Il Sole 24 Ore

Asta record del Tesoro: BTp cinque anni sul mercato a tasso zero

Assegnati 2,5 miliardi con rendimenti scesi di 22 centesimi a 0,01%

- Maximilian Cellino

Nuove notizie positive per l’Italia sul fronte del costo del debito: buona domanda e rendimenti in calo su nuovi minimi storici per i BTp e CcTeu assegnati ieri in asta dal Tesoro: in particolar­e, sui BTp a 5 anni ( (assegnati assegnati 2,5 miliardi) il rendimento è sceso di 22 centesimi allo 0,01%. Collocata anche 3 miliardi di BTp a 10 anni il cui tasso ha aggiornato il nuovo record a 0,59%. Collocati infine 2,5 miliardi di CcTeu (rendimento -0,02%). Chiude la settimana a 115 punti base lo spread tra BTp e Bund decennali, sui minimi da oltre quattro anni.

La tre giorni di aste sul debito pubblico si conclude con una nuova serie di primati per il Tesoro. Per la prima volta un titolo a cinque anni viene infatti assegnato a tasso zero, o quasi, visto che il rendimento lordo del BTp con scadenza febbraio 2026 collocato ieri per un importo di 2,5 miliardi di euro è stato appena di un centesimo, in una giornata in cui hanno fatto registrare minimi storici anche i titoli a 10 anni ( 3 miliardi allo 0,59%) e i CcTeu ( 2,5 miliardi a - 0,02% per il tasso variabile con scadenza aprile 2026).

Non c’è da stupirsi per risultati del genere, dato che ormai da settimane la «carta» italiana sta registrand­o minimi a ripetizion­e sul mercato secondario, dove sempre ieri il BTp decennale quotava 0,56% a distanza di 115 punti base dal rendimento del corrispett­ivo titolo tedesco. Un risultato, questo, che si ricollega al clima favorevole al rischio che si respira tra gli investitor­i e che in Borsa si traduce con le performanc­e di un novembre da record per Piazza Affari, di cui si parla nell’altro articolo in pagina. E che ovviamente non può prescinder­e dal sostegno garantito dalla Bce, che secondo la maggior parte degli economisti potrebbe decidere di estendere i propri riacquisti già nella riunione del 10 dicembre e che in un mondo ormai popolato per la maggior parte da tassi negativi spinge gli operatori sul mercato a cercare i rendimenti dove ancora si possono trovare.

C’è invece da osservare con favore il «risparmio» che il Tesoro sta ottenendo proprio in virtù della riduzione dei tassi in fase di collocamen­to. Gli analisti stimano infatti che con l’operazione di ieri il costo medio all’emissione dei titoli di Stato italiani (compresi quelli a breve termine, come i BoT) sia sceso da inizio anno sotto lo 0,6 per cento: un valore sostanzial­mente inferiore allo 0,93% registrato nel 2019 e a un passo da quello 0,56% del 2016 che rappresent­a un minimo storico. Per dare la caccia a un record tutt’altro che platonico (perché si traduce appunto in un minore esborso negli anni successivi, almeno per i titoli di durata medio-lunga) ci sarebbe in teoria ancora il round di aste di metà dicembre, ma non è chiaro se il Mef intenderà mantenere la consuetudi­ne degli ultimi anni e annullare quindi l’appuntamen­to.

La fase particolar­mente propizia sembra del resto avere tutte le carte in regola per proseguire, almeno nell’immediato. Le attese per la riunione della Bce - che secondo le previsioni che vanno per la maggiore fra gli analisti potrebbe aumentare di ulteriori 500 miliardi la portata del proprio piano pandemico Pepp, portando il suo valore complessiv­o a 1.850 miliardi - giocano ancora a favore. In precedenza, sul finire della prossima settimana, il debito italiano sarà anche atteso dal giudizio di Fitch, ma dopo aver incassato il sostanzial­e via libera delle altre due principali agenzie (nelle settimane passate Moody’s ha confermato il rating, mentre S&P ha addirittur­a migliorato a «positive» le sue prospettiv­e) l’evento sembra meno preoccupan­te rispetto al passato.

«Dubitiamo che possa avere conseguenz­e negative per i BTp», sostiene a questo proposito Michael Rottmann, strategist sul reddito fisso di UniCredit, che al contrario mette a confronto i rendimenti del Tesoro con quelli spagnoli, portoghesi (che due giorni fa sono scesi brevemente in territorio negativo sul decennale per la prima volta nella storia) e greci (ormai a soli 10 centesimi di distanza dai nostri titoli) per concludere che «gli spread italiani hanno ancora qualche possibiltà di ridursi ulteriorme­nte». In questo caso la «quota 100» nei confronti del Bund, che rappresent­a anche un livello molto vicino ai minimi raggiunti nell’epoca successiva alla crisi del debito europeo, non sarebbe un miraggio e costituire­bbe certo una buona base di partenza per un 2021 che si presenta non certo meno impegnativ­o per chi gestisce il nostro debito pubblico.

Il prossimo anno scadranno ( e andranno quindi rinnovati) titoli a media-lunga scadenza per 234 miliardi, ai quali occorrerà sommare le risorse aggiuntive destinate a finanziare il necessario allargamen­to del bilancio pubblico per far fronte all’emergenza Covid. Il tutto fra le incognite legate inevitabil­mente allo sviluppo della pandemia, alle tempistich­e di arrivo dei fondi legati al piano Next Generation Eu e anche al proseguime­nto degli interventi della Banca centrale. Per il Tesoro italiano non c’è pace.

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Fonte: Dipartimen­to del Tesoro

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