UN VERO PIANO BIPARTISAN SUI FONDI UE
Non è sulla Legge di bilancio che si deve concentrare la ricerca di unità nazionale, ma sulle scelte che ipotecano il futuro e che impegnano l’azione dei governi che si alterneranno alla guida dell’Italia nel prossimo decennio e oltre.
Perché mentre la Legge di bilancio è responsabilità del governo in carica, che la dovrà applicare, le scelte che ipotecano il futuro non possono essere condizionate da interessi politici contingenti e di parte. Stiamo evidentemente parlando del Piano nazionale di ripresa e resilienza, più noto come Recovery plan, cioè dei programmi e progetti che devono essere messi in campo con un finanziamento addizionale, rispetto all'ordinario bilancio pubblico, per circa 209 miliardi, in gran parte a debito.
Unità nazionale sulRecovery sul Recovery plan significa condivisione nel processo di elaborazione, nelle scelte relative alle strutture chiamate a gestirlo tecnicamente e nelle decisioni finali. Il motivo per cui non si può accettare un'altra strada non sta nell’osservazione più o meno polemica sui ritardi di presentazione, ma nel fatto che si tratta di impegnare il Paese su un piano di investimenti strutturali che si dovrà svolgere in un arco di tempo che supera la competenza del governo attuale. Assumiamo che ciò che si sta facendo e che i più in Italia ancora ignorano, compresi molti di coloro che fanno parte delle forze politiche che sorreggono il governo, porti alla pronta elaborazione di piani e progetti coerenti tra loro e ben costruiti. Questi piani verrebbero presentati a Bruxelles e, se ben fatti sulla carta, saranno approvati. Tuttavia, l’implementazione inizierà in gran parte non dal prossimo anno, ma dall’anno successivo e proseguirà almeno fino al 2027, considerando la fase di impegno dei fondi e poi di spesa effettiva. Poi vi sarà la fase in cui si dovranno restituire i prestiti. Ebbene il governo attuale sta impegnando quelli futuri, che potrebbero essere sorretti da maggioranze parlamentari diverse, a meno che l’esecutivo in carica si senta sicuro di restare in sella per i prossimi decenni. Naturalmente è sempre vero che le scelte di un governo hanno conseguenze durature che, quindi, ricadono sui governi successivi. Ma vi sono due fattori fondamentali da considerare per capire che non siamo di fronte a una situazione ordinaria.
Il primo fattore è che parliamo di piani di intervento strutturale sull’economia italiana che tutti ripetono essere di dimensioni senza precedenti e che riguardano investimenti di lungo termine. Il secondo fattore, ed è quello dirimente, è che questi piani per essere credibili dovrebbero essere sorretti dalla garanzia che i governi prossimi rispetteranno gli impegni presi da quello in carica. Ciò sarebbe normale sul piano istituzionale. Ma la pratica, anche molto recente, dice che i nostri governi con grande disinvoltura considerano gli impegni e i contratti, anche internazionali, sottoscritti dai governi precedenti come onorabili a discrezione dei propri orientamenti perché hanno una crescente difficoltà a sentirsi temporanei rappresentanti di uno Stato che ha la sua continuità. Le infinite discussioni su Tap, Tav, Ilva e le continue svolte relative alla maggior parte dei grandi programmi di investimento in opere pubbliche (pensiamo al Ponte di Messina) lo stanno a dimostrare. Tutto ciò ha fatto perdere credibilità all’Italia e si rifletterà sull’accoglienza dei nostri piani. Questo è il motivo per cui è necessario, non solo utile, che tutte le forze politiche mettano oggi la faccia sul Recovery plan. In altri termini, serve trovare su questo piano una “unità nazionale” che dia garanzie per il futuro. E per questo non basta certo un passaggio parlamentare formale con approvazione coatta a maggioranza.
Credo che seguire la strada dell’unità nazionale sul Recovery plan sia conveniente per le forze politiche sia di maggioranza sia di opposizione. Per quelle di opposizione si tratta di assumere oggi responsabilità e impegni da onorare in futuro, nel caso in cui esse si trovassero domani a governare. In tal modo allontanerebbero da sé quelle diffidenze europee che ne minano l’affidabilità anche per una parte, seppur oggi non maggioritaria, degli elettori. Per le forze politiche di maggioranza sarebbe una strada conveniente perché i piani che verranno presentati a Bruxelles acquisirebbero una forza, e una credibilità di attuazione, che l’attuale governo non è in grado di garantire. Perché le carenze tecniche per l’attuazione si possono superare, ma ciò che manca è la garanzia politica di prospettiva. Le forze di maggioranza allontanerebbero da sé anche quella spiacevole sensazione che dietro questo arroccamento sulla gestione solitaria del Next Generation Eu non ci sia solo una difficoltà operativa, ma un progetto di potere che cozza con la finalità di questi programmi e che potrebbe non finire bene.
Se cade la gestione “di parte” del Recovery fund, nel senso della ricerca di un dividendo politico di parte, dividendo che può essere positivo ma anche negativo in caso di insuccesso, emergerebbe l’evidenza che i piani da elaborare hanno di per sé una valenza bi-partisan, poiché la maggior parte delle finalità di ammodernamento della nostra economia sono condivisibili da tutte le parti politiche, e se vi sono opinioni diverse su progetti specifici è bene che emergano subito con trasparenza. Nessuna forza politica verrebbe svantaggiata nei suoi interessi politici, ma si otterrebbe un generale aumento della fiducia dei cittadini nel complesso delle forze politiche, soprattutto se questi piani si traducessero in investimenti selezionati con valutazioni tecniche.
Le soluzioni organizzative per l’immediata attuazione di questo metodo di “unità nazionale” si possono trovare facilmente. In questo giornale, sono state pubblicate di recente alcune proposte sulla governance della complessa operazione che l’Italia ha davanti a sé. Ma la questione non è di organizzazione, o non solo. Quel che non è accettabile è che il Recovery Fund sia affidato a un “cerchio magico”, perché nel futuro ciò non condurrebbe ad alcun risultato positivo perché i cerchi magici sono anche volatili.