Quando si stacca la protesi tascabile del cervello
Fuori uso il sistema di autenticazione. Cause non chiarite, colpite centinaia di migliaia di utenti
Google è fatto per organizzare la conoscenza e per questo non è facilmente sostituibile
Per due miliardi e mezzo di persone è una protesi del cervello che si porta in tasca, nella forma di un telefono Android. Per quasi quattro miliardi di persone è la prima risposta che viene in mente quando hanno una domanda: tanto che fanno quasi 7 miliardi di ricerche al giorno su Google. Due miliardi di umani guardano e scambiano video su YouTube, un miliardo e mezzo di persone la usano per la mail, per scrivere e condividere documenti, per tradurre, per decidere il percorso per andare dal punto A al punto B. Google non è un grande servizio su internet che, quando non funziona, si può sostituire in pochi minuti con un’alternativa. Di sicuro bisogna essere più bravi a non usare Google che a usarlo: DuckDuckGo per le ricerche, Apple per le mappe, ProtonMail per la posta, Deepl per le traduzioni, Firefox per navigare sono alternative, minoritarie. E comunque, per evitare che le alternative diventino grandi, secondo l’antitrust americana, Google non impedisce a sé stessa di comprare l’aiuto di Apple per fare in modo che il suo motore di ricerca sia il preferito anche negli iPhone.
Google è fatto per organizzare la conoscenza. Ogni tentativo di far sapere qualcosa in rete cerca di ottimizzare la sua forma in modo che Google la trovi. E quanto più è grande il motore di ricerca tanto più gli utenti di internet si adeguano alla sua dominanza, rafforzandola ulteriormente. Perché il problema dei monopoli nella rete non è soltanto quello delle quote di mercato attuale, ma anche delle quote di mercato futuro. Perché l’effetto-rete fa in modo che tutti pensino alle tecnologie dominanti come alle più convenienti.
Che cosa si può fare per essere meno dipendenti da Google e resistere nel caso che le sue tecnologie facciano cilecca, come è successo ieri? Molti saranno tentati di rievocare l’internet delle origini, basata su un’architettura distribuita, nella quale tutti potevano innovare e nessuno era troppo grande per impedirlo. Ma in realtà, la concentrazione attuale è frutto proprio dell’ingenuità architetturale di internet, usata da organizzazioni finanziariamente e tecnologicamente aggressive. Forse è persino esagerata, a giudicare dal fatto che - a quanto risulta al Sole 24 Ore - la caduta del traffico di ieri quando Google era bloccata non è stata superiore al 5%. Si corregge innovando l’antitrust, garantendo la neutralità della rete, investendo in startup e decongestionando il pianeta dalle tecnologie made in Silicon Valley. Per l’Europa significa smettere di lamentarsi e cominciare a investire seriamente nelle proprie innovazioni tecnologiche.