Alleanza Ue-Usa per definire gli standard globali
Che Stati Uniti e Cina siano lanciati nel duello per la supremazia mondiale non è una novità. Che, da partner corteggiato con gran passione, la Cina da tempo sia diventata per l’Europa il “rivale sistemico” da maneggiare con le molle, nemmeno. E neanche che da quasi vent’anni la Cina occupi il posto del terzo incomodo, e che posto, nei rapporti tra Stati Uniti ed Europa.
Alla vigilia della nuova presidenza Biden alla Casa Bianca, il problema è capire se il triangolo delle risse finirà per consolidarsi nell’instabile baricentro del nuovo ordine mondiale o se invece tra Washington e Pechino scatterà la “coopetion” come la chiamano i cinesi, cioè la cooperazione nella competizione. Oppure se tutto si concluderà con un paso doble tra il blocco euro- americano e il gigante cinese.
Tutte le opzioni sono aperte. Di sicuro in ballo c’è molto di più di commercio ed economia, dello scontro tra liberalismo e protezionismo, democrazie e autocrazia. C’è la futura governance della rivoluzione digitale, di un pianeta in larga parte ancora tutto da scoprire e regolamentare dove le risorse digitali, intelligenza artificiale e dati, diventeranno più decisive di quelle naturali, la geografia delle piattaforme tecnologiche e il loro controllo il discrimine di potenza e, a cascata, del modello di sviluppo e di società di dopodomani.
La Cina di Xi non ha smesso, neanche nel burrascoso quadriennio di Trump, di muovere le sue pedine in giro per il mondo.
In Europa ha da anni la sua quinta colonna nel Gruppo dei 17+ 1, i paesi dell’Est, Balcani e Grecia. Più di recente ha aggiunto il progetto della Via della Seta, una rete di infrastrutture ferroviarie e marittime, di investimenti e shopping di imprese, tecnologiche soprattutto, per un totale di 328 miliardi. Con il suo 5G sta provando a penetrare i sistemi digitali Ue del futuro. Dopo aver diffuso il Covid, cerca di farlo dimenticare inondando l’Europa di forniture sanitarie. Senza cedere però di un millimetro, per ora, sulla reciproca liberalizzazione degli investimenti.
Per dare il benvenuto alla presidenza Biden, Xi ha però preferito giocare la carta dell’Asia. Prima annunciando l’accordo RCEP (Regional ( Regional Comprehensive Economic Partnership) tra i 10 paesi dell’Asean, Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda che insieme fanno un terzo di popolazione e produzione mondiali. E poi ergendosi a campione del liberismo multilaterale al vertice Apec, il foro della cooperazione economica AsiaPacifico: « Non c’è sviluppo senza mercati aperti » .
La strategia cinese è esplicita: occupare in Asia tutti gli spazi lasciati vacanti dagli Stati Uniti di Trump con l’uscita dal Ttp (accordo ( accordo trans- pacifico) e l’assenza dall’Apec, assumere la leadership di un solido blocco economico commerciale asiatico da contrapporre a Europa e Nordamerica, anche nel delicatissimo settore degli standard industriali e tecnologici. Tanto più se la premiére dell’accordo RCEP tra Cina, Giappone e Corea del Sud preludesse a un trattato di libero scambio tra i suoi 3 colossi.
Il guanto di sfida è lanciato. Ed è una sfida globale, economica e tecnologica che cambia passo: da cinese potrebbe farsi asiatica, molto più insidiosa. Ma lo diventerà davvero?
Dipenderà dalla risposta dell’Amministrazione Biden. Il suo cambio di rotta è scontato. Ma il rilancio del multilateralismo non basterà senza il parallelo recupero di alleanze forti in Asia e in Europa.
Covid a parte, né la politica di potenza di Pechino né i suoi valori ne alimentano la popolarità, soprattutto nei paesi vicini. La strada per gli Stati Uniti è però tutta in salita, anche se un’oggettiva convergenza di interessi può favorirne la rimonta.
L’America di Biden e l’Europa oggi hanno molte affinità elettive pur persistendo contrasti di fondo su commercio, difesa, controllo e governo della futura tecnosfera.
L’Europa è in rotta di collisione con gli Stati Uniti su temi centrali come tutela della privacy, sovranità e tassazione digitali, in breve mal tollera la loro leadership rispetto ai propri ritardi. Sa anche però che è più facile intendersi con Biden che con Xi. Se affrontasse la partita cinese con accanto la spalla europea, l’America avrebbe un peso imbattibile a tutela della sua attuale superiorità tecnologica. E da terreno di conquista degli appetiti altrui, l’Europa tornerebbe protagonista del grande gioco in corso.
Democrazia e tecnologia sono gli asset più importanti anche per contenere la Cina