La svolta a destra di Macron avanza tra violenze e proteste
Eliseo e Governo scioccati dal video che documenta il pestaggio di un giovane produttore musicale da parte della polizia
«Quando sento parlare di violenza della polizia, io soffoco». Il ministro degli Esteri francese Gérald Darmanin era stato tranchant, a giugno, parlando ai deputati.
Questa settimana ha dovuto ricredersi. Ha detto di essere «scioccato», per quanto è avvenuto lunedì, durante l’evacuazione di un campo di afghani in Place de la République a Parigi. Diversi video hanno mostrato le violenze della polizia, anche verso i giornalisti. Il ministro dell’Interno ha fatto però riferimento, e non a caso, non ai video ma ai rapporti del capo della polizia, in cui erano descritti «diversi eventi inaccettabili».
Quei video - insieme a quelli emersi giovedì che testimoniano un violento fermo di un produttore musicale a Parigi - potrebbero infatti essere presto vietati, in Francia. Un progetto di legge «creativo e innovativo» voluto dai potenti sindacati di polizia – e firmato anche da Darmanin – è stato approvato dall’Assemblée nationale con procedura rapida ed è ora passato al Senato. La sua norma più controversa, l’articolo 24, prevede che venga punito con «un anno di prigione e 45mila euro di ammenda» chiunque diffonda «con qualunque mezzo e qualunque sia il supporto, con lo scopo che gli sia arrecato danno alla sua integrità fisica o psichica, l’immagine del viso o qualunque altro elemento di identificazione» di un agente durante un’operazione di polizia.
Il governo - che ora sta comunque pensando a qualche modifica - continua a ripetere che la libertà di stampa non verrà compromessa, che la norma riguarda i social network (dove in realtà questi comportamenti sono già vietati e puniti). Il Difensore dei diritti
I quattro poliziotti
Sono in stato di fermo i quattro poliziotti sospesi per il pestaggio di Michel Zecler. Il giovane produttore musicale è stato picchiato dagli agenti per una ventina di minuti nel suo studio di registrazioni e un video che ha fatto il giro del web mostra delle immagini scioccanti. Le hanno viste anche il ministro dell’Interno Gérald Darmanin e il presidente Emmanuel Macron. che pare sia «furioso « furioso » . ha però espresso riserve: il riferimento allo “scopo” non è chiaro, e la libertà di informazione non riguarda solo i giornalisti. La stessa Commissione Ue è apparsa perplessa. «La commissione non commenta le proposte di legge – ha detto il portavoce Christian Wigand alla France Presse – ma, ça va sans dire, in un periodo di crisi è più importante che mai che i giornalisti possano svolgere il proprio lavoro liberamente e in totale sicurezza. Come sempre – ha aggiunto – la commissione si riserva il diritto di esaminare il provvedimento approvato per verificare se sia conforme alle norme Ue».
Le proteste della società civile sono state numerose. Una manifestazione di piazza ha sfidato il confinement, e in essa sono apparse le scritte “Big Macron ti guarda” (la legge amplia per la polizia la possibilità di usare video). Una petizione su change.org ha raccolto oltre 90mila firme, mentre proteste sono giunte dai sindacati nazionali dei giornalisti, dalla Commissione nazionale per i diritti umani, dalla Lega dei diritti umani, da Amnesty international, da Reporter senza frontiere, da Greenpeace e da decine di altre organizzazioni. OpenDemocracy ha ricordato la situazione in cui cade questo provvedimento: negli ultimi due anni - molto intensi – si sono contate 6mila persone ferite, di cui 318
Criticata la legge che vieta la diffusione di immagini in cui sono riconoscibili agenti delle forze dell’ordine
gravemente alla testa. Cinque hanno perso una mano, 35 sono rimaste accecate dalle granate e tre sono morte.
In un paese che ha fatto delle manifestazioni di piazza un elemento della sua costituzione informale, le forze di polizia sono dotate di strumenti di dissuasione molto potenti, non usati da nessun altra polizia europea (anche se via via sostituite con strumenti più “precisi”). Sono appena andate in pensione le contestatissime granate lacrimogene istantanee GLI-F4: contengono una carica di 26 grammi di Tnt e possono causare gravi mutilazioni. Fuori produzione dal 2014, sono ora sostituite dalle granate GM2L, prive di esplosivo ma considerate comunque pericolose perché il materiale pirotecnico genera rumori e onde d’urto in grado di generare danni permanenti. Presto potrebbero essere sostituite anche le granate di désencerclement, contro le manovre di accerchiamento, simili alle granate a frammentazione (ma “lanciano” frammenti di gomma, non schegge metalliche, a una velocità di 450 chilometri l’ora).
Il Governo, da sempre, ha qualche difficoltà a opporsi alle richieste della sua polizia. La cosa è diventata evidente dopo l’incidente che ha portato alla morte di Cédric Chouviat, 42 anni, di origini marocchine. Fermato nei pressi della Tour Eiffel il 3 gennaio, è morto per asfissia due giorni dopo in circostanze simili a quelle che hanno portato alla morte di George Floyd a Minneapolis: era tenuto al collo mentre lo ammanettavano per oltraggio. «Sto soffocando», avrebbe ripetuto più volte. Il divieto di usare queste tecniche per bloccare gli arrestati è stato subito revocato dal governo dopo le proteste delle forze dell’ordine.
Come negli Usa, il rapporto tra polizia e regole democratiche è molto discusso in Francia; e le analogie tra i due paesi non si fermano qui. Anche in Francia le minoranze etniche lamentano trattamenti dicriminatori: la polizia è accusata di usare le maniere forti anche verso le comunità arabe e africane. Quattro bambini di dieci anni sarebbero stati fermati per apologia del terrorismo (e poi rilasciati), e 42 persone – dal
Polemiche anche per la nuova politica contro il separatismo islamico dopo gli attentati jihadisti
2019 a oggi – sono state uccise.
Non può sorprendere allora che le norme a tutela della polizia siano state accomunate alla nuova politica contro il separatismo islamista. Le critiche sono venute soprattutto dal mondo anglosassone, la cui concezione dei diritti è molto diversa da quella repubblicana e universalistica francese. A Londra per esempio esistono corti (arbitrali) che applicano la Sharia (i muslim arbitration tribunals): esattamente quel che la Francia vuole evitare, una pluralità “multiculturale” di ordinamenti giuridici con diverse formulazioni dei diritti naturali. Anche i partner dell’Unione europea, ai quali Macron voleva proporre politiche analoghe, sono però rimasti relativamente freddi.
Le scelte francesi sono molto legate alla cultura del paese e alla situazione concreta: gli stranieri di religione musulmana sono più numerosi che altrove, in proporzione alla popolazione, e sulla Francia si è accanito il terrorismo islamista. Senza contare che il presidente, in vista delle presidenziali 2022 deve tentare di strappare voti a destra (la sinistra, ormai sfilacciata, non è un problema, e gli ecologisti in crescita non appaiono ancora “presidenziali”). Il Rassemblement national ha fatto dell’ordine pubblico e del rapporto con la cultura islamica due punti forti del suo radicamento e le recenti iniziative di Macron sono una risposta “repubblicana” a questa sfida.
La risposta all’islamismo è così espressione del dirigisme francese, in questo caso culturale e non economico. Macron – senza fare giustamente alcun passo indietro in termini di diritti dell’uomo – vuole che si dia vita a un islam “illuminista”, e per farlo intende interrompere i flussi di denaro provenienti dall’estero e gli invii di Imam con il sigillo di alcuni governi (la Tunisia, per esempio, o la Turchia che molto ha protestato), per evitare che le moschee alimentino sentimenti antifrancesi o, addirittura, radicali. È invocata la collaborazione del Conseil français du culte musulman, istituito nel 1901 (a testimoniare quanto sia antica la questione) ma è evidente che l’invadenza dello stato nelle questioni religiose si farà sentire, e contribuirà ad alimentare un’immagine illiberale della presidenza Macron.