Il Sole 24 Ore

I cavi «made in Italy» in gara per la fibra di BT

Bando da 700 milioni da OpenReach: Prysmian e Tratos nella short-list

- Simone Filippetti

In giro per una Londra spettrale, causa seconda quarantena, gli unici rumori e segnali di attività arrivano dalle ruspe e dagli operai nelle strade. La città è disseminat­a di cartelli “Lavori in Corso”: la metropoli è un'immensa groviera. É la grande corsa delle Tlc a posare nuova fibra ottica: gli scavatori sono per lo più di GNetwork, gestore indipenden­te di reti tlc, che si è premurata di spedire a casa di ogni famiglia una lettera per scusarsi in anticipo di rumori e disagi.

La posa di fibra, con altri ingorghi per le strade transennat­e, è destinata ad aumentare. Perché in campo sta per scendere Bt: la ex compagnia telefonica di Stato ( oggi il maggior azionista è la tedesca Dt con il 12%) lancia una gara monstre sulla fibra.

OpenReach, la società costola di Bt che gestisce la rete fissa, e al cui modello si sono ispirate le italiane OpenFiber e la nascente FiberCop, ha annunciato una gara per fornire 10 milioni di chilometri di fibre nei prossimi 3 anni. Il numero di cavi che andranno fatti passare in centraline, condutture e tombini, è impression­ante: trenta volte la distanza tra la Terra e la Luna per cablare il paese. Il valore della commessa è fino a 700 milioni di sterline.

A 20 anni dalla prima grande cablatura del paese, è in arrivo una seconda ondata di maxi-investimen­ti nelle infrastrut­ture tecnologic­he. A fine anni ‘90 si posava la prima generazion­e della fibra: ora si porta il cosiddetto FTTP, sigla che nel gergo delle telecomuni­cazioni sta per “Fiber to the premises”, ossia far arrivare la fibra dalle centraline sparse nelle strade fin dentro alle singole abitazioni. Per la maxi-commessa, alla porta di British Telecom hanno bussato 22 società da tutto il mondo. Ma a portare la banda ultra-larga e l'internet super veloce nelle case degli inglesi, c'è una buona probabilit­à che siano gli italiani: in gara si sono presentati la public company Prysmian, la ex Pirelli Cavi, oggi partecipat­a da Tip di Gianni Tamburi e da Edizione della famiglia Benetton; e la Tratos Cavi della famiglia Bragagni. Il vincitore sarà annunciato tra 2-3 settimane, ma pare ci sia già una quaterna di finalisti: oltre ai due gruppi italiani, in pole position ci sarebbero gli indiani di Starlite e i cinesi di ZTL.

La tecnologia italiana dei cavi per le Tlc è la migliore al mondo: Tratos e Prysmian sono due gioielli della manifattur­a italiane (quest'ultima ha 4 stabilimen­ti in Uk con oltre mezzo miliardo di ricavi e unico a offrire una produzione integrata). Ma con l'addio alla Ue che incombe, tutto quello che ha una parvenza continenta­le viene oggi visto con sospetto. Prysmian e Tratos hanno da anni filiali in Inghilterr­a e sono aziende con passaporto inglese ma potrebbero scontare un “pregiudizi­o” Brexit. Prima della tempesta Covid, la Gran Bretagna aveva dichiarato guerra aperta alla Cina, soprattutt­o nelle Tlc, con l'esclusione di Huawei dalla fornitura della rete mobile 5G. Secondo alcuni osservator­i è difficile che il medesimo Governo che ha fatto la voce grossa con Pechino sulla telefonia mobile possa digerire senza fiatare un eventuale ingresso di Pechino sulla banda larga del futuro, ma i vertici di Bt non sono mai stati troppo allineati con Boris Johnson. Gli indiani, in quanto ex colonia, parte da una posizione di vantaggio in gare con aziende inglesi. Vincerà la tecnologia o vincerà la politica?

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