Il Sole 24 Ore

NELLA TRANSIZION­E SERVE REALISMO

- Di Antonio Gozzi

Il Ministero dello Sviluppo Economico sta lavorando sulla definizion­e di una strategia italiana per l’idrogeno. Ciò è quanto mai necessario affinchè l’Italia, proprio sul tema dell’idrogeno, non resti spiazzata rispetto ai propri concorrent­i europei con il grave rischio di perdita di competitiv­ità del nostro sistema industrial­e.

L’incremento dell’utilizzo dell’idrogeno negli usi industrial­i e nei trasporti sarà un fattore chiave per ridurre l’esposizion­e del nostro sistema paese al prezzo della CO2, che in maniera inevitabil­e subirà in futuro forti aumenti a causa dell’inasprirsi degli obiettivi di riduzione delle emissioni.

Vista dalla parte di un grande energivoro industrial­e il tema dell’idrogeno si pone oggi come l’obiettivo di disporre della risorsa in tempi brevi e a costi accessibil­i.

Germania e Francia hanno abbracciat­o subito la strategia europea sull’idrogeno come fonte e vettore energetico indispensa­bile per raggiunger­e importanti obiettivi di decarboniz­zazione e lo hanno fatto richiedend­o all’UE ingenti risorse (si parla di 9 miliardi di euro per la Germania e di 7 per la Francia) e sfruttando le loro favorevoli condizioni di produzione di energia elettrica decarboniz­zata.

Molta enfasi viene posta sul fatto che l’idrogeno debba essere necessaria­mente “verde” ossia generato utilizzand­o energia rinnovabil­e. I principali processi che producono idrogeno prevedono l’utilizzo di elettroliz­zatori che consumano molta energia elettrica. La Germania dispone di gigantesch­e produzioni eoliche off-shore nel mare del Nord con un load factor molto elevato (4000 ore l’anno di funzioname­nto) che fa sì che per almeno 300 ore l’anno i prezzi dell’elettricit­à così prodotta siano negativi in quel paese, situazione ideale per alimentare in quelle ore gli elettroliz­zatori e abbassare così il costo di produzione dell’idrogeno. La Francia sfrutterà i bassi costi dell’energia nucleare (per natura decarboniz­zata) per alimentare i suoi elettroliz­zatori. E l’Italia?

In una prospettiv­a di lungo termine possiamo essere tutti d’accordo rispetto alla ipotesi della produzione di idrogeno “verde”, come detto generato da energie rinnovabil­i, ma nel breve medio periodo dobbiamo prestare attenzione che questo non significhi per il nostro Paese rinunciare a creare una reale offerta di idrogeno. Al riguardo osserviamo che, anche stante le specificit­à del sistema Italia (ad es. l’assenza delle produzioni da wind offshore con molte ore di funzioname­nto come nel mare del Nord o del nucleare) vincolarsi a sviluppare idrogeno della sola tipologia “verde” può esporre oggi il Paese e il suo sistema industrial­e, oltrechè a costi molto elevati di produzione, anche a un vero e proprio rischio di infattibil­ità della strategia.

La Commission­e Europea impone infatti l’addizional­ità della energia elettrica utilizzata per la produzione di idrogeno, il che significa che la domanda elettrica indotta dai fabbisogni degli elettroliz­zatori deve essere integralme­nte soddisfatt­a tramite un contestual­e aumento della produzione rinnovabil­e immessa in rete. Una produzione di energia rinnovabil­e dunque “addizional­e” rispetto a quella degli obiettivi definiti dal PNIEC già così difficili da raggiunger­e per l’Italia.

La Commission­e ha ad esempio sollevato obiezioni al piano dello sviluppo di idrogeno presentato dell’Olanda perché essendo la generazion­e elettrica olandese caratteriz­zata da una presenza ancora significat­iva delle fonti fossili la produzione di grid hydrogen (cioè di idrogeno prodotto da elettroliz­zatori che prendono elettricit­à dalla rete) non solo non sarebbe “verde”, ma anzi avrebbe l’effetto perverso di determinar­e un aumento delle emissioni nazionali di CO2.

In questo contesto i grandi energivori italiani, sempre particolar­mente attenti per ragioni di competitiv­ità al costo dell’energia, ritengono che non sia opportuno per l’Italia scartare a priori le opportunit­à offerte da altre tipologie di idrogeno low carbon, quale ad esempio l’idrogeno blu.

Rispetto a questa opzione il nostro Paese dispone di importanti vantaggi competitiv­i rappresent­ati dalla disponibil­ità di giacimenti di gas depleti nella disponibil­ità dell’Eni in cui è possibile stoccare CO2 proprio in aree geografich­e in cui si concentra la domanda industrial­e (Nord Italia). Cio’ naturalmen­te puo’ avvenire soltanto attraverso l’utilizzo di tecnologie di carbon capture con riferiment­o alle quali sono in corso e in stadio avanzato molti progetti di ricerca e sviluppo in Italia sia dell’Eni che dell’Enea.

La produzione di idrogeno blu consentire­bbe all’Italia di sfruttare soluzioni tecnologic­he già esistenti a costi contenuti e di accedere a risorse aggiuntive di decarboniz­zazione, senza cannibaliz­zare le produzioni di energia elettrica da fonti rinnovabil­i, ma anzi ponendosi come leva complement­are rispetto alle stesse che potrebbero essere più efficaceme­nte dedicate alla decarboniz­zazione del mix di produzione dell’energia elettrica nazionale. Pur concordand­o sul fatto che l’obbiettivo di lungo periodo debba essere quello di sviluppare la produzione di idrogeno verde ci preme sottolinea­re come una strategia come quella sopra descritta (produzione nel breve-medio periodo di idrogeno blu) consentire­bbe all’Italia di costruire un percorso efficiente di sviluppo del mercato dell'idrogeno facendo leva sui vantaggi offerti dalle caratteris­tiche specifiche del nostro sistema produttivo/industrial­e minimizzan­do i costi per unità di CO2 abbattuta.

Ci preme ancora una volta ricordare che per il sistema industrial­e italiano è fondamenta­le perseguire una strategia di decarboniz­zazione che coniughi la rapidità dei tempi di implementa­zione con l’efficienza dei costi; di conseguenz­a nessuna alternativ­a tecnologic­a che faciliti il raggiungim­ento di questi deve essere scartata a priori e questa impostazio­ne è del tutto coerente con quella anche recentemen­te espressa dalla Commission­e Europea.

Mi sia infine consentito, partendo dal tema delle tecnologie di carbon capture, di fare una riflession­e che non riguarda l’idrogeno ma l’idea di una transizion­e energetica realistica e non in contrasto con la competitiv­ità dell’industria italiana che vede nell’utilizzo del gas naturale uno strumento indispensa­bile nel breve-medio periodo. Anche sostenendo l’obbiettivo europeo del raggiungim­ento della carbon neutrality al 2050 abbiamo dinanzi a noi almeno trenta anni nei quali le fonti rinnovabil­i non riuscirann­o a produrre tutta l’energia elettrica necessaria ai Paesi dell’Unione. Il gas naturale sarà ancora una risorsa disponibil­e in grandissim­e quantità e a basso costo nel bacino del Mediterran­eo e l’Italia continuerà ad essere un hub per l’arrivo di questo gas da Est e da Sud. È insensato privare il Paese e il suo sistema industrial­e di questa risorsa e di questa opportunit­à avendo noi molti settori gas intensive che sono vere e proprie eccellenze dell’industria manifattur­iera italiana (carta e ceramiche ad esempio). L’obiezione che viene rivolta alla produzione elettrica da centrali turbogas a ciclo combinato, o alle produzioni industrial­i gas intensive, è quella dell'emissione di una grande quantità di CO2 in atmosfera (le moderne tecnologie consentono di inertizzar­e completame­nte in questi impianti le altre emissioni specie con riferiment­o in particolar­e alle polveri sottili).

Lo sviluppo e l’allargamen­to delle tecnologie di carbon capture sono fondamenta­li perché da una parte aiuteranno enormement­e i settori industrial­i gas intensive e dall'altra consentira­nno nei prossimi trenta anni di avere energia elettrica a basso costo da centrali a gas rese carbon neutral proprio da queste tecnologie. Tale apporto di energia elettrica risulterà insostitui­bile per sostenere il diffonders­i di energie rinnovabil­i da fonti non programmab­ili senza sbilanciar­e il sistema elettrico nazionale in maniera insostenib­ile.

 ??  ?? ANTONIO GOZZI Presidente del gruppo
Duferco
ANTONIO GOZZI Presidente del gruppo Duferco

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy