La meccatronica diversifica e resiste
Nonostante l’alta propensione all’export, le aziende hanno saputo reagire al lockdown. Ciapetti (Alma Mater): strategiche le supply chain e la loro tracciabilità
In un anno in cui tutti gli schemi sono saltati, anche uno dei settori più dinamici e ad alto valore aggiunto del nostro manifatturiero, quello della meccatronica, ha subito un forte contraccolpo, in particolare per quanto riguarda l’export, che nel primo semestre ha fatto registrare una contrazione del 20,4%, superiore a quella di altri comparti a minore vocazione internazionale.
Ma, al tempo stesso, le aziende che operano in questo ambito hanno mostrato una fortissima vitalità e una capacità di ripresa che già a luglio aveva fatto tornare l’esportazione su valori non lontani da quelli precedenti la pandemia. A delineare questo scenario è il report “Resilienza meccatronica – I numeri e i luoghi della meccatronica in Italia”, realizzato come ogni anno da Unindustria Reggio Emilia in collaborazione con Club Meccatronica e con il centro di studi e ricerche economiche Antares.
E come ogni anno, anche in questo anomalo 2020, torna il Premio Italiano Meccatronica, assegnato per la quattordicesima volta da Unindustria Reggio Emilia in collaborazione con Nòva - Il Sole 24 Ore, Club Meccatronica e Community Group. Un’occasione importante per fare il punto su un comparto di importanza primaria per la nostra economia e caratterizzato da peculiarità non riscontrabili in altri ambiti. « Il settore meccatronico » , osserva Lorenzo Ciapetti, direttore di Antares e docente dell’Università di Bologna, « è più esposto durante una crisi globale, come quella attuale, perché si affida molto all’export. In media per il 60% del fatturato annuo, ma con punte, per alcuni settori applicativi, che raggiungono il 70% o l’ 80 per cento. Per quanto nelle nostre stime facciamo rientrare in questo ambito un gran numero di imprese, oltre 51mila considerando anche l’indotto, concentrate soprattutto nel CentroNord; non parliamo di un mondo omogeneo, ma fortemente differenziato in base ai segmenti di filiera in cui le attività si inseriscono » .
Questo ha fatto sì che, in ambito meccatronico, alcune aziende siano state meno colpite di altre. «Per esempio » , osserva Ciapetti, « i produttori legati alla supply-chain dell’automotive Usa, che ha avuto performance migliori del previsto nei mesi scorsi, sono ripartiti meglio di altri quando si sono allentati i lockdown. Coloro che operano nella filiera dei macchinari hanno invece sofferto di più » .
Molto dipende, insomma, dalla filiera in cui ci si colloca. E se si può mettere a frutto un insegnamento da questo 2020, « appare evidente » , sottolinea ancora Ciapetti, «che riuscire a collocare la propria attività in un punto di confine tra più ambiti applicativi contribuisce a ridurre gli impatti negativi. Non è una cosa facile, perché certe specializzazioni si sono consolidate nel corso di decenni e non possono essere reindirizzate in tempi brevi. Ma è un dato di fatto che, oltre alla diversificazione del portafoglio prodotti, conta la diversità di composizione della supply chain ».
Anche operare in territori con una filiera più strutturata ha consentito alle aziende di superare meglio il lockdown. « La crisi di marzo e aprile » , osserva Ciapetti, « è stata determinata soprattutto dalle chiusure delle attività e dall’impossibilità di lavorare, non tanto dalla mancanza di ordini o dall’incapacità di evaderli. Le imprese meccatroniche collocate in aree, come quella di Reggio Emilia per esempio, in cui sono presenti tutte le attività della filiera, hanno potuto ripartire prima e meglio, perché possono contare su una rete di fornitori e di servizi concentrata in poche decine di chilometri e non hanno invece dovuto dipendere da forniture provenienti da lontano, per esempio dalla Cina, che comunque continua a coprire una parte importante delle forniture della meccatronica » .
La capacità di ripartire evidenziata da molte aziende meccatroniche può rappresentare un buon auspicio per il futuro e farci guardare con ottimismo al 2021? «Non è chiaro che cosa succederà l’anno prossimo», osserva Ciapetti, «non solo per le incertezze legate alla pandemia, ma anche perché anche prima di questa crisi erano in atto profonde trasformazioni di filiere a cui sono strettamente legate le nostre imprese. Prima fra tutte, quella dell’automotive, che si sta spostando verso un concetto di mobilità elettrica. Ma anche altri ambiti stanno attraversando profondi cambiamenti che interessano anche la riorganizzazione delle supply chain ».
Quale potrebbe essere la risposta? Per esempio riportare “a casa” attività delocalizzate in passato per creare reti in grado di assicurare la continuità produttiva? Ciapetti non è così convinto. « In ambito meccatronico » , dice, « le supply chain resteranno in buona parte globalizzate. Quello che dovranno fare le aziende italiane del settore sarà, piuttosto, capire esattamente dove si trovano i loro fornitori, dare cioè visibilità alla loro filiera. Sembra banale a dirsi, ma in un mondo in cui spesso le produzioni vengono affidate a subcontractor, sapere con precisione da dove arrivi un componente necessario alla produzione non è così scontato. Occorrerà quindi dotarsi sempre di più di strumenti digitali per rendere trasparente la rete di fornitura » .
Per esempio la blockchain? « Anche » , conclude il direttore di Antares, «ma non necessariamente. Esistono strumenti meno complessi che le nostre aziende possono adottare, come per esempio piattaforme per mappare e integrare le email in arrivo dai fornitori». Soluzioni che stanno aprendo un nuovo mercato di servizi digitali per la meccatronica, destinato a crescere nei prossimi anni.