Caso Mediaset
L’Italia tiene il punto con l’Ue: «Non serve notifica»
La Ue scrive all’Italia per chiedere ragione e ponendo interrogativi sulla necessità di andare avanti sulla norma ribattezzata “salva Mediaset”. Ma Governo e Agcom, a quanto risulta al Sole 24 Ore, non intendono arretrare, con l’Esecutivo che ha replicato con una comunicazione formale alla missiva della Commissione Ue e l’Autorità, dal canto suo, pronta a dare il via oggi all’istruttoria prevista dalla norma contestata.
Sul caso Mediaset-Vivendi si profila un muro contro muro fra Roma e Bruxelles, in un’atmosfera resa sempre più rovente dal susseguirsi di accadimenti degli ultimi giorni. Venerdì la media company francese ha denunciato lo Stato italiano per l’emendamento al Dl Covid, poi diventato legge, “salva Mediaset”, contestando nel contempo l’operato di Agcom rea, a suo dire, di non essere intervenuta, immediatamente dopo la pronuncia favorevole a Vivendi della Corte Ue del 3 settembre, con la sospensione della delibera del 2017 che ha portato i francesi a segregare in un trust due terzi di azioni e diritti di voto in Mediaset.
In contemporanea, la Procura di Milano ha fatto notificare l’avviso di conclusione indagini per manipolazione del mercato e ostacolo alla Consob che vedono Vincent Bolloré, all’epoca dei fatti presidente del Consiglio di Sorveglianza e l’ad Vivendi Arnaud de Puyfontaine rischiare il processo.
In questo quadro ieri il portavoce del mercato interno della Ue ha confermato che da Bruxelles è partita una missiva alla volta di Roma. E nel farlo ha evidenziato che per la Commissione se «la protezione del pluralismo dei media» è da considerare della «massima importanza» dall’altra parte «le misure nazionali devono essere proporzionate a tale obiettivo e non andare oltre ciò che è necessario per raggiungerlo anche tenendo conto della libertà di condurre un business nel mercato interno». In questo senso «le leggi nazionali» devono rispettare «le libertà economiche previste dal Trattato come interpretate dalla Corte di giustizia, incluso il caso recente della sentenza Vivendi».
Questa la posizione di un portavoce Ue che conferma, come detto, una lettera inviata venerdì a firma di Giuseppe Abbamonte, direttore Media Policy della Commissione Ue. Il concetto chiave è che quanto contenuto nella norma “salva Mediaset”, vale a dire il potere d’istruttoria di sei mesi dato ad Agcom sui casi di partecipazioni rilevanti incrociate nei media e nelle tlc (come per Vivendi azionista Tim e Mediaset) sembrerebbe ricadere nell’ambito della «Direttiva Trasparenza del mercato Unico», trattandosi di «regole tecniche». Quindi l’articolo in questione «avrebbe dovuto essere notificato in anticipo alla Commissione». Duro l’ultimo capoverso della missiva in cui si invita a chiarire il perché di questa mancata notifica ricordando che il mancato adempimento dell’obbligo di comunicazione «costituisce un vizio sostanziale della norma in questione che i singoli possono far valere di fronte al giudice nazionale».
A quanto risulta al Sole 24 Ore, c’è una accurata lettera di risposta scritta dal capo dell'ufficio legislativo del ministero dello Sviluppo economico e trasmessa alla Rappresentanza permanente italiana a Bruxelles che tiene i rapporti con la Commissione e che era stata la destinataria delle osservazioni critiche. E in questa il Governo ha fatto presente di voler andare avanti per la sua strada, considerando quella sub iudice non come una «regola tecnica» ai sensi della direttiva Ue 2015/1535. Quindi non sussisterebbe l’obbligo di notifica. Questo perché l’emendamento interviene su una norma già esistente dal 2005 (Tusmar), limitandosi a circoscrivere i poteri dell’Agcom in coerenza con la sentenza della Corte di Giustizia nel caso Vivendi. In sostanza, è la tesi sostenuta, la norma del famoso e contestato articolo 4-bis del decreto Covid non ha i caratteri di specificità richiesti ai fini della preventiva notifica alla Commissione.
Anche Agcom appare intenzionata a non arretrare. E oggi il Consiglio dovrebbe avviare il procedimento di istruttoria, anche se in ritardo di un giorno rispetto ai programmi. Lo slittamento è stato motivato dai tempi più lunghi del previsto richiesti dall’audizione dei vertici di Tim e di Fibercop che si è tenuta nel pomeriggio. Con ogni probabilità, però, anche la complessità della vicenda Mediaset, su cui ora è arrivata la risposta del Governo, potrebbe aver convinto a trattare la questione non lesinando sulla tempistica.
Rischia dunque di salire di livello lo scontro fra Mediaset e Fininvest da una parte e Vivendi dall’altra i cui legali – Sergio Erede, Vincenzo Mariconda e Andrea Di Porto per i primi e gli avvocati dello studio Cleary Gottlieb Giuseppe Scassellati, Ferdinando Emanuele e Roberto Argeri per i francesi – hanno consegnato ieri le memorie conclusionali per le cause civili nell’ambito delle quali Mediaset (il cui titolo ieri è salito del 2,69%) e Fininvest hanno chiesto risarcimenti per oltre 3 miliardi. L’udienza dovrebbe tenersi fra gennaio e febbraio. E i tempi evidentemente sono sempre più stretti per un accordo. Che a questo punto, dopo l’avviso di conclusione dell’indagine penale da parte della Procura, non potrà che arrivare prima della decisione di un eventuale rinvio a giudizio. L’intesa, che Mediaset considera non scindibile da un risarcimento con Vivendi che ha tutt’altra opinione, al momento non è in vista, anche se non è teoricamente impossibile. Il mercato sembra anche crederci o comunque volerla. Ma i tempi iniziano drammaticamente a stringersi.