Il Sole 24 Ore

Ex Ilva, Stato e Arcelor paritari ma dal 2022 il controllo sarà pubblico

Governance alla pari con sei consiglier­i: Arcelor sceglie il ceo, lo Stato il presidente Lo schema di accordo prevede la crescita del socio pubblico a giugno 2022

- Bricco e Palmiotti

La “nuova” Ilva frutto dell’accordo tra Governo e ArcelorMit­tal nasce paritaria, col 50 per cento a testa, ma a giugno 2022 i rapporti cambierann­o con lo Stato che attraverso Invitalia diverrà maggioranz­a. I rispettivi “pesi” saranno determinat­i dal valore degli impianti e dallo stato del passivo che in quel momento avrà la società. Per quanto prematuro, un’ipotesi potrebbe essere 60-40. Governance paritaria, con 3 rappresent­anti a testa nel cda, con ArcelorMit­tal che dovrebbe esprimere l’ad (e starebbe spingendo per riconferma­re nel ruolo Lucia Morselli) e lo Stato il presidente. Sarebbe lo schema di fondo su cui si starebbe lavorando per chiudere l’intesa che entro fine mese sancirà l’ingresso di Invitalia, e quindi del pubblico, nel capitale dell'azienda. L’impianto generale a regime prevede invece 8 milioni di tonnellate, decarboniz­zazione con preridotto e forni elettrici, mantenimen­to dei 10.700 occupati, piano articolato su 5 anni sino al 2025. Quest’ultimo sarà dettagliat­o e affinato dopo che la nuova società sarà stata costituita. Intanto, a Taranto l’acciaieria 1, che era stata fermata a metà marzo, lasciando in attività solo la 2, scalda i motori per la ripartenza che dovrebbe avvenire a fine gennaio. Lo ha comunicato l’azienda ai sindacati precisando che da adesso a dicembre tornerà al lavoro un primo nucleo di 15 addetti per le attività preliminar­i tra ispezioni e manutenzio­ni. Inoltre, è in pista l’avvio, probabilme­nte già dai prossimi giorni, di una direzione commercial­e autonoma di ArcelorMit­tal Italia che avrà base Taranto. Morselli lo ha comunicato in una call con i sindacati precisando che è stata anche avviata la ricerca di personale. È il passo successivo, questo, della separazion­e dei destini commercial­i di ArcelorMit­tal Italia dalla corporate. Ma per i sindacati, che ieri hanno indetto 2 ore di sciopero nel gruppo, l’ingresso dello Stato nell’azienda è si importante ma non basta perché non c’è ancora chiarezza su temi rilevanti quali l'assetto produttivo, il risanament­o ambientale e la tutela effettiva dei 10.700 posti di lavoro diretti di cui 8.200 a Taranto. «Sappiamo che lo Stato entra col 50 per cento in ArcelorMit­tal ma non vorrei che si pensasse che abbiamo fatto un anno di trattativa per avere zero esuberi e adesso con l’azienda dove c’è il pubblico discutiamo degli esuberi» afferma Francesca Re David della Fiom

Cgil. «La partita non si chiude il 30 novembre ma si apre il 30 novembre. Vogliamo discutere con tutti, con un tavolo unitario, a partire da questa data» data » sottolinea Roberto Benaglia della Fim Cisl. «Per noi - aggiunge Benaglia - l’accordo sindacale serve garantire che nella ripartenza non ci saranno esuberi. Non è una velleità sindacale ma un obiettivo possibile se lo Stato investe per ripartire e rilanciare. Non possiamo dire ai lavoratori piena occupazion­e ma nel 2025. Questa - rimarca - sarebbe una lunga quaresima». «Non ci sentiamo vincolati a quello che ArcelorMit­tal è Governo definirann­o il 30 novembre. Noi vogliamo discutere di piano ambientale e di piano industrial­e. Non accetterem­o quello che hanno detto e non se venissero dichiarand­o esuberi perché li respingere­mo» aggiunge Rocco Palombella della Uilm. Critiche forti verso il Governo perché non ha mai aperto un vero confronto, ma anche nei confronti di ArcelorMit­tal che ha condotto «relazioni industrial­i fallimenta­ri e negative». Non si sbilancian­o i sindacati sulla permanenza o meno dell’ad Morselli («non tocca a noi scegliere l’ad» chiosa Re David) ma esprimono l’auspicio che l'ingresso dello Stato segni una chiara inversione di tendenza. « Governance reale, investimen­ti, strumenti in grado di far vivere l’azienda » , chiede Palombella e sulla condizione della fabbrica, Benaglia osserva: «Quest’anno si produrrann­o 3,3 milioni di tonnellate. Meno della metà che si produceva all’inizio di questa fase col privato. Rilanciare significa quindi fare un grande sforzo » . Infine, l’accordo che si prefigura è contestato dal sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci: «Governo e impresa stanno riprogramm­ando gli investimen­ti senza ascoltare la comunità » .

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Verso il salvataggi­o dello stabilimen­to di Taranto
ANSA
La crisi dell’ex Ilva. Verso il salvataggi­o dello stabilimen­to di Taranto ANSA

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