I due Matteo uniti per il mantenimento del Rosatellum
Per Salvini possibilità di vincere con i collegi, per Renzi ok la soglia al 3%
Riforma della legge elettorale di nuovo al palo. L’ultimo vertice di maggioranza sul tema delle riforme necessarie per adeguare la Costituzione e l’attuale sistema di voto al taglio di un terzo del numero dei parlamentari ha confermato, con grande irritazione soprattutto del Pd, che tra i partiti giallo-rossi non c’è reale convergenza sul cosiddetto Germanicum, che giace in commissione Affari costituzionali della Camera: un proporzionale con sbarramento al 5%. Chiaro che una soglia così alta non sta bene alla sinistra di Leu, che lo dice chiaramente, e alla renziana Italia Viva, che invece non lo dice. Tuttavia è proprio il partito renziano che da qualche settimana frena sull’intero pacchetto riforme - rilanciando l’obiettivo tanto alto quanto irrealistico di superare il bicameralismo paritario e riformare il Titolo V - con l’obiettivo appena velato di lasciare in mezzo al guado proprio il Germanicum. Tanto che ormai in Parlamento sono in molti, anche tra i dem, a pensare che alla fine resterà l’attuale sistema elettorale.
Sul mantenimento del Rosatellum, in effetti, c’è la convergenza di interessi dei due Matteo: Salvini da una parte e Renzi dall’altra. Per il leader della Lega la presenza dei collegi uninominali per eleggere il 37% circa dei parlamentari (il resto è proporzionale), con l’obbligo di coalizzarsi che ne consegue, è la garanzia dell’unità del centrodestra e l’unica possibilità di provare a vincere le prossime elezioni: con il 40% dei voti e la vittoria nel 70% dei collegi si ottiene la maggioranza dei seggi. Per Renzi la parte allettante del Rosatellum è invece soprattutto la soglia di sbarramento, fissata al 3% e che addirittura scende all’1% per i partiti che scelgono di coalizzarsi: il che significa, per l’ex premier, non solo poter superare la soglia di sbarramento ma anche poter contrattare con gli alleati della coalizione un certo numero di collegi “sicuri”. Insomma la sopravvivenza per il suo partito e per il suo gruppo dirigente.
Proprio nelle ore in cui si incagliava nuovamente la trattativa per la riforma della legge elettorale il governo varava in Cdm lo schema di decreto legislativo che disegna i nuovi collegi elettorali dopo il via libera al taglio del numero dei parlamenati con il referendum popolare del 20 e 21 settembre scorso. Il testo deve ora arrivare alle Camere per il parere e la delega deve comunque essere esercitata entro 60 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale della riforma costituzionale, ossia il 5 novembre scorso. I primi di gennaio il restyling del Rosatellum sarà dunque compiuto: certo, si tratta solo di un obbligo di legge conseguente alla modifica costituzionale intervenuta, ma è altamente simbolico che l’unica cosa che si muove è la messa a punto dell’attuale legge elettorale. Solo dopo l’elezione del presidente della Repubblica nel febbraio del 2022, quindi sul finire della legislatura, potrebbero crearsi le condizioni per andare verso il Germanicum con l’aiuto di Forza Italia. Ma nel frattempo dovrebbe intervenire la rottura tra Silvio Berlusconi e gli alleati “sovranisti”: chi, oggi, può scommetterci?