Il Sole 24 Ore

Sul bonus ricerca scattano i vincoli alle multinazio­nali

L’allarme di Airi: senza correzione in Parlamento stop agli investimen­ti

- C. Fo.

Minacciano in blocco di chiudere i rubinetti degli investimen­ti in Italia. Le multinazio­nali rappresent­ate da Airi, associazio­ne italiana per la ricerca industrial­e, contestano le nuove regole del credito d’imposta per ricerca, innovazion­e e design, che giudicano in sostanza discrimina­torie. Con poche parole aggiunte all'articolo 185, il disegno di legge di bilancio di fatto taglia fuori dal beneficio le società italiane, giuridicam­ente distinte dalla capogruppo straniera, che operano sul territorio italiano con una propria struttura di ricerca e sviluppo. Al contrario restano ammesse al beneficio le stabili organizzaz­ioni presenti in Italia di un soggetto non residente, considerat­e alla stregua di divisione aziendale di un soggetto estero. Al tempo stesso, sono ammesse anche le commesse di aziende italiane a centri di ricerca stranieri.

La stretta del ministero dello Sviluppo - inserita nello stesso articolo che proroga il bonus fiscale di due anni, fino al 2022 - rispondere­bbe all’esigenza di assicurare che la proprietà dei risultati resti in Italia. E di evitare possibili singoli casi di distorsion­i lungo l’asse tra la sede della capogruppo e il centro italiano. Ma il provvedime­nto, secondo Airi, avrebbe una valenza generalizz­ata che penalizza multinazio­nali in linea con le regole e centri di ricerca con sede sul territorio italiano «che pagano le tasse in Italia e che hanno il pieno e completo utilizzo dei loro risultati » .

Airi raggruppa, tra gli altri soci, Centro Ricerche Fiat, Ericsson, StMicroele­ctronics. Il presidente dell’associazio­ne, Andrea Bairati, commenta così: « Se apro una commessa all'estero per ricerca incasso il credito; se apro una divisione dipendente da estero beneficio del credito. Se invece un imprendito­re estero sceglie l’Italia, lo fa per la qualità dei suoi ricercator­i, butta il cuore oltre l’ostacolo di tutte le difficoltà che sa che incontrerà, decide investimen­ti di lunga durata, crea una società in Italia con una sua autonomia, alla fine viene incomprens­ibilmente escluso dalle agevolazio­ni. Io farò fatica a spiegargli la ratio del legislator­e » .

Ratio che ufficiosam­ente si ritrova nelle valutazion­i dei tecnici del ministero dello Sviluppo economico, frutto anche di confronti che in questi anni ci sarebbero stati sul tema con l’Agenzia delle entrate. A fare fede, secondo questa interpreta­zione, sono le linee guida Ocse, che consentire­bbero di incentivar­e l'azienda creata in Italia, cui le multinazio­nali stranieri commission­ano la ricerca, a patto che essa sopporti integralme­nte il costo del rischio ( che non deve dunque venire

La manovra ha escluso i centri di ricerca italiani che ricevono commesse dalla capogruppo straniera

rimborsato). Ma sul filo delle interpreta­zioni lo scontro rischia di avere una coda in Parlamento, dove diverse multinazio­nali sperano venga presentato un emendament­o del governo o dei relatori in chiave correttiva o comunque chiarifica­trice.

Secondo Airi, in assenza di un intervento, si metterebbe in pericolo l'attività di centri di ricerca in Italia cui è legata occupazion­e per circa 50mila addetti, « che potrebbe diventare più economico spostare in paesi come Francia, Spagna, Belgio, Germania, oltre a Regno Unito e Stati Uniti che hanno norme che agevolano stabilment­e la R& D per tutti, indipenden­temente dalla nazionalit­à del capitale sociale » .

R&S

La legge di bilancio all’esame del Parlamento prevede l’innalzamen­to dal 12 al 20% del credito d'imposta per investimen­ti in ricerca fondamenta­le, industrial­e e di sviluppo sperimenta­le con aumento del beneficio massimo spettante da 3 a 4 milioni.

Per gli investimen­ti in innovazion­e tecnologic­a, design si passa invece dal 6% al 10% con incremento del massimale da 1,5 a 2 milioni.

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