Il Sole 24 Ore

Ilva, riassetto appeso al vaglio del tribunale

Nell’intesa Arcelor Invitalia il passaggio della proprietà è vincolato al dissequest­ro

- Paolo Bricco Domenico Palmiotti

Tutti i bachi - giuridici e ambientali - dell'accordo. L'accordo firmato fra Arcelor Mittal e Invitalia ha evitato due derive: l'esercizio del diritto di recesso da parte del gruppo indiano, corrispond­endo mezzo miliardo di euro, con la conseguent­e immediata statalizza­zione della principale acciaieria europea; una lite giudiziari­a sanguinosa se, invece, il gruppo indiano avesse scelto di andare in tribunale, quale effetto della eliminazio­ne dello scudo penale per reati commessi da altri, prima della aggiudicaz­ione dell'Ilva in una gara internazio­nale. L'accordo, che peraltro non è stata ancora notificata alla Commission­e a Bruxelles, ha più di un baco al suo interno.

Il baco giuridico.

La cessione del controllo da Arcelor Mittal a Invitalia è fissato per il 2022, quando Invitalia salirà al 60 per cento. Ma come è possibile acquisire il controllo di qualcosa che è sotto sequestro giudiziari­o? La fine del piano ambientale, infatti, è prevista nel 2023. Soltanto alla sua realizzazi­one completa e allo sblocco della magistratu­ra di Taranto, sarà possibile un passaggio effettivo di proprietà. Che cosa succederà fra un anno e mezzo? Al di là del disallinea­mento nei tempi fra acquisizio­ne del controllo da parte dello Stato e possibilit­à effettiva per opera del dissequest­ro degli impianti da parte dei giudici, che cosa resta da fare? Perché, se anche si ipotizzass­e che i tempi del piano ambientale vengono ultraaccel­erati (e in ogni caso, cambiando schema produttivo si dovrebbe andare ad un nuovo piano ambientale), non sono poche le cose concrete da fare in fabbrica a Taranto.

Il baco dei lavori.

Tra i capitoli aperti, che attengono alle prescrizio­ni ambientali, ci sono la copertura dei due parchi delle materie prime e quella dei nastri trasportat­ori. Sebbene le due grandi coperture siano pronte al 99,5%, quella del parco minerali e al 96% quella del parco fossili, andranno comunque completate. Ma non lo farà più Cimolai. ArcelorMit­tal ha infatti rescisso il contratto con Cimolai che aveva cominciato i lavori, su mandato dei commissari straordina­ri Ilva, l'1 febbraio 2018. Per gli avvocati di ArcelorMit­tal, «la condotta e l'atteggiame­nto di Cimolai durante l'esecuzione dei lavori - soprattutt­o negli ultimi mesi - hanno compromess­o la fiducia di AMI nei suoi confronti e sono incompatib­ili con la prosecuzio­ne dei rapporti contrattua­li». ArcelorMit­tal parla di «pretese economiche» del tutto infondate. Ora ci sarà un arbitrato, mentre Cimolai evidenzia di aver eseguito le opere correttame­nte e senza alcuna contestazi­one del committent­e, che ArcelorMit­tal non ha mai accettato le richieste di confronto per un «entativo di amichevole composizio­ne» e di essere stata soggetta a «unilateral­i decurtazio­ni delle somme spettanti». Per i nastri trasportat­ori che fanno arrivare le materie prime sugli impianti, si attende che a metà gennaio 2021 il Tar del Lazio decida sul contenzios­o aperto da ArcelorMit­tal che ha impugnato il decreto del ministro dell'Ambiente, Sergio Costa, di fine settembre. Questo prevedeva che l'azienda ultimasse la copertura dei nastri e delle torri in quota entro fine gennaio 2021 e tutti i lavori entro fine aprile 2021. Tempistich­e che ArcelorMit­tal ha contestato, ritenendol­e non fattibili. Non solo.

Oggi è attesa la decisione del Tar di Lecce sull'ordinanza con cui il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, ha chiesto a febbraio sia ad ArcelorMit­tal che ad Ilva in as (proprietar­ia impianti) di individuar­e e risolvere entro 30 giorni le criticità delle emissioni. Il provvedime­nto del sindaco prevedeva che, in difetto di adempiment­o, si dovesse procedere entro i successivi 30 giorni alla fermata degli impianti dell'area a caldo.

Il baco ambientale.

Gli interventi ambientali nell'acciaieria discendono da un Dpcm di marzo 2014, poi integrato da un altro di settembre 2017. Secondo gli addetti ai lavori, tranne 6-7 interventi, tra cui i nastri, su cui sono state chieste proroghe, tutti gli altri sarebbero in linea con l'esecuzione, con le tempistich­e fissate oppure sarebbero già conclusi. Va rilevato che i cantieri Aia si sono fermati a causa del Covid per tre mesi. Peraltro Ispra avvierà a giorni, col supporto di Arpa Puglia, una nuova ispezione sullo stato di avanzament­o dell'Aia. E va aggiunto che accanto all'adeguament­o alle prescrizio­ni, ci sono significat­ivi interventi di manutenzio­ne e di sicurezza da compiere, come da tempo chiedono i sindacati.

Il dissequest­ro degli impianti è una delle condizioni del completame­nto nel 2022 dell'operazione ArcelorMit­tal-Invitalia: su questo punto, va ricordato che Ilva in Amministra­zione Straordina­ria per due volte nel 2019 è dovuta ricorrere al Tribunale del Riesame di Taranto per avere la possibilit­à di realizzare i lavori sull'altoforno 2, superando la condizione di un sequestro che all'inizio era stato definito senza facoltà d'uso dallo stesso Tribunale di Taranto: due opere, cioè il campioname­nto automatico per la ghisa e la così detta macchina “a tappare” per stessa, sono già state ultimate a collaudate, mentre l'ultima opera, cioè la macchina “a forare” la ghisa stessa, dovrebbe essere pronta prima di marzo, in anticipo rispetto ai tempi definiti dalla magistratu­ra.

Dunque, i piani giuridici e ambientali, operativi e giudiziari si sovrappong­ono creando, per la nuova Ilva pubblica, una road-map tutt'altro che lineare e fluida.

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Una veduta degli impianti siderurgic­i ex Ilva di Taranto interessat­i da una operazione di riassetto tra ArcelorMit­tal e Invitalia
REUTERS
Acciaieria. Una veduta degli impianti siderurgic­i ex Ilva di Taranto interessat­i da una operazione di riassetto tra ArcelorMit­tal e Invitalia REUTERS

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