La tendenza al risparmio raddoppia a quota 20% del reddito disponibile
A febbraio la propensione all'accumulo di famiglie e imprese era all’11,8%
Drastica accelerazione del risparmio di famiglie e imprese italiane: secondo una ricerca Intesa-Centro Einaudi, la propensione al risparmio è balzata dall'11,8% del reddito disponile in febbraio al 20%. Un livello senza precedenti: la giacenza sui conti corrente dei privati a settembre era di 126 miliardi superiore a 12 mesi prima.
Nei portafogli degli italiani poche azioni: questo riduce il sostegno del risparmio alle aziende
L’impossibilità di spendere il denaro a causa del blocco prolungato delle attività, ma anche l’inquietudine per una situazione economica a rischio di rapido deterioramento e la conseguente maggior incertezza per il futuro. Non servono in fondo molte altre spiegazioni per comprendere come l’atteggiamento degli italiani nei confronti del risparmio e le loro scelte finanziarie siano drammaticamente mutate nell’anno caratterizzato dalla pandemia. La conferma arriva dall ’«Indagine sul Risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2020», realizzata da Intesa Sanpaolo con la collaborazione del Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi, che Il Sole 24 Ore è in grado di anticipare.
Il rapporto indica infatti come la propensione al risparmio degli italiani sia improvvisamente balzata dall’11,8% del reddito disponile rilevato lo scorso mese di febbraio, prima che il virus facesse materialmente irruzione sul territorio nazionale, fino al 20% attuale. Si tratta di un livello che non ha precedenti nella storia recente e che si rispecchia nella crescita delle giacenze sui conti corrente attivi nel nostro Paese, il cui ammontare complessivo nelle mani dei privati risultava a fine agosto di ben 117 miliardi di euro superiore rispetto a 12 mesi prima (se si considerano anche i dati di settembre, che hanno confermato la tendenza, si arriva a 126 miliardi) nonostante una riduzione del Pil che dovrebbe essere valutata di circa 168 miliardi (122 miliardi d dei ei quali già g ià accertati nei primi nono - ve mesi dell’anno).
Per quanto macroscopico, il processo di accelerazione del risparmio di famiglie e imprese italiane va analizzato con attenzione, a partire dalle sue diverse componenti. «Una parte rilevante di questa liquidità è stata accantonata in modo forzato, perché l’avvento della pandemia ha per molti mesi reso materialmente impossibili gli acquisti e gli investimenti dei privati», spiega Gregorio De Felice, capo economista di Intesa Sanpaolo, facendo notare come a sua volta «questa enorme massa di risparmio possa dare una forte spinta ai consumi nel momento in cui le restrizioni e la pandemia saranno superate e si potrà tornare alle vecchie abitudini di spesa, anzi è probabile un effetto rimbalzo importante già nel primo trimestre 2021». L’effetto trainante per l’intera economia italiana rischia di essere in questo caso davvero rilevante poiché, come rileva la stessa indagine, «se nel 2021 i due terzi di questa riserva supplementare fossero rimessi in gioco, potrebbero triplicare la capacità di attivazione della ripresa innescata dal primo anno del Recovery Fund».
La componente di risparmio derivante da una scelta di carattere spiccatamente precauzionale appare invece potenzialmente più difficile da intaccare, anche perché strutturale e tendenzialmente in crescita già negli anni precedenti. «Prima della pandemia - ricorda Giuseppe Russo, direttore del Centro Einaudi e curatore del rapporto - il tasso di risparmio italiano era era già già passato negli ultimi quindici anni dal 7,3% all’11,8 per cento». Il fenomeno riflette del resto da una parte il cambiamento delle motivazioni stesse che spingono a mettere da parte il denaro: «Non si risparmia più solo per l’incertezza o per pagare l’anticipo di una casa nuova, bisogna anche assicurare i nuovi bisogni della terza età e fornire supporto ai figli», avverte Russo. Dall’altra tende inoltre a riallineare l’Italia ai comportamenti prevalenti in Europa.
Qualunque sia la quota di risparmi «liberata» dalle famiglie italiane, una volta messa alle spalle la difficile esperienza Covid-19, resta l’incognita sulla direzione che prenderà il denaro al di là della componente destinata inevitabilmente ai consumi, necessari o voluttuari che siano. Sul tema degli investimenti qualcosa si può intuire dalle indicazioni contenute nella stessa indagine Intesa Sanpaolo-Centro Einaudi, quando l’attenzione si sofferma sugli obiettivi di investimento: la prima ragione indicata dal campione intervistato dalla Doxa resta senza mezzi termini la sicurezza (59,2%), seguita dalla liquidità (36,7%), mentre ottenere un rendimento di lungo termine attrae a malapena un quarto (26%) dei risparmiatori.
Dati che, messi insieme, confermano quanto l’avversione al rischio sia ancora prevalente fra gli italiani, anche a costo di sacrificare il rendimento. E che si riflettono a loro volta sulla composizione dei portafogli dei risparmiatori, dove è sempre la parte in obbligazioni a prevalere, nonostante i rendimenti minimi dei titoli e pur con una percentuale in calo al 21,6% dal 23,5% dell’anno p precedente, recedente, seguita dal dal risparmio gestito (a sua volta in crescita al 17,3% dal 15,7%).
Ciò che manca all’appello sono in generale le azioni, che dal canto loro( quando emesse da società italiane) metterebbero in contatto l’enorme risparmio dei privati con il mondo produttivo nazionale alla perenne ricerca di risorse. «Occorre un grande processo di educazione finanziaria per far capire come l’investimento limitato in azioni sia penalizzante nel lungo termine, ma rappresenti anche un controsenso per un Paese che può contare su una delle maggiori quote di ricchezza finanziaria in percentuale», osserva De Felice, con un ragionamento che non risparmia però anche le stesse imprese: «Poche sono ancora quelle quotate sui mercati - aggiunge - a maggior ragione se si pensa che siamo il secondo Paese manifatturiero in Europa». Più che da demonizzare, la tendenza degli italiani a eccedere nel risparmio sarebbe soprattutto da comprendere nelle sue ragioni profonde, così da indirizzar el ali liquidità in modo più produttivo per tutti.
21,6 PERCENTUALE IN BOND Nei portafogli dei risparmiatori la componente in obbligazioni prevale nonostante i tassi a zero: 21,6%. Risparmio gestito al 17,3%, dal 15,7% di un anno fa