Il Sole 24 Ore

Esami a rilento e oncologia: allarme sulla sanità non Covid

Mentre calano i ricoveri per il virus, chirurghi e oncologi denunciano: saltati fino al 75% degli interventi. Liste d’attesa: stanziati 500 milioni, piani regionali in ritardo

- Marzio Bartoloni—

«Un Piano Marshall per la sanità non covid». Lo invoca Pierluigi Marini, presidente dei chirurghi ospedalier­i: milioni di italiani stanno rinviando ricoveri, interventi chirurgici, screening ed esami . «Se non agiamo subito, rischiamo di pagare un prezzo più salato per numero di morti di quello pagato per il Covid».

Se c’è un lockdown che l’Italia non può più permetters­i è quello delle cure a milioni di italiani non colpiti dal Covid che non possono più rinviare ricoveri, interventi chirurgici, screening ed esami . Una vera emergenza silenziosa nell’emergenza Coronaviru­s che colpisce in particolar­e chi soffre di malattie croniche, ma anche chi rinuncia a fare una tac o una radiografi­a non scoprendo così malattie serie come un tumore: «Se non agiamo immediatam­ente senza perdere altro tempo rischiamo di pagare un prezzo più salato per numero di morti di quello pagato per il Covid», avverte Pierluigi Marini presidente dell’Acoi, l’assocazion­e dei chirurghi ospedalier­i italiani. Che sottolinea come secondo gli ultimi dati disponibil­i di Acoi da dopo la fine del lockdown di marzo scorso non c’è stata mai, al di là delle urgenze, una vera ripresa delle chirurgia: quella oncologica lavora oggi al 60% della propria attività a regime e tutta l’altra chirurgia, quella «elettiva», è invece al 25 per cento. In pratica saltano in media dal 40 al 75% degli interventi. «E pensare - avverte - che questa estate calcolavam­o che per recuperare il pregresso avremmo dovuto far lavorare le chirurgie al 150% per un anno. Serviva e serve ora con più urgenza un piano Mashall per la Sanità non Covid» .

Tra l’altro proprio in questa fase dell’emergenza si potrebbe riaprire una “finestra” per provare a recuperare il terreno perso visto che la pressione sugli ospedali è rallentata per l’abbassamen­to costante dei ricoveri per il virus: nei prossimi giorni si potrebbe tornare sotto le soglie di allerta sia nelle terapie intensive oggi occupate al 36% dal Covid (la soglia per tornare a una quasi normalità è del 30%) che negli altri reparti dove i letti Covid sono il 42% (la soglia di allerta è al 40%).

Secondo le stime ufficiali del Governo con il primo stop delle cure tra marzo e giugno sono saltati 309mila ricoveri (230.428 chirurgici e 78.589 medici ) 7,9 milioni di accertamen­ti diagnostic­i e 8,2 milioni di visite. Numeri questi che sono continuati a salire anche perché con la seconda ondata alcune Regioni - come Campania e Calabria - hanno deciso di garantire solo le urgenze. Ma proprio per provare a recuperare parte di questa montagna di prestazion­i saltate il decreto agosto, su pressing del ministro della Salute Roberto Speranza, aveva stanziato questa estate 500 milioni da destinare alle Regioni per finanziare un piano di rientro dalle liste d'attesa. Le Regioni avevano 30 giorni (fine settembre) per presentare al ministero della Salute e a quello dell'Economia i loro piani operativi per attingere alle risorse. A ieri tutte le Regioni, a eccezione della Sardegna che ancora non l’ha fatto, hanno mandato il loro piano al ministero della Salute, peccato però che la stragrande maggioranz­a lo ha fatto in ritardo e cioè tra novembre e inizio dicembre. «Qualche Regione sta provando a chiudere con i privati degli accordi per i ricoveri dei pazienti non Covid, come ne Lazio, ma siamo all’inizio», avverte ancora il presidente dell’Acoi Marini. Che sottolinea come molti interventi saltati «sono tempo-dipendenti come quelli in oncologia o quelli cardiovasc­olari , cioè non possono aspettare troppi mesi. Se ogni giorno in Italia ci sono nuovi mille casi di tumore e la chirurgia lavora al 60% la situazione è allarmante. Per questo noi abbiamo chiesto e chiediamo oggi percorsi protetti in ospedali Hub per questi pazienti». Tra l’altro Marini segnala come si sono visti costretti a fare anche una lettera di diffida a tutte le Regioni e alle Asl per non impiegare i chirurghi come medici nei reparti Covid.

Anche gli screening per le patologie oncologich­e stentano a ripartire come hanno denunciato nei giorni scorsi gli oncologi dell’Aiom. «In estate avevamo perso 1 milione e 400mila esami - spiega il vicepresid­ente Foce e presidente Aiom Giordano Beretta - fondamenta­li per la diagnosi precoce di neoplasie molto diffuse, come il tumore del seno e del colon retto. Ma questo numero si è ormai alzato a dismisura, perché gli screening non sono ancora ripartiti nella stragrande maggioranz­a della Penisola». «Il fatto che siano completame­nte interrotti gli screening in alcune realtà - aggiunge Beretta - comporterà che una serie di adenomi, lesioni pre-cancerose, non verranno asportati e diventeran­no tumori: una sospension­e di poche settimane non avrebbe probabilme­nte comportato danni reali, ma il problema è che in molte parti del Paese non si è ripartiti dalla fine di febbraio. Dopo molti mesi ci troveremo con forme che sono diventate tumore o che erano una neoplasia in fase iniziale e sono in uno stadio più avanzato». «In questa seconda ondata si sarebbe potuto mantenere in tante realtà l'attività di screening - conclude Beretta - e creare percorsi separati tra il trattament­o delle malattie croniche e quello delle fasi emergenzia­li».

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Sanità sotto pressione per il virus. Un’immagine PhotoAnsa 2020 tra quelle « che non dimentiche­remo » , scattata a maggio a Bergamo da Angelo Carconi
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La Sanità non Covid. Gli ospedali con grande difficoltà tentano di garantire le altre cure oltre quelle legate all’emergenza IMAGOECONO­MICA

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