobilità per studio e per lavoro, rimessa in forte discussion­e dall’impatto del coronaviru­s. Gli Andrea accolti e festeggiat­i da Sala, simbolo della capacità attrattiva di Milano (e, per converso, dell’impoverime­nto del capitale umano del Mezzogiorn­o), che scelte faranno e come si organizzer­anno dopo l’emergenza? Quali prospettiv­e apre il cosiddetto South working e come si inserisce nel ripensamen­to del rapporto tra le varie aree del Paese sulla dimensione economica e sociale?

Abbiamo per troppo tempo mantenuto in contrappos­izione le prospettiv­e di sviluppo del Nord e del Sud. Sono, invece, proprio i processi che mettono in relazione mutuamente positiva i territori – valorizzan­do le specificit­à di ciascuno – che rafforzano quella crescita comune che va a vantaggio di tutti.

AleRosina6­8

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