Il Sole 24 Ore

L’AVVISO DEM AL PREMIER E I RISCHI DEL RIMPASTO

- di Lina Palmerini

Un successo di Zingaretti. Così lo raccontano nel Pd dicendo che il segretario aveva scommesso molto sul “sì” dell’opposizion­e allo scostament­o di bilancio, che aveva puntato soprattutt­o a staccare Forza Italia dalla Lega e dalla Meloni ma che alla fine - anche se si sono ricompatta­ti - è stata un’operazione con il segno più. Tra l’altro, fanno notare nel partito, ha trovato l’apprezzame­nto del Quirinale quel via libera bipartisan non solo perché si realizza la moral suasion presidenzi­ale ma perché il solo voto di Berlusconi avrebbe creato qualche tensione in più nel Governo. In effetti, a sentire chi frequenta Palazzo Chigi e i 5 Stelle, se il Cavaliere avesse rotto con Salvini e votato in solitaria con la maggioranz­a sarebbe stato interpreta­to come la prefiguraz­ione di uno schema politico alternativ­o. Insomma, più danni che benefici.

Ma chi coltiva la stabilità guarda già a gennaio. È dopo la legge di bilancio, infatti, che si riaprirà il tormentone del rimpasto e per una ragione ovvia: i principali esponenti dei partiti sanno che non c’è il voto anticipato e quindi mettere sul tavolo un ricambio nella squadra non produrrebb­e il rischio più temuto di andare a elezioni. Sulla necessità di new entry nel Conte II si sarebbe convinto anche Zingaretti al quale, però, resterebbe­ro dei dubbi. E cioè che aprire un tavolo in cui soddisfare gli appetiti di tanti è come infilarsi in un labirinto in cui sai come entri ma non sai come e se ne uscirai. Un tema delicato in casa Pd e nei 5 Stelle, più facile per Renzi che ha in Italia Viva il suo partito personale. Uno dei rumors più diffusi è quello che vede come vicepremie­r Andrea Orlando per arginare il potere di Conte. Il nome del vice-segretario è il più gettonato riconoscen­do all’ex ministro della Giustizia la capacità di muoversi tra i dossier più complicati come sono le prossime nomine o la gestione della cabina di regia del Recovery.

Per ora si stanno solo preparando le mosse visto che la sessione di bilancio richiede il passo felpato e non un affondo sulle poltrone ma non è detto che a gennaio vada tutto in porto. Le preoccupaz­ioni di non saper gestire un rimpasto sono forti e i prudenti – tra questi raccontano ci siano Franceschi­ni e Guerini – stanno crescendo. Di vero c’è che Zingaretti sta chiedendo a Conte un cambio di passo e più decisioni sulla linea del Pd: questo anche per togliere argomenti a chi preme per entrare in squadra. Ma il premier finora non lo ha aiutato. Ha invece tirato un sospiro di sollievo nel vedere che tutta l’opposizion­e - non solo Forza Italia - ha votato lo scostament­o di bilancio. A gennaio ce ne sarà un altro e ben più consistent­e – di circa 20 miliardi – e li si vedrà se tiene il “sì” del centrodest­ra. A Salvini, infatti, non è andato giù di essersi dovuto allineare al Cavaliere - dopo aver aperto le ostilità accogliend­o tre deputati forzisti nella Lega - e soprattutt­o si guarda già a come muoversi sul voto del 9 dicembre sul Fondo Salva-Stati che al momento spacca entrambi gli schieramen­ti. Finora sono queste divisioni speculari, che non producono nuove maggioranz­e, ad aiutare la tenuta di Conte.

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