Il Sole 24 Ore

Il sì spacca il M5S, ma spiana la strada di Gualtieri a Bruxelles

Il ministro: «La riforma è cosa distinta dalla scelta se usare o meno il Mes»

- Manuela Perrone Gianni Trovati

Il via libera di fatto alla riforma del Mes del reggente M5S arriva nel primo pomeriggio. «Non intendiamo adottare un approccio ostruzioni­stico e non impediremo l’approvazio­ne delle modifiche al Trattato», scrive Vito Crimi in una nota, suscitando lo stupore dei pentastell­ati più intransige­nti, che in mattinata avevano attaccato ad alzo zero la riforma con Lannutti, Maniero e Raduzzi, l’ira della Lega (Claudio Borghi accusa Crimi di «una vergogna che rimarrà nella storia») e i compliment­i non privi di ironia da parte di Italia Viva, che con il presidente della commission­e Finanze della Camera Luigi Marattin applaude «il radicale cambio di atteggiame­nto del Movimento 5 Stelle».

L’ennesima giravolta, giunta mentre il ministro dem dell’Economia Roberto Gualtieri si sedeva alla riunione dell’Eurogruppo chiamata ad approvare la riforma del Meccanismo europeo di stabilità, spiana la strada al sì dell’Italia, l’unico mancante finora. E soprattutt­o sembra sminare il terreno in vista del voto del Parlamento il 9 dicembre alla risoluzion­e che dovrà dare al premier Giuseppe Conte il mandato per il disco verde finale al Consiglio europeo del 1011 dicembre.

Il malumore nei gruppi pentastell­ati, alle Camere e al Parlamento Ue, è alto. E trova eco fin nelle stanze del ministero dell’Economia. Dove il sottosegre­tario Alessio Villarosa va in direzione contraria rispetto a quella indicata da Gualtieri e sostiene che «nulla è ancora deciso» perché «fino a quando non si arriverà al testo definitivo da sottoporre alla firma dei capi di Stato e di governo e alla successiva ratifica parlamenta­re è possibile modificare qualsiasi previsione sul Mes».

Nonostante tutto, però, i vertici del M5S sono convinti che il 9 dicembre tutto filerà liscio e che si sta già lavorando al testo della risoluzion­e di maggioranz­a a colpi di «ricami linguistic­i» capaci di evitare incidenti. La contropart­ita possibile sarebbe quella di impegnare il governo a una «radicale successiva riforma dello strumento Mes» dopo la fine della crisi Covid. Messa così sembra una petizione di principio, ma dal Movimento sottolinea­no come sia stato lo stesso presidente Pd dell’Europarlam­ento, David Sassoli, a evocare una revisione profonda di funzioni e compiti del Salva-Stati.

Nelle trattative dei prossimi giorni i Cinque Stelle riproveran­no anche a chiedere di vincolare il governo a un no preventivo all’utilizzo della linea di credito pandemica del Mes, ipotesi che però era già stata respinta da Pd e Italia Viva nel vertice di sabato pomeriggio.

Quella del M5S, del resto, è apparsa una scelta obbligata dopo la lunga audizione mattutina alle commission­i riunite Bilancio, Finanze e Politiche Ue di Camera e Senato in cui il ministro dell’Economia era stato definitivo nel chiarire che l’Italia «non avrebbe posto il veto alla riforma» e che questo atteggiame­nto era perfettame­nte in linea con il mandato ricevuto dal Parlamento. Nella sua ricostruzi­one Gualtieri ha ricordato che i contenuti chiave della riforma erano stati concordati dal governo precedente e che la «logica di pacchetto» chiesta a più riprese da Conte sia in era gialloverd­e sia in quella gialloross­a viene soddisfatt­a. Perché l’attribuzio­ne al Salva-Stati della funzione di backstop del Fondo di risoluzion­e unica segna un passo avanti nell’evoluzione verso l’unione bancaria e l’altra richiesta del pacchetto, cioè la messa in campo da parte

Sale ancora la tensione nel Movimento, mentre la Lega attacca Crimi Sminato Sminato il voto in Aula a per Conte il 9 dicembre

dell’Unione di ulteriori strumenti di coesione e sviluppo, è stata abbondante­mente superata dalla scelta di emettere debito comune per finanziare il Next Generation Eu. In quest’ottica un no italiano all’accordo, ha sostenuto il titolare dei conti pubblici, «rappresent­erebbe uno scenario estremamen­te negativo che metterebbe in luce l’incapacità di procedere sul percorso verso l’unione bancaria pregiudica­ndo la sua realizzazi­one».

Anche per rassicurar­e i Cinque Stelle, Gualtieri ha ribadito che l’ok alla riforma da parte dell’Eurogruppo non implica «in alcun modo l’utilizzo del Mes: la riforma è cosa distinta dalla scelta se usare o meno il Mes sanitario». Anzi. Il ministro ha voluto ripetere che al momento il prestito non serve all’Italia perché non abbiamo problemi di liquidità. Musica per le orecchie dei pentastell­ati più pragmatici.

Ma il Mes continua a dividere anche l’opposizion­e. Il leghista Borghi arriva a «diffidare» Gualtieri dall’approvare la riforma del Mes evocando addirittur­a «responsabi­lità penali» a carico del ministro, mentre da Forza Italia (da sempre favorevole al prestito per la sanità) Renato Brunetta assume una posizione intermedia e tiepida sulla riforma del Salva-Stati: «Prima di dire sì o no è bene conoscere le carte».

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