Rete unica, dopo Enel il nodo Vivendi: le tlc nell’agenda romana di Le Maire
Il Tesoro ha chiesto al gruppo francese di non interferire sul progetto Dal prezzo di Macquarie per Open Fiber possibile barriera a Tim, Cdp al bivio
Giornata romana per il ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire, che oggi incontrerà il suo omologo al Tesoro Roberto Gualtieri. Previsto anche un incontro bilaterale con il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli. Si parlerà delle misure per la tutela dell’economia a fronte dell’emergenza Covid, dei fondi Ue per la ricostruzione, della cooperazione industriale tra i due Paesi, dello sviluppo di progetti di comune interesse. Un’agenda densa di temi in cui potrebbero far capolino tra le righe anche situazioni specifiche, come la vicenda Vivendi, impegnata sul doppio fronte Telecom- Mediaset. La media company che fa capo a Vincent Bolloré non ha preso bene - per usare un eufemismo - l’emendamento “salva-Mediaset”, approvato proprio ieri in via definitiva alla Camera col Dl Covid, che di fatto scuda il Biscione - almeno temporaneamente - dagli effetti della sentenza Ue che ha mandato in soffitta la legge Gasparri.
Una decina di giorni fa Gualtieri ha avuto una conversazione telefonica con il ceo di Vivendi, Arnaud de Puyfontaine, chiedendo di astenersi dall’interferire sul progetto di rete unica, l’integrazione tra la rete di Telecom e quella di Open Fiber, ma non è stato possibile conoscere la risposta dei francesi. Il progetto, peraltro, già di per sè, è ancora in altomare.
Della posizione di Enel in Open Fiber e dell’offerta del fondo infrastrutturale Macquarie si è parlato in occasione della presentazione del piano industriale del gigante elettrico martedì. Per la prima volta l’ad Francesco Starace ha ventilato l’ipotesi che la questione, per quanto riguarda l’Enel, possa risolversi in poche settimane. A quanto risulta, proprio i ministri Gualtieri e Patuanelli avevano incontrato i vertici di Enel per anticipare i contenuti della lettera che è stata mandata lunedì, quando si è riunito il consiglio, lettera dove - in parallelo con l’analoga iniziativa agostana su Telecom - si invitava a considerare che il progetto rete unica è cruciale per il Paese. Il 17 dicembre - quando si riunirà ancora il consiglio Enel - sarebbe la data entro la quale prendere una decisione.
Starace ha detto che il prezzo non è più in discussione, ma che ci sono altri dettagli da definire. Macquarie ha messo sul piatto per Open Fiber una valutazione da 7,3 miliardi ( equity più debito), che permetterebbe a Enel di incassare 2,65 miliardi per il suo 50%. La negoziazione con il fondo australiano avrebbe chiarito che questo è da interpretare come un prezzo minimo per Enel, che avrebbe diritto inoltre a una maggiorazione se si concretizzerà la rete unica. Il rischio di esecuzione del progetto, in altre parole, non graverebbe sul venditore che, finanziariamente, farebbe un ottimo affare.
Il progetto prevede che Cdp, che ha l’altro 50% di Open Fiber, salga in maggioranza per guidare l’integrazione e difatti Macquarie si è detto disponibile a rilevare una quota compresa tra il 40% e il 49%. Il problema è che Cdp non vuole e non può pagare il prezzo di Macquarie e che Enel non può e non vuole accettare da una “parte correlata” un prezzo inferiore a quello offerto da Macquarie, visto che oltretutto è una società quotata ad azionariato diffuso. Il nodo del prezzo al quale Cdp dovrebbe rilevare dall’Enel una quota per salire in maggioranza sarà da approfondire nei prossimi giorni tra le due parti che, secondo i patti parasociali stipulati alla nascita di Open Fiber, vantano un diritto di prelazione reciproco sull’intera quota del socio venditore: previsione che, in questo caso, non risolve il problema.
Ma il paradosso è che l’uscita di Enel dal capitale di Open Fiber potrebbe addirittura complicare il cammino della rete unica, nella misura in cui l’offerta di Macquarie scontasse nella valutazione proprio lo scenario di rete unica, contando anche sui clienti di Telecom che quest’ultima non potrebbe riconoscere alla controparte nell’ambito dei concambi di fusione. Un bel grattacapo per Cdp, che ha il piede in due scarpe (ha investito anche in Telecom, di cui ha quasi il 10%), e per il Governo, che conta sulla rete unica per ottenere dalla Ue l’aiuto del Recovery fund.