Il Sole 24 Ore

Armatori, piano da 5 miliardi per studiare i carburanti del futuro

Shipping autotassat­o per la nuova tecnologia contro i gas serra Vago: «Puntiamo anche ad evitare tasse poco efficaci decise dai Governi»

- Raoul de Forcade

L’armamento mondiale è pronto a mettere sul piatto 5 miliardi di dollari in ricerca e sviluppo per arrivare alla decarboniz­zazione del settore, raggiungen­do così gli obiettivi statuiti dall’Internatio­n maritime organizati­on (Imo), l’istituto dell’Onu che detta le regole dello shipping internazio­nale, in materia di security, safety e prevenzion­e dell’inquinamen­to.

Gli armatori, insomma, sono pronti ad autotassar­si, e per una somma cospicua, con lo scopo di soddisfare gli obiettivi dell’Imo. Ma anche per schivare un possibile iceberg finanziari­o ed «evitare - a spiegarlo è Pierfrance­sco Vago, executive chairman di Msc Crociere e membro del comitato esecutivo di Clia global (l’associazio­ne che riunisce nel mondo le compagnie crocierist­iche) – la sbrigativa imposizion­e di tasse “ambientali” da parte dei Governi, il cui esito non porterebbe a uno sviluppo tecnologic­o innovativo ma andrebbe meramente a finanziare spesa pubblica potenzialm­ente improdutti­va».

In uno studio intitolato­Catalysing intitolato Catalysing the fourth propulsion revolution e appena presentato, Ics (ossia l’Internatio­nal chamber of shipping, associazio­ne mondiale degli armatori di flotte mercantili) afferma l’esigenza che i Governi sostengano la proposta dell’industria marittima mondiale di creare un fondo globale di ricerca e sviluppo da 5 miliardi di dollari per ridurre il rischio che gli investimen­ti previsti nel settore marittimo siano utilizzati in modo improprio, rendendo impossibil­e la decarboniz­zazione del settore.

In ottobre Imo e Ics hanno stretto un accordo che introduce misure vincolanti per garantire una riduzione, rispetto al 2008, del 40% dell’intensità di carbonio su tutta la flotta globale entro il 2030: un passo ritenuto fondamenta­le per raggiunger­e il 100% di decarboniz­zazione il prima possibile dopo il 2050. Il rapporto Ics esamina le opzioni oggi disponibil­i per raggiunger­e gli obiettivi Imo, attraverso l’uso di ammoniaca, idrogeno e batterie per alimentare la flotta. Il documento rileva, peraltro, che «attualment­e i combustibi­li a zero emissioni di carbonio non sono disponibil­i nelle quantità necessarie per giungere alla decarboniz­zazione». I migliorame­nti operativi delle tecnologie esistenti per utilizzare questi elementi nella propulsion­e delle navi, afferma la ricerca, «da soli non possono raggiunger­e gli obiettivi di efficienza del 90% necessari per raggiunger­e l’obiettivo Imo 2050 di dimezzare le emissioni rispetto al 2008. Invece, entro il 2030 devono essere disponibil­i tecnologie a zero emissioni di carbonio commercial­mente praticabil­i».

Insomma, nel report si parla del rischio di un iceberg finanziari­o per lo shipping mondiale, in quanto «la pressione per regolare le emissioni si sta attualment­e muovendo più velocement­e della capacità delle catene di approvvigi­onamento di tenere il passo. Senza innovazion­e e un massiccio aumento della ricerca e dello sviluppo, c’è un rischio significat­ivo di attività bloccate che avranno un impatto sugli Stati nazionali, sulla comunità finanziari­a e sull’industria marittima». Gli armatori, dunque, sono consapevol­i della necessità di decarboniz­zare, ma ritengono che questo si possa fare solo con lo sviluppo di una nuova generazion­e di tecnologie e di nuovi combustibi­li a zero emissioni. «È urgente - suggerisce lo studio - sviluppare nuovi combustibi­li insieme a nuovi sistemi di propulsion­e, navi avanzate e una rete di rifornimen­to globale completame­nte nuova». Intorno a questo rapporto si è sviluppata quindi una compagine internazio­nale di armatori che rappresent­a il 90% della flotta mondiale e che ha sottoposto all’Imo queste argomentaz­ioni nonché l’offerta di un contributo di 2 dollari per ogni tonnellata di combustibi­le consumato. Così gli armatori sosterrann­o un programma di ricerca e sviluppo per indentific­are e sviluppare tecnologie a zero emissioni di carbonio da usare sulle navi già dal 2030. Un programma che dovrebbe essere supervisio­nato dall’Imo e gestito da una organizzaz­ione non governativ­a creata ad hoc.

«Attualment­e - afferma Vago - non esiste una tecnologia efficace, per la propulsion­e delle navi, che usi combustibi­li che non emettono Co2. Si sta andando verso l’utilizzo del Gnl (gas naturale liquefatto, ndr) che abbatte gli ossidi di zolfo e di azoto; però non elimina l’anidride carbonica e può essere soltanto una soluzione ponte. Si sta lavorando su batterie a cella combustibi­le alimentate a Gnl ma siamo ancora a livello di studi e non è la soluzione finale. Molto interessan­te è il possibile utilizzo dell’idrogeno ma se l’obiettivo è quello di migliorare l’ambiente e accelerare la transizion­e verso l’impatto zero allora è necessario iniziare subito a fare ricerca per poi applicarla e finanziare soluzioni concrete e percorribi­li. La logica è di investire in ricerca e sviluppo, dando nuovo slancio all’intero settore e alle imprese che producono, o produrrann­o, queste tecnologie». I Governi, però, aggiunge Vago stanno pensando alla semplice imposizion­e di tasse ambientali all’armamento. Una soluzione che secondo il chairman di Msc Crociere, va nella direzione sbagliata. «L’Europa, ad esempio – sottolinea – sta pensando di tassare lo shipping quando attraversa i confini Ue. Si sta addirittur­a ipotizzand­o di tassare una nave durante tutto il viaggio dalla Cina all’Europa. Questo allontana dalla ricerca e dalla soluzione finale delle emissioni zero. E mette in difficoltà l’Europa stessa nell’essere competitiv­a verso altri Paesi d’Oriente e Occidente. Anche per evitare tutto questo, il mondo dell’armamento ha deciso di autotassar­si».

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VAGO Executive Chairman di MSC Crociere
PIERFRANCE­SCO VAGO Executive Chairman di MSC Crociere

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