Dl Ristori, stop tasse generale anche nelle ex regioni rosse
In Lombardia, Piemonte e Calabria rinvii ad aprile anche senza perdite Nelle altre aree doppio set di parametri da valutare per novembre e dicembre
Con un correttivo in extremis, il Dl Ristori-quater sospende fino ad aprile le tasse di novembre e dicembre a tutte le imprese colpite direttamente dalle restrizioni antiCovid anche nelle Regioni non più rosse da domenica, cioè Piemonte, Lombardia e Calabria. Per gli altri: mini-proroga generale al 10 dicembre e rinvio ad aprile per chi ha perso più del 33% del fatturato, con volume d’affari fino a 50 milioni. Doppi parametri per acconti e Iva.
Dietrofront del governo all’ultimo secondo sul rischio beffa per le regioni ex rosse denunciato dal Sole 24 Ore di domenica scorsa. Il rinvio lungo per tutti delle tasse di novembre e dicembre, a prescindere dall’andamento del fatturato e a patto di rientrare nell’elenco dei settori tutelati (dettagliato dalla lista dei codici Ateco allegati ai decreti ristori) , si applicherà infatti anche alle imprese nelle Regioni che hanno perso il colore rosso con l’ordinanza del ministero della Salute entrata in vigore il 29 novembre. Si tratta, in pratica, di Piemonte, Lombardia e Calabria. Che mantengono il rinvio generalizzato perché la norma, nella sua versione finale, fotografa la situazione al 26 novembre.
Il cambio di rotta ha preso forma solo nel tardo pomeriggio di ieri, dopo l’ennesima giornata di lavoro sulla bollinatura del testo per l’invio alla Gazzetta Ufficiale. E proprio un problema di conti, all’interno di un decreto che già aveva utilizzato ogni millimetro degli spazi di bilancio a disposizione, ha allungato i tempi del correttivo.
Prende forma così la versione finale della complessa architettura dei parametri fra cui partite Iva e imprese fino a 50 milioni di volume d’affari 2019 dovranno districarsi insieme ai loro consulenti per costruire la propria sorte fiscale. Per farlo, avranno tempo fino al 10 dicembre sfruttando il minirinvio generalizzato deciso dal governo proprio per dare il tempo di familiarizzare con le nuove regole a tutti. O, meglio, a quanti non hanno deciso di pagare comunque vista l’incertezza della viglia contrastata solo dall’ennesimo «comunicato-legge» diffuso venerdì pomeriggio dal ministero dell’Economia.
Il problema più spinoso riguardava appunto le zone le Regioni che domenica scorsa hanno perso il loro colore rosso o arancione. Perché nelle zone a più alto rischio epidemiologico il provvedimento prevede un rinvio ad aprile delle scadenze di novembre e dicembre per tutte le imprese e gli autonomi che rientrano nel lungo elenco di codici Ateco danneggiati direttamente dalle misure restrittive anti-pandemia. A prescindere dall’andamento del fatturato.
Questo stop generalizzato, quindi, nel testo finale vale per Valle d’Aosta, Provincia di Bolzano, Toscana, Abruzzo e Campania, oggi rosse, ma anche per Piemonte, Lombardia e Calabria che avevano quel colore fino alla mezzanotte di sabato.
Le altre aree imprese rientrano invece nelle regole generali, che apparecchiano un doppio set di parametri per misurare la perdita di fatturato sulla base della quale si ha diritto alla proroga ad aprile.
Per gli acconti Irpef, Ires e Irap di novembre, il calo di almeno il 33% che stoppa le tasse si calcola sul primo semestre del 2020, messo a confronto con lo stesso periodo dell’anno scorso. Una base di calcolo ampia, che risente senza dubbio del lockdown primaverile e che quindi potrebbe far scattare comunque in molti casi la proroga. Ampia ma scollegata dalle restrizioni autunnali, da cui nasce la parata dei decreti Ristori.
Per le tasse di dicembre, scandite dalle due scadenze del 16 (Iva, ritenute e contributi) e del 27 (acconto annuale Iva) il quadro cambia. La perdita da registrare per non pagare subito le tasse è sempre del 33%, ma calcolata nel confronto fra il novembre di quest’anno e quello del 2019. Un parametro più stretto, e più connesso con l’attualità delle limitazioni anti-contagio.
Le tasse non sono cancellate. Ma rinviate ad aprile. E per provare a evitare di tradurre tutta l’operazione in un’enorme partita di giro, gli incassi fiscali e contributivi che arriveranno tra il 10 dicembre e la primavera prossima serviranno a finanziare un fondo chiamato a dare un’altra tornata di aiuti. Che potranno anche avere la forma di cancellazione definitiva del debito fiscale o contributivo. Anche in quel caso, l’intervento sarà riservato a chi ha subito più perdite nella crisi: secondo un nuovo insieme di parametri che saranno definiti da un decreto di Palazzo Chigi, su proposta del ministero dell’Economia e dello Sviluppo economico, da sottoporre in sette giorni al parere delle Camere.
Per il resto, il provvedimento definitivo conferma l’impostazione «omnibus» emersa nei giorni scorsi. Nel pacchetto, oltre al rinvio al 10 dicembre delle dichiarazioni dei redditi e al 1° marzo delle rate di rottamazione e saldo e stralcio in scadenza il 10 dicembre, entrano un nuovo round di indennità per gli stagionali di turismo, spettacolo, cultura e sport.
Una norma entrata in extremis fissa al 31 marzo le elezioni suppletive per i seggi di Camera e Senato dichiarati vacanti entro la fine di quest’anno.
In attesa del nuovo decreto del presidente del consiglio che dovrà rivedere l’assetto delle retrizioni contro la pandemia il governo ridefinisce i criteri di permanenza dei diversi territori nelle fasce di rischio. In pratica, l’obiettivo è quello di evitare per legge un doppio salto che potrebbe trasformare in un colpo solo in gialla una regione rossa. Per scendere di uno scalino, passando per esempio dal rosso all’arancione, occorre registrare per 14 giorni dati in linea con il livello di rischio inferiore, appunto arancione. Dopo di che, e qui interviene la novità, serviranno altri 14 giorni prima di scendere ulteriormente al giallo. A meno che il ministero della Salute, con propria ordinanza, decida di accorciare i tempi.