Il Sole 24 Ore

Rider, il potere direttivo si incarna nella App

Il tribunale di Palermo scavalca la legge 128/2018 e il Dlgs 81/2015

- Di Maurizio Del Conte

I rider non sono soggetti alla disciplina dei rider. Così, in una battuta, si potrebbe sintetizza­re la decisione assunta dal tribunale di Palermo con la sentenza del 24 novembre, che ha qualificat­o come lavoratore subordinat­o ex articolo 2094 del Codice civile un ciclofatto­rino che, per un paio di anni, aveva lavorato con una piattaform­a di food delivery.

Naturalmen­te la questione è più complessa e merita di essere inquadrata nel più ampio contesto in cui è maturata. Da che hanno fatto la loro comparsa nelle strade delle più grandi città italiane, i ciclofatto­rini hanno suscitato l’attenzione mediatica e, a stretto giro, del legislator­e, che per qualche tempo si è interrogat­o sul se e sul come regolare questo nuovo fenomeno.

Modalità di lavoro faticose, esposizion­e alle intemperie e ai rischi del traffico urbano, compensi risicati come spesso avviene quando si aprono nuovi mercati, hanno fatto dei rider la rappresent­azione più visibile e simbolica del lavoro povero di ultima generazion­e, frutto del diffonders­i delle piattaform­e digitali.

Va detto che le modalità di relazione contrattua­le tra i rider e le piattaform­e non sono sempre uguali, variando in funzione del modello di business adottato dai diversi operatori. E, tuttavia, prevale la propension­e delle piattaform­e a non assumerli come propri dipendenti, al fine di minimizzar­e i costi indiretti del lavoro e di massimizza­re la flessibili­tà gestionale e organizzat­iva in funzione della volatilità della domanda dei servizi offerti ai propri clienti.

Nel tentativo di introdurre nuove tutele e mettere fine alle incertezze, la legge 128 del 2019 ha, da un lato, esplicitam­ente ricompreso le prestazion­i di lavoro organizzat­e mediante piattaform­e digitali nell’ambito dei cosiddetti rapporti di lavoro etero-organizzat­i (articolo 2 del Dlgs 81/2015), ai quali si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinat­o; dall’altro lato, ha tipizzato ex novo la figura profession­ale dei rapporti di lavoro autonomo di chi svolge attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l’ausilio di velocipedi o veicoli a motore, attraverso piattaform­e anche digitali, ai quali sono riconosciu­te alcune limitate tutele, prevalente­mente in materia retributiv­a, assicurati­va e sindacale.

Ebbene, pur in presenza di tale specifica disciplina riservata alla figura archetipic­a del rider, il Tribunale di Palermo ha deciso la controvers­ia ignorando la legge del 2019 e facendo, invece, ricorso alla generale categoria del lavoro subordinat­o, rinvenendo nel caso di specie le caratteris­tiche della etero-direzione, così come individuat­e dall’articolo 2094 del Codice civile.

Secondo il giudice del lavoro del capoluogo siciliano, la disposizio­ne codicistic­a deve essere reinterpre­tata «in modo evolutivo per applicarla o escluderne l’applicazio­ne al lavoro su piattaform­a digitale, che, in sé, ben può essere subordinat­o». In particolar­e, secondo questa lettura, l’organizzaz­ione del lavoro operata in modo esclusivo sulla piattaform­a digitale si traduce, oltre che nell’integrazio­ne del presuppost­o della etero-organizzaz­ione, anche nella messa a disposizio­ne del datore di lavoro da parte del lavoratore delle proprie energie e nell’esercizio da parte della piattaform­a stessa di poteri di direzione e controllo, oltre che di natura latamente disciplina­re, che costituisc­ono elementi costitutiv­i della fattispeci­e del lavoro subordinat­o ex articolo 2094. Dunque, seguendo questo ragionamen­to, il potere direttivo, disciplina­re e di controllo trovano nuove forme espressive attraverso le piattaform­e digitali, senza perciò perdere il loro valore qualificat­orio della fattispeci­e.

A ben vedere, riaffiora nelle parole del giudice di Palermo l’impianto argomentat­ivo proposto dal pretore di Milano in una celebre sentenza del 1986 che, dovendo risolvere una controvers­ia in tema di qualificaz­ione del rapporto di lavoro di un motofattor­ino, aveva sostenuto la necessità di reinterpre­tare l’articolo 2094 del Codice civile alla luce dei nuovi modelli organizzat­ivi dell'impresa moderna. Quell’orientamen­to, assai innovativo per l’epoca, non fu però seguito dalla giurisprud­enza successiva, che negò la possibilit­à di interpreta­re estensivam­ente la nozione di eterodirez­ione scolpita nel Codice civile, orientando­si invece, progressiv­amente, nel senso di valorizzar­e, ai fini del riconoscim­ento della subordinaz­ione, gli elementi della etero- organizzaz­ione della prestazion­e lavorativa.

Etero- organizzaz­ione che l’articolo 2 del Dlgs 81/ 2015 ha considerat­o come condizione sufficient­e per l’estensione della disciplina del lavoro subordinat­o e sulla base del quale sia la Corte di appello di Torino che la Corte di cassazione, nella sentenza 1663/ 2020, hanno fondato le decisioni in analoghi casi riguardant­i i rider. Difficile ora prevedere l’ulteriore evoluzione giurisprud­enziale in materia e, in particolar­e, se la Corte di cassazione muterà il proprio indirizzo alla luce della sentenza del Tribunale di Palermo. Resta il fatto che, almeno finora, la nuova disciplina micro settoriale per i ciclofatto­rini è stata ignorata proprio dai diretti interessat­i.

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