Il monito Bce sui debiti frena le Borse
Il rally di novembre. Dopo la grande corsa per l’entusiasmo sui vaccini, i listini rallentano la marcia: pesano prese di profitto, report della Banca centrale europea e sussidi di disoccupazione Usa
Dopo i record di martedì, dopo il lungo rally di novembre, dopo l’euforia per i vaccini e la speranza per la ripresa economica nel 2021, ieri le Borse sono (appena appena) tornate con i piedi per terra. Un po’ l’aumento a sorpresa dei sussidi alla disoccupazione negli Stati Uniti e un po’ la «Financial Stability Review» pubblicata dalla Bce hanno infatti calmato gli entusiasmi di Borse che negli ultimi giorni sembravano già proiettate sul dopo-Covid: entrambi hanno infatti ricordato che l’uscita dalla crisi, per quanto il vaccino rappresenti un passaggio importante, non sarà facile. Né breve. E che le crescenti vulnerabilità andranno gestite. Così ieri le Borse si sono prese una piccola pausa dal grande rally di novembre: quelle europee hanno chiuso comunque con variazioni in gran parte positive dopo aver toccato in mattinata i massimi da nove mesi ( Francoforte - 0,02%, Parigi + 0,23%, Madrid +0,26% e Milano +0,72%), mentre quelle statunitensi - alla vigilia del Giorno del Ringraziamento - sono state deboli tutto il giorno. Nulla di strano, dopo un forte rally: le prese di profitto sono normali. Ma qualche motivo in più, in fondo, c’è.
Il monito della Bce
Il documento pubblicato ieri dalla Bce è stato molto chiaro nel riportare tutti con i piedi per terra. La Banca centrale mette infatti in guardia sul forte aumento dei debiti a causa del Covid: sia quelli delle aziende, sia quelli degli Stati. «Questo pone rischi alla stabilità finanziaria - ammonisce l’Eurotower - a causa di un crescente legame tra aziende, Stati e banche». Il motivo è ben chiaro nelle parole scritte dalla Bce: i debiti delle imprese sono per cifre crescenti garantiti dagli Stati ed erogati dalle banche. «Istituti di credito e Governi sono dunque entrambi esposti a un rischio indotto dalla pandemia sulle aziende private». Per dirla con altre parole: c’è una sorta di filo rosso che lega insieme i destini di banche, aziende e Stati. Questa sarà la pesante eredità del Covid.
Eredità che andrà gestita. «L’attuale forte supporto pubblico sta aiutando le imprese e le famiglie a fronteggiare la crisi causata dalla pandemia - si legge -. I rischi potrebbero arrivare sia da un ritiro prematuro degli aiuti fiscali (incluse le garanzie statali sui prestiti e le moratorie) sia da un sostegno troppo prolungato. Nel primo caso si potrebbe minare la ripresa economica, trasformando i problemi di liquidità delle imprese in problemi di solvibilità». Il senso del documento è ben sintetizzato nelle parole del vicepresidente della Bce, Luis De Guindos: nonostante la ripresa estiva e la prospettiva di vaccinazione siano fonte d’ottimismo, «la strada è ancora lunga e le autorità dovranno prendere decisioni difficili su come e quando estendere gli interventi e su come gestire il debito che questi creano».
Il monito dei dati Usa
L’altro motivo per cui le Borse ieri hanno frenato un po’ (anche se in mattinata l’indice globale Msci World ha comunque aggiornato i record) è legato ai dati arrivati dagli Stati Uniti. Il primo è il balzo inatteso delle richieste di sussidi alla disoccupazione. Ma anche il calo a 76,9 punti dell’indice di fiducia dei consumatori dell’Università del Michigan ha ricordato che l’economia soffre. Ma i mercati guardano avanti, al dopo-Covid. Anche perché confidano sull’altro “vaccino”: quello delle banche centrali. Proprio ieri sera, dalle minute della Fed, è emerso che la banca centrale Usa è pronta ad aumentare l’acquisto di obbligazioni per aiutare l’economia.
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