AUTOREMISSIONE SOLO PAVENTATA
Nei giorni passati è stata pubblicata la sentenza della Corte costituzionale 120/2020 in tema di imposte successorie e sulle donazioni (si veda anche «Il Sole 24 Ore» di ieri); la quale, pur respingendo gli specifici dubbi di costituzionalità avanzati dal rimettente riguardo all’esclusione del coniuge dal regime agevolato previsto per i soli discendenti dall’articolo 3, comma 4-ter, del Dlgs 346 del 1990, ne ha tuttavia espressi altri, più impegnativi, sulla legittimità costituzionale di tutta la vigente disciplina agevolativa del tributo.
A una sua prima lettura, l’impressione che si ha è che la Corte non se la sia sentita, forse per riguardo alla piccola e media impresa, di essere conseguente alle sue premesse dichiarando, in via di autoremissione, l’incostituzionalità della disciplina dell’agevolazione soprattutto con riguardo alla sua riferibilità alle grandi imprese. Ha voluto, però, togliersi la soddisfazione di indicare in via monitoria i difetti di essa che incidono maggiormente sulla tenuta costituzionale del tributo.
Non capita spesso di leggere sentenze della Corte di questo tipo.
In una prima parte, essa fa balenare l’idea di una possibile autoremissione per violazione degli articoli 41, 29 e 3 della Costituzione, motivando il sospetto di incostituzionalità con suggestivi argomenti che sembrano preludere all’autoremissione e a una conseguente dichiarazione di incostituzionalità dell’articolo 3, comma 4-ter e supportando questo sospetto con una solida analisi sul piano sia economico che di politica fiscale. In una seconda parte però, quando deve passare alla conclusione, abbandona la via del vaglio della ragionevolezza dell’esenzione e, quindi, anche la via dell’autoremissione. Di conseguenza, giunge a dichiarare infondata la specifica richiesta di incostituzionalità della norma, cambiando il “verso” iniziale e adducendo l’esistenza di una causa giustificativa della diversa disciplina, che è come dire l’inesistenza di una eadem ratio dell’esenzione.
Mi pare evidente che dietro questa apparente contraddizione c’è un intento monitorio della Corte, diretto a indicare al legislatore i punti deboli sul piano costituzionale del vigente regime dell’imposizione successoria e, indirettamente, a sottolineare la superiorità di un modello di tassazione che potrebbe divenire, soprattutto in una fase di ripartenza postpandemia, uno dei punti di rilancio di una possibile riforma fiscale.
Ciò risulta chiaramente dai numerosi passaggi motivazionali, che sottolineano l’insostenibilità, sul piano economico e sociale, di una situazione in cui l’aumento del peso della ricchezza e della sua concentrazione ha avuto l’effetto negativo di cristallizzarsi nel tempo attraverso i grandi lasciti ereditari e le donazioni, ed è confermato da una recente indagine campionaria sui bilanci familiari condotta dalla Banca d’Italia. Essa ci dice che nel periodo 1995-2016 vi è stato un indebolimento della tassazione sui lasciti e sulle donazioni che vale oggi solo lo 0,1% del totale delle entrate fiscali.