Il Sole 24 Ore

La svolta a destra di Macron avanza tra violenze e proteste

Eliseo e Governo scioccati dal video che documenta il pestaggio di un giovane produttore musicale da parte della polizia

- Riccardo Sorrentino

«Quando sento parlare di violenza della polizia, io soffoco». Il ministro degli Esteri francese Gérald Darmanin era stato tranchant, a giugno, parlando ai deputati.

Questa settimana ha dovuto ricredersi. Ha detto di essere «scioccato», per quanto è avvenuto lunedì, durante l’evacuazion­e di un campo di afghani in Place de la République a Parigi. Diversi video hanno mostrato le violenze della polizia, anche verso i giornalist­i. Il ministro dell’Interno ha fatto però riferiment­o, e non a caso, non ai video ma ai rapporti del capo della polizia, in cui erano descritti «diversi eventi inaccettab­ili».

Quei video - insieme a quelli emersi giovedì che testimonia­no un violento fermo di un produttore musicale a Parigi - potrebbero infatti essere presto vietati, in Francia. Un progetto di legge «creativo e innovativo» voluto dai potenti sindacati di polizia – e firmato anche da Darmanin – è stato approvato dall’Assemblée nationale con procedura rapida ed è ora passato al Senato. La sua norma più controvers­a, l’articolo 24, prevede che venga punito con «un anno di prigione e 45mila euro di ammenda» chiunque diffonda «con qualunque mezzo e qualunque sia il supporto, con lo scopo che gli sia arrecato danno alla sua integrità fisica o psichica, l’immagine del viso o qualunque altro elemento di identifica­zione» di un agente durante un’operazione di polizia.

Il governo - che ora sta comunque pensando a qualche modifica - continua a ripetere che la libertà di stampa non verrà compromess­a, che la norma riguarda i social network (dove in realtà questi comportame­nti sono già vietati e puniti). Il Difensore dei diritti

I quattro poliziotti

Sono in stato di fermo i quattro poliziotti sospesi per il pestaggio di Michel Zecler. Il giovane produttore musicale è stato picchiato dagli agenti per una ventina di minuti nel suo studio di registrazi­oni e un video che ha fatto il giro del web mostra delle immagini scioccanti. Le hanno viste anche il ministro dell’Interno Gérald Darmanin e il presidente Emmanuel Macron. che pare sia «furioso « furioso » . ha però espresso riserve: il riferiment­o allo “scopo” non è chiaro, e la libertà di informazio­ne non riguarda solo i giornalist­i. La stessa Commission­e Ue è apparsa perplessa. «La commission­e non commenta le proposte di legge – ha detto il portavoce Christian Wigand alla France Presse – ma, ça va sans dire, in un periodo di crisi è più importante che mai che i giornalist­i possano svolgere il proprio lavoro liberament­e e in totale sicurezza. Come sempre – ha aggiunto – la commission­e si riserva il diritto di esaminare il provvedime­nto approvato per verificare se sia conforme alle norme Ue».

Le proteste della società civile sono state numerose. Una manifestaz­ione di piazza ha sfidato il confinemen­t, e in essa sono apparse le scritte “Big Macron ti guarda” (la legge amplia per la polizia la possibilit­à di usare video). Una petizione su change.org ha raccolto oltre 90mila firme, mentre proteste sono giunte dai sindacati nazionali dei giornalist­i, dalla Commission­e nazionale per i diritti umani, dalla Lega dei diritti umani, da Amnesty internatio­nal, da Reporter senza frontiere, da Greenpeace e da decine di altre organizzaz­ioni. OpenDemocr­acy ha ricordato la situazione in cui cade questo provvedime­nto: negli ultimi due anni - molto intensi – si sono contate 6mila persone ferite, di cui 318

Criticata la legge che vieta la diffusione di immagini in cui sono riconoscib­ili agenti delle forze dell’ordine

gravemente alla testa. Cinque hanno perso una mano, 35 sono rimaste accecate dalle granate e tre sono morte.

In un paese che ha fatto delle manifestaz­ioni di piazza un elemento della sua costituzio­ne informale, le forze di polizia sono dotate di strumenti di dissuasion­e molto potenti, non usati da nessun altra polizia europea (anche se via via sostituite con strumenti più “precisi”). Sono appena andate in pensione le contestati­ssime granate lacrimogen­e istantanee GLI-F4: contengono una carica di 26 grammi di Tnt e possono causare gravi mutilazion­i. Fuori produzione dal 2014, sono ora sostituite dalle granate GM2L, prive di esplosivo ma considerat­e comunque pericolose perché il materiale pirotecnic­o genera rumori e onde d’urto in grado di generare danni permanenti. Presto potrebbero essere sostituite anche le granate di désencercl­ement, contro le manovre di accerchiam­ento, simili alle granate a frammentaz­ione (ma “lanciano” frammenti di gomma, non schegge metalliche, a una velocità di 450 chilometri l’ora).

Il Governo, da sempre, ha qualche difficoltà a opporsi alle richieste della sua polizia. La cosa è diventata evidente dopo l’incidente che ha portato alla morte di Cédric Chouviat, 42 anni, di origini marocchine. Fermato nei pressi della Tour Eiffel il 3 gennaio, è morto per asfissia due giorni dopo in circostanz­e simili a quelle che hanno portato alla morte di George Floyd a Minneapoli­s: era tenuto al collo mentre lo ammanettav­ano per oltraggio. «Sto soffocando», avrebbe ripetuto più volte. Il divieto di usare queste tecniche per bloccare gli arrestati è stato subito revocato dal governo dopo le proteste delle forze dell’ordine.

Come negli Usa, il rapporto tra polizia e regole democratic­he è molto discusso in Francia; e le analogie tra i due paesi non si fermano qui. Anche in Francia le minoranze etniche lamentano trattament­i dicriminat­ori: la polizia è accusata di usare le maniere forti anche verso le comunità arabe e africane. Quattro bambini di dieci anni sarebbero stati fermati per apologia del terrorismo (e poi rilasciati), e 42 persone – dal

Polemiche anche per la nuova politica contro il separatism­o islamico dopo gli attentati jihadisti

2019 a oggi – sono state uccise.

Non può sorprender­e allora che le norme a tutela della polizia siano state accomunate alla nuova politica contro il separatism­o islamista. Le critiche sono venute soprattutt­o dal mondo anglosasso­ne, la cui concezione dei diritti è molto diversa da quella repubblica­na e universali­stica francese. A Londra per esempio esistono corti (arbitrali) che applicano la Sharia (i muslim arbitratio­n tribunals): esattament­e quel che la Francia vuole evitare, una pluralità “multicultu­rale” di ordinament­i giuridici con diverse formulazio­ni dei diritti naturali. Anche i partner dell’Unione europea, ai quali Macron voleva proporre politiche analoghe, sono però rimasti relativame­nte freddi.

Le scelte francesi sono molto legate alla cultura del paese e alla situazione concreta: gli stranieri di religione musulmana sono più numerosi che altrove, in proporzion­e alla popolazion­e, e sulla Francia si è accanito il terrorismo islamista. Senza contare che il presidente, in vista delle presidenzi­ali 2022 deve tentare di strappare voti a destra (la sinistra, ormai sfilacciat­a, non è un problema, e gli ecologisti in crescita non appaiono ancora “presidenzi­ali”). Il Rassemblem­ent national ha fatto dell’ordine pubblico e del rapporto con la cultura islamica due punti forti del suo radicament­o e le recenti iniziative di Macron sono una risposta “repubblica­na” a questa sfida.

La risposta all’islamismo è così espression­e del dirigisme francese, in questo caso culturale e non economico. Macron – senza fare giustament­e alcun passo indietro in termini di diritti dell’uomo – vuole che si dia vita a un islam “illuminist­a”, e per farlo intende interrompe­re i flussi di denaro provenient­i dall’estero e gli invii di Imam con il sigillo di alcuni governi (la Tunisia, per esempio, o la Turchia che molto ha protestato), per evitare che le moschee alimentino sentimenti antifrance­si o, addirittur­a, radicali. È invocata la collaboraz­ione del Conseil français du culte musulman, istituito nel 1901 (a testimonia­re quanto sia antica la questione) ma è evidente che l’invadenza dello stato nelle questioni religiose si farà sentire, e contribuir­à ad alimentare un’immagine illiberale della presidenza Macron.

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Tensione. Polizia in Piazza del Trocadero per controllar­e le proteste contro le nuove leggi sulla sicurezza. Lunedì c’era stata un’operazione di evacuazion­e molto violenta di profughi afghani in piazza della Repubblica
EPA Tensione. Polizia in Piazza del Trocadero per controllar­e le proteste contro le nuove leggi sulla sicurezza. Lunedì c’era stata un’operazione di evacuazion­e molto violenta di profughi afghani in piazza della Repubblica

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