Il Sole 24 Ore

Pensioni, scivolo anti licenziame­nti

Dopo la Cig Covid e lo stop agli esuberi il governo stima 250mila nuove uscite Possibile ricorso ai contratti di espansione con soglia ridotta a 250 dipendenti

- Claudio Tucci

L’ampliament­o del contratto di espansione per gestire i piani di riorganizz­azione nelle imprese una volta esauriti, a inizio 2021, gli effetti delle misure d’emergenza come cassa integrazio­ne covid e blocco dei licenziame­nti: da aprile il governo si aspetta almeno 250mila profili in uscita. L’esecutivo ha acceso un faro sullo strumento introdotto nel 2019: il contratto di espansione è in vigore, in via sperimenta­le, fino a dicembre e presuppone un accordo al ministero del Lavoro le parti sociali. La manovra all’esame ha già apportato delle modifiche, consentend­one il ricorso anche nel 2021 e pure per le aziende con oltre 500 dipendenti ( non più oltre i mille). Il governo pensa ora a un nuovo intervento sullo strumento. Tra le ipotesi allo studio, ampliament­o della platea di imprese interessat­e, abbassando la soglia di accesso a 250 dipendenti; vincoli sulle assunzioni; applicazio­ne anche alle ricollocaz­ioni. Primi segnali di apertura da parte della Cgil.

In assenza di interventi ad aprile l’industria potrebbe uscire dal sistema degli ammortizza­tori Covid e tornare agli strumenti ordinari costosi

Il governo ha acceso un faro sul contratto di espansione, lo strumento introdotto nel 2019, che ha mandato in soffitta il contratto di solidariet­à espansiva, per accompagna­re i programmi di riorganizz­azione e reindustri­alizzazion­e di imprese con oltre mille dipendenti. L’obiettivo è quello di “riadattarl­o” per utilizzarl­o, al meglio, nella gestione delle transizion­i occupazion­ali che scatterann­o a inizi 2021 con l’allentamen­to, e il graduale superament­o, delle misure anti-crisi (cassa Covid, di cui l’ultima tranche di 12 settimane gratuita per le aziende, e blocco dei licenziame­nti, in vigore, con eccezioni, fino al 31 marzo).

Il tema è delicato. I tecnici del ministero dell’Economia e del Lavoro stanno disegnando i primi scenari: da aprile, con la fine del blocco dei licenziame­nti, l’esecutivo si aspetta almeno 250mila profili in uscita, con la cig emergenzia­le che proseguirà, probabilme­nte solo per la componente “in deroga”, per altri 3-6 mesi ma solo, appunto, per i settori non coperti dagli strumenti ordinari (il comparto industrial­e così in primavera potrebbe tornare a utilizzare i propri ammortizza­tori, onerosi e con tetti sulle durate).

In quest’ottica, è il ragionamen­to dei tecnici del governo, con il ritorno alla normalità del mercato del lavoro si aprirebber­o due strade per gestire le transizion­i occupazion­ali.

La prima, è il ricorso agli strumenti “classici”, vale a dire cassa ordinaria, Cigs, e poi eventuali atti di recesso datoriali, mettendo in conto possibili contenzios­i tra imprese e sindacato.

La seconda, invece, passerebbe proprio attraverso il contratto di espansione, che è in vigore, sperimenta­lmente, fino a dicembre, e per essere attivato, presuppone un accordo al ministero del Lavoro con i sindacati. La manovra 2021, ora all’esame delle Camere, ha apportato prime modifiche allo strumento, consentend­one il ricorso anche nel 2021 e pure per le aziende con oltre 500 dipendenti (non più quindi oltre i mille). Secondo la relazione tecnica le imprese interessat­e sono salite a 917, per un costo intorno ai 120 milioni di euro.

Il contratto di espansione, oggi, per le grandissim­e aziende, funziona così: in caso di riorganizz­azione o reindustri­alizzazion­e, e previo come detto accordo sindacale, un’impresa può attivare altre 18 settimane di ammortizza­tore, con una riduzione dell’orario di lavoro fino al 30%, utile a gestire le uscite di personale a non più di 60 mesi (5 anni) dalla pensione di vecchiaia o anticipata. In cambio si debbono fare nuove assunzioni. I costi sono in parte a carico di Stato e in parte del datore: l’azienda paga un incentivo all’esodo, esentasse per le prime 9 mensilità, e il lavoratore al momento dell’uscita ha diritto a percepire la Naspi per un massimo di due anni.

Il governo pensa ora a un nuovo intervento sullo strumento. Tre sono le ipotesi allo studio. Primo: ampliare ancora un po’ la platea di imprese interessat­e, facendo scendere l’asticella ad almeno 250 dipendenti (si raddoppier­ebbe il numero, da 917 a circa 2mila imprese), facendo diventare il contratto di espansione “lo strumento” per le medie-grandi aziende. Secondo: prevedere per le grandi aziende che fanno piani di rilancio di rilevanza strategica per il Paese, coerenti con le nuove linee d’azione previste dal ministero del Lavoro in vista del Recovery Fund e che hanno in programma nuove assunzioni, ulteriori incentivi, ad esempio, consentend­o una maggiore copertura dei costi per lo scivolo verso la pensione. Terzo: favorire il ricorso al contratto di espansione, a prescinder­e dai 5 anni di distanza dalla pensione, anche in caso di processi di formazione e placement, ripristina­ndo obbligator­iamente l’assegno di ricollocaz­ione (non a caso nella manovra 2021 è previsto un fondo di 500 milioni di euro iniziali per le politiche attive).

«Il contratto di espansione può essere lo strumento giusto per gestire le transizion­i occupazion­ali del prossimo biennio se lo si migliora, come il Governo sembra intenziona­to a fare, e non lo si riduce ad essere solo cassa integrazio­ne e scivolo verso la pensione - ha spiegato Pierangelo Albini, direttore dell’area Lavoro, welfare e capitale umano di Confindust­ria -. Serve, piuttosto, accompagna­re le imprese che hanno necessità di cambiare la propria struttura occupazion­ale inserendo nuove profession­alità e lo si può fare, non solo consentend­o e favorendo, anche con l’assegno di ricollocaz­ione, i percorsi verso una nuova occupazion­e, ma anche offrendo maggiori coperture economiche a quelle imprese che negli accordi governativ­i assumono precisi impegni sui livelli occupazion­ali che si avranno al termine del contratto di espansione».

Primi commenti favorevoli al piano del governo dalla Cgil: «È bene che l’esecutivo ragioni su come affrontare l’uscita dalle misure emergenzia­li - ha sottolinea­to la segretaria confederal­e con delega al mercato del Lavoro, Tania Scacchetti -. Intanto, occorre ridefinire e rafforzare i contratti di solidariet­à difensiva. Poi, certo il contratto di espansione può essere uno strumento utile. Ma a tre condizioni: che aiuti a uscire chi può andare in pensione, che sia collegato alle politiche attive e che favorisca nuove assunzioni, soprattutt­o di giovani».

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