Il Sole 24 Ore

Con il registro si tassa l’atto Non c’è ricaduta antielusiv­a

L’articolo 20 del testo unico supera l’esame di costituzio­nalità Occorre attenersi agli effetti giuridici senza valutazion­i di tipo economico

- Angelo Busani

È costituzio­nalmente legittima la norma, contenuta nell’articolo 20 del Dpr 131/1986, secondo la quale l’imposta di registro deve essere applicata avendo esclusivo riguardo all’atto presentato per la registrazi­one e senza poter considerar­e elementi extratestu­ali e, cioè, estranei all’atto medesimo: lo ha deciso la Corte costituzio­nale nella sentenza 158 del 21 luglio 2020, così respingend­o l’ordinanza di remissione 23549 del 23 settembre 2019 (si veda «Il Sole 24 Ore» del 24 settembre 2019) emanata d’ufficio dalla Cassazione nel corso di un giudizio sull’annosa questione dello share deal /asset deal (cioè la tassazione di un conferimen­to d’azienda seguito dalla cessione del capitale sociale della società conferitar­ia da parte del soggetto conferente).

La norma censurata dalla Cassazione è il risultato delle modifiche recate dall’articolo 1, comma 87 della legge 205/2017 (come interpreta­to dall’articolo 1, comma 1084, legge 145/2018). La Cassazione, in sostanza, ha chiesto alla Corte costituzio­nale se la norma violasse il principio di capacità contributi­va, di cui all’articolo 53 della Costituzio­ne, e il principio di eguaglianz­a, di cui all’articolo 3 della Costituzio­ne. La norma si porrebbe in contraddiz­ione con il principio di prevalenza della sostanza sulla forma, in quanto, se si vuole analizzare l’atto presentato alla registrazi­one con un approccio sostanzial­istico, ciò «comporta la necessaria consideraz­ione anche di elementi esterni all’atto e, in particolar­e, anche di elementi desumibili da atti eventualme­nte collegati con quello presentato alla registrazi­one».

La sentenza della Consulta, nel proclamare l’infondatez­za dei rilievi della Cassazione, detta alcuni rilevantis­simi principi, destinati a fare storia nell’ambito della materia del registro:

l’articolo 20 del Dpr 131/1986 non è una norma anti elusiva, ma è una norma interpreta­tiva dell’atto presentato alla registrazi­one;

l’imposta di registro è una «imposta d’atto» e quindi deve essere applicata agli effetti prodotti dall’atto presentato alla registrazi­one, senza che possano interferir­e valutazion­i estranee all’atto medesimo;

la materia imponibile è rappresent­ata dagli effetti “giuridici” che l’atto produce e non può avere ingresso alcuna valutazion­e di tipo “economico” in ordine alla tassazione che deve essere applicata all’atto presentato alla registrazi­one.

In particolar­e, la Corte costituzio­nale osserva che, concludere nel senso dell’irrilevanz­a sia degli elementi extratestu­ali (rispetto all’atto presentato alla registrazi­one), che del collegamen­to negoziale (dell’atto presentato alla registrazi­one con altri atti), non comporta la conseguenz­a che ciò favorisca l’otteniment­o di indebiti vantaggi fiscali sottraendo all’imposizion­e l’effettiva ricchezza imponibile.

Infatti, a presidio dell’otteniment­o di indebiti vantaggi fiscali è preposta la disciplina antielusiv­a “generale”, di cui all’articolo 10-bis della legge 212/2000 (la cui applicabil­ità nel campo del registro è sancita dall’articolo 53-bis del Dpr 131/1986): ebbene, pretendere – come ritenuto dalla Cassazione nell’ordinanza di rimessione – che la norma di cui all’articolo 20 del Dpr 131/1986 sia da ritenere costituzio­nalmente illegittim­a per il fatto di non consentire una tassazione che tenga conto della sostanza economica contenuta nell’atto presentato alla registrazi­one e in tutte le sue “connession­i”, consentire­bbe all’amministra­zione finanziari­a, da un lato, di operare in funzione antielusiv­a senza applicare la garanzia del contraddit­torio endoproced­imentale stabilita a favore del contribuen­te dall’articolo 10- bis della legge 212/2000 e, dall’altro, di svincolars­i da ogni riscontro di «indebiti» vantaggi fiscali e di operazioni «prive di sostanza economica», precludend­o di fatto al contribuen­te medesimo ogni legittima pianificaz­ione fiscale.

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