L’AVVISO DEM AL PREMIER E I RISCHI DEL RIMPASTO
Un successo di Zingaretti. Così lo raccontano nel Pd dicendo che il segretario aveva scommesso molto sul “sì” dell’opposizione allo scostamento di bilancio, che aveva puntato soprattutto a staccare Forza Italia dalla Lega e dalla Meloni ma che alla fine - anche se si sono ricompattati - è stata un’operazione con il segno più. Tra l’altro, fanno notare nel partito, ha trovato l’apprezzamento del Quirinale quel via libera bipartisan non solo perché si realizza la moral suasion presidenziale ma perché il solo voto di Berlusconi avrebbe creato qualche tensione in più nel Governo. In effetti, a sentire chi frequenta Palazzo Chigi e i 5 Stelle, se il Cavaliere avesse rotto con Salvini e votato in solitaria con la maggioranza sarebbe stato interpretato come la prefigurazione di uno schema politico alternativo. Insomma, più danni che benefici.
Ma chi coltiva la stabilità guarda già a gennaio. È dopo la legge di bilancio, infatti, che si riaprirà il tormentone del rimpasto e per una ragione ovvia: i principali esponenti dei partiti sanno che non c’è il voto anticipato e quindi mettere sul tavolo un ricambio nella squadra non produrrebbe il rischio più temuto di andare a elezioni. Sulla necessità di new entry nel Conte II si sarebbe convinto anche Zingaretti al quale, però, resterebbero dei dubbi. E cioè che aprire un tavolo in cui soddisfare gli appetiti di tanti è come infilarsi in un labirinto in cui sai come entri ma non sai come e se ne uscirai. Un tema delicato in casa Pd e nei 5 Stelle, più facile per Renzi che ha in Italia Viva il suo partito personale. Uno dei rumors più diffusi è quello che vede come vicepremier Andrea Orlando per arginare il potere di Conte. Il nome del vice-segretario è il più gettonato riconoscendo all’ex ministro della Giustizia la capacità di muoversi tra i dossier più complicati come sono le prossime nomine o la gestione della cabina di regia del Recovery.
Per ora si stanno solo preparando le mosse visto che la sessione di bilancio richiede il passo felpato e non un affondo sulle poltrone ma non è detto che a gennaio vada tutto in porto. Le preoccupazioni di non saper gestire un rimpasto sono forti e i prudenti – tra questi raccontano ci siano Franceschini e Guerini – stanno crescendo. Di vero c’è che Zingaretti sta chiedendo a Conte un cambio di passo e più decisioni sulla linea del Pd: questo anche per togliere argomenti a chi preme per entrare in squadra. Ma il premier finora non lo ha aiutato. Ha invece tirato un sospiro di sollievo nel vedere che tutta l’opposizione - non solo Forza Italia - ha votato lo scostamento di bilancio. A gennaio ce ne sarà un altro e ben più consistente – di circa 20 miliardi – e li si vedrà se tiene il “sì” del centrodestra. A Salvini, infatti, non è andato giù di essersi dovuto allineare al Cavaliere - dopo aver aperto le ostilità accogliendo tre deputati forzisti nella Lega - e soprattutto si guarda già a come muoversi sul voto del 9 dicembre sul Fondo Salva-Stati che al momento spacca entrambi gli schieramenti. Finora sono queste divisioni speculari, che non producono nuove maggioranze, ad aiutare la tenuta di Conte.