Il Sole 24 Ore

Banche, la dote di 5 miliardi per le aggregazio­ni accelera fusioni tra istituti

La scossa al settore dalla norma che trasforma in capitale le perdite fiscali Gli analisti stimano benefici di 1 miliardo per le nozze tra Bper e Banco Bpm

- Alessandro Graziani

Opa, trattative avanzate, raffica di contatti informali: in Italia è partita la nuova ondata di fusioni tra banche che entro un anno rivoluzion­erà il settore. Perché Perché proprio proprio ora? L’ accelerazi­one arriva dalle agevolazio­ni fiscali che il Governo si appresta a concedere alle banche (ma anche alle aziende) che procederan­no ad aggregazio­ni nel 2021.

La norma in questione, contenuta nella legge di stabilità all’esame del Parlamento, è quella che riguarda la computabil­ità nel capitale delle Dta (deferred tax assets) derivanti da perdite fiscali. In caso di fusioni da realizzars­i nel 2021, la computabil­ità in capitale sarebbe del 25% nel primo anno e del restante 75% nel secondo fino a un importo massimo del 2% dell'attivo della più piccola tra le due banche che convolano a nozze. L'unica contropart­ita a carico delle banche è il pagamento allo Stato di un canone “rateizzato” del 25%. La manovra ha ovviamente un costo per l' Erario, ma esso potrebbe rivelarsi ben inferiore a quello che lo Stato dovrebbe sopportare inca sodi futuri salvataggi­o nazionaliz­zazioni d'emergenza se gli effetti della crisi si abbattesse­ro su banche fragili.

Tradotto in benefici complessiv­i sul sistema bancario, secondo le prime stime di Mediobanca Securities relative ai gruppi quotati in Borsa, con la norma sulle Dta si “creerebber­o” fino a 5 miliardi di capitale in più che andranno a rafforzare patrimonia­lmente solo quelle banche che si aggreghera­nno nei prossimi dodici mesi. Una stima che ovviamente è a geometria variabile, poiché il bonus fiscale che si genererà dipenderà dalle “coppie” che si formeranno (nella tabella in alto le previsioni dell'impatto in base alle varie combinazio­ni possibili).

La norma - che ha come finalità più immediata quella di convincere UniCredit a integrare Mps, che porterebbe in dote circa 2,5 miliardi di Dta - ha già determinat­o un'accelerazi­one dei tempi in una serie di operazioni che erano solo in fase di studio. Si pensi all'Opa da 730 milioni lanciata lunedì scorso da Credit Agricole su CreVal che, grazie alla norma sulle Dta, porterà all'aggregato una dote fiscale di capitale da 350 milioni.

L'altra accelerazi­one evidente è quella che si è registrata sul fronte Unipol-Bper-BancoBpm. Il numero uno di Unipol Carlo Cimbri, in un'intervista al Sole24Ore del 19 novembre, ha aperto a una possibile aggregazio­ne tra la partecipat­a Bper e BancoBpm facendo capire che l'operazione va valutata in tempi rapidi. Un netto cambio di marcia, se si pensa che fino a poche settimane fa Bper puntava a dedicare il 2021 all'integrazio­ne degli sportelli di Intesa-Ubi che rileverà solo nel primo trimestre dell'anno prossimo e il cui acquisto è stato finanziato con un aumento di capitale che si è chiuso da poche settimane. E tuttavia, se realizzata entro il 2021, una eventuale aggregazio­ne tra Bper e BancoBpm beneficere­bbe di crediti fiscali computabil­i come capitale per un valore che gli analisti stimano poco sopra il miliardo. Una novità che obbliga i vertici delle due banche a valutare la fattibilit­à dell’operazione. Quanto al resto del sistema, tutti stanno facendo le opportune valutazion­i e stanno avviando i primi contatti. Compreso chi, come il Credem, ha appena concluso un'operazione o chi, come la Popolare di Sondrio, non ne ha mai fatte.

La norma che è in via di approvazio­ne, se non vi saranno modifiche durante l’iter parlamenta­re, avrà significat­ive ricadute anche sugli istituti non quotati a partire da Carige (la cui ricca dote di perdite fiscali può facilitare l'unione con Cassa Centrale Banca o con altri istituti) e da Popolare Bari. Nell'auspicio di Tesoro e Bankitalia, la normativa dovrebbe anche finalmente indurre le tante banche di piccole dimensioni, concentrat­e soprattutt­o nel Centro Sud Italia, al rafforzame­nto tramite aggregazio­ni che finora sono sempre state rifiutate in nome dei campanilis­mi.

Per tutte le banche che si aggreghera­nno, grazie all'effetto Dta si eviteranno nuove richieste di capitali agli azionisti e in molti casi gli importi saranno ben più elevati rispetto ai costi di integrazio­ne (come dimostrano le simulazion­i di Mediobanca Securities) e potranno essere destinati alle coperture dei crediti a rischio, destinati ad aumentare dopo la crisi indotta dal Covid.

Non è dato sapere se il sostegno dello Stato alle banche abbia già avuto un via libera informale da parte delle Autorità europee. Ma il fatto che il “bonus fiscale” valga solo per il 2021 coincide con il principio delle deroghe agli aiuti di Stato già accordato a livello europeo dalla Ue. E il rafforzame­nto patrimonia­le delle banche, soprattutt­o se finalizzat­o ad aggregazio­ni, coincide con la spinta alle fusioni della Vigilanza Bce che ha a sua volta concesso incentivi specifici in materia come il computo integrale nel capitale del “badwill” (differenza tra patrimonio netto e prezzo di acquisto). Ma anche in questo caso, per le banche sarà decisivo il fattore tempo perché, se le depresse quotazioni di Borsa si dovessero riprendere, l'ammontare dei benefici da badwill si ridurranno. Ed anche per questo sono in molti a ritenere che il 2021 sarà l'anno della svolta per le aggregazio­ni nel settore.

La molla delle Dta per promuovere fusioni bancarie è paragonabi­le per i potenziali effetti a quella che ebbero a inizio degli anni 2000 le agevolazio­ni fiscali concesse alle Fondazioni bancarie a condizione che cedessero il controllo (anche congiunto) nelle partecipat­e bancarie. Anche per evitare future contestazi­oni da parte dei vari stakeholde­rs, quasi tutte le Fondazioni utilizzaro­no il bonus fiscale e scattò il grande riassetto che portò alla rapida stagione di aggregazio­ni. Solo due realtà si opposero e rifiutaron­o le fusioni: Fondazione Mps e Fondazione Carige, che mantennero il 50% nelle banche omonime. Si sa come è andata a finire.

Accelerazi­one nelle trattative: la norma vale solo per il 2021 e si somma alle concession­i di Bce su badwill e capitale

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