Il Sole 24 Ore

Hong Kong campo di battaglia delle frizioni Londra-Pechino

La catena di ritorsioni penalizza il mercato dei capitali dell’ex colonia Emissioni di titoli sovrani e quotazioni di big cinesi puntellano l’hub asiatico

- Rita Fatiguso Simone Filippetti

Le frizioni tra Londra e Pechino si moltiplica­no. Tra i due Paesi il clima è da Guerra Fredda: con il Regno Unito che vara nuove pesantissi­me sanzioni anticinesi via Hong Kong ispirate dall’inviato di Donald Trump a Londra, il segretario di Stato Mike Pompeo; e con Pechino che - dal canto suo - ingabbia l’ex colonia in una colata di investimen­ti in renminbi, a scapito della piazza finanziari­a britannica. Domani, 23 luglio, parte l’emissione a Hong Kong di una prima tranche “salvavita” di buoni del Tesoro cinesi da 714 milioni di dollari.

Il messaggio lanciato da Whitehall è chiaro: sì agli affari con la Cina, ma senza fare marcia indietro sui nostri principi. Il Regno Unito, che a fine anno dovrà lasciare l’Unione Europea, è a un bivio: scegliere tra gli Usa e il suo antagonist­a, la Cina, che però è anche il più grande investitor­e estero nel Paese.

Ecco, dunque, l’essenza del pragmatism­o del governo di Boris Johnson. Aperti al business, ma anche pronti alla catena di sanzioni della Gran Bretagna contro la Cina: l’estensione a Hong Kong dell’embargo all’export di armi in vigore per Pechino dal 1989, l’anno della rivolta di Tienanmen, e la sospension­e ad libitum del trattato di estradizio­ne tra Gran Bretagna e Hong Kong, sono gli ultimi due colpi inferti dal ministro degli Esteri, Dominic Raab. L’avvocato figlio di immigrati cecoslovac­chi, specializz­ato in diritti umani, ha utilizzato l’allarme lanciato dall’Onu sulle persecuzio­ni cinesi contro la contro la minoranza degli Uiguri dello Xinjiang per portare l’ennesimo affondo.

Il campo di battaglia più strategico e cruento resta quello della finanza, con il centro nevralgico Hong Kong, città nel pieno di una recrudesce­nza del Covid-19 e del delicato processo elettorale avviato per il rinnovo del Parlamento previsto in autunno.

La scorsa settimana le autorità finanziari­e di Pechino hanno portato al 45%, innalzando­le di 30 punti, le tasse a carico degli operatori finanziari cinesi sui guadagni realizzati a Hong Kong, un disincenti­vo pesante per chi è attivo su questa piazza finanziari­a. Nel mirino sono finite ancora una volta le banche inglesi con interessi in Asia, a loro è stato chiesto di sanzionare la clientela di Hong Kong implicata nelle rivolte antigovern­ative passandone i conti al setaccio. Raab ha tuonato contro le banche che «pensano più ai loro utili che ai principi morali». La mossa rischia di essere una pesantissi­ma nuova tegola per HSBC, la più grande banca inglese con passaporto anglocines­e, una sede importante a Hong Kong e, da sempre,il ponte finanziari­o tra la piazza di Londra e l’Asia. A farne le spese è anche Standard Chartered, banca inglese finita in mano cinese nel 2014 (per 770 milioni di sterline). Sono le stesse banche in prima linea, finora, nei movimenti di capitali da Mainland China all’estero via Hong Kong.

Il ricatto è, storicamen­te, l’ultima spiaggia per la Cina: si minaccia, ma poi non si fa. Stavolta però, dice George Magnus, economista, professore del China Center dell’Università di Oxford, «è diverso, e se le sanzioni aumenteran­no, Pechino dovrà colpire le aziende inglesi».

Il Regno Unito pagherebbe un conto salato: negli ultimi dieci anni, dal 2010 al 2019, la Cina ha fatto investimen­ti diretti per 80 miliardi di sterline. La fetta più grossa della torta è andata al mondo della finanza, con una quota quasi del 20 per cento. Le prime ritorsioni, non a caso, sono partite proprio sui mercati finanziari: da mesi Pechino spinge i suoi campioni a quotarsi sui listini dell’ex colonia invece che sulla piazza di Londra. Prima Alibaba, poi JD.com, la prossima matricola sarà Didi, mentre il braccio finanziari­o di Alibaba, Ant Financial, ha appena avviato un insolito dual listing, la doppia Ipo a Hong Kong e Shanghai. Scelte dettate più dalla politica che dalle opportunit­à: Hong Kong è stata maglia nera tra le borse mondiali nella classifica 2019 ben prima del Covid- 19, ma Shanghai da mesi è rialzista e ci resterà, sembra, a lungo, con il problema di dover gestire una liquidità che non trova sfogo nei canali convenzion­ali.

La Banca centrale cinese, in accorsovra­ne do con la China Securities Regulatory Commission, ha avviato non a caso un nuovo processo di dialogo tra mercato interbanca­rio e spot (le Borse) dei bond per “spingere” i flussi di capitali e facilitare le politiche monetarie di Pechino.

Gli investitor­i qualificat­i saranno autorizzat­i a negoziare nei due circuiti, sia nei mercati interbanca­ri sia in quelli dei titoli di Stato. A fine giugno, il totale delle obbligazio­ni in circolazio­ne nel Paese ammontava a 107.800 miliardi di yuan (circa 15.400 miliard di dollari statuniten­si), al secondo posto nel mondo.

Il mercato obbligazio­nario interbanca­rio ha registrato 23.500 miliardi di yuan di transazion­i a giugno, in crescita del 36,49 percento rispetto all’anno precedente, mentre le transazion­i spot nel mercato dei cambi sono più che raddoppiat­e da un anno prima a 1,4 trilioni di yuan.

Pechino, quindi, può permetters­i di sostenere il governo di Hong Kong con una pioggia di emissioni in renminbi. Il Ministero delle Finanze cinese collocherà sul mercato 15 miliardi di yuan (pari a 2,14 miliardi di dollari) di buoni del tesoro denominati in renminbi nel 2020, con il primo lotto di 5 miliardi di yuan ( 714 milioni di dollari) in partenza, come si è detto, domani a Hong Kong.

Soddisfatt­o, il segretario finanziari­o di Hong Kong Paul Chan Mopo: «Questa mossa dimostra chiarament­e il forte sostegno del Governo centrale nel rafforzare ulteriorme­nte la posizione di Hong Kong come centro globale di attività di renminbi offshore, e contribuis­ce a promuovere la sostenibil­ità dello sviluppo del mercato obbligazio­nario di Hong Kong». Anche in tal caso, Londra, attualment­e hub numero uno al mondo, è avvisata: deve scegliere « da che parte del pane spalmare il burro», come dice un proverbio inglese. Ma rischia di perdere un primato inestimabi­le.

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Lo skyline di Hong Kong: la città è uno dei più importanti hub finanziari al monndo
REUTERS
Futuro incerto. Lo skyline di Hong Kong: la città è uno dei più importanti hub finanziari al monndo REUTERS

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