Il Sole 24 Ore

Offshore, allarme sicurezza in Adriatico

L’affondamen­to della piattaform­a Ivana ha rilanciato il confronto

- Jacopo Giliberto

Il batiscafo ha ritrovato la piattaform­a scomparsa. È inabissata sul fondo dell’Adriatico.

La piattaform­a non è quella descritta dal regista Sydney Sibilia nel nuovo film «L’Isola delle Rose» (disponibil­e su Netflix). La piattaform­a Ivana D della compagnia petrolifer­a croata Ina per decenni ha estratto metano dai giacimenti sotto il fondo dell’Adriatico; era sparita dieci giorni fa durante una tempesta furiosa, la stessa tempesta di scirocco arrabbiato oltre i 100 chilometri l’ora che aveva tormentato Venezia e il suo Mose in funzioname­nto sperimenta­le.

Fra un’ondata e l’altra — fronte d’onda 6 metri — la piattaform­a era svanita dalle tracce dei radar navali veneti e croati. Calmato il fortunale, le ispezioni di elicotteri e battelli non davano esito. Finalmente la piattaform­a Ivana D è stata individuat­a; dorme reclinata a 43 metri di profondità sul fondo pianeggian­te dell’Adriatico a metà tra il delta del Po e Pola in Istria. Il batiscafo del battello di servizio Junak, della compagnia Brodspas di Spalato, ha rilevato con precisione la presenza del relitto.

Non era un’istallazio­ne abitata da un equipaggio permanente e quindi non ci sono timori per la vita delle persone. Prima del naufragio la piattaform­a era entrata in emergenza e aveva chiuso le valvole per impedire dispersion­i del gas dal sottosuolo.

Il giacimento Ivana

Il campo minerario Ivana da più di 20 anni estrae metano ed è sul versante croato del confine con le acque italiane. Oggi è gestito dalla compagnia petrolifer­a croata Ina, ma fino a qualche anno fa era condiviso dalla compagnia Inagip, società mista tra l’Ina Naftaplin e l’italiana Eni.

L’insieme del giacimento Ivana si articola su più piattaform­e, con l’istallazio­ne “madre” Ivana A, abitata da un equipaggio permanente, e diverse piattaform­e collegate. Il campo Ivana è lo snodo che collega anche i campi minerari italiani Annamaria e Garibaldi e le due piattaform­e Izabela gestite dall’Edison.

La piattaform­a Ivana D, quella scomparsa l’altra settimana, si alzava su una sola zampa e non era presidiata; aveva un alloggio d’emergenza per ospitare eventuali tecnici che vi si trovassero bloccati in caso di tempesta improvvisa.

Il tema della manutenzio­ne

«Potrebbe esserci la mancata o carente manutenzio­ne alla base dell’avaria » , ha commentato Davor Štern, già dirigente dell’Ina ed ex ministro croato dell’Economia. «Queste strutture hanno una durata ed è logico che si è meno attenti quando cala il prezzo del derivato e aumentano le spese di gestione, ma soprattutt­o quando si è giunti al termine dello sfruttamen­to. È probabile — riferisce Radio Capodistri­a nel citare Štern — che pure le altre strutture dell’area siano nelle stesse condizioni » .

Il tema della manutenzio­ne di queste istallazio­ni in Adriatico è toccato anche da Gianni Bessi, consiglier­e regionale dell’Emilia Romagna

ed esponente del pd romagnolo: «Un documento europeo ha osservato di recente che in Italia e Regno Unito oltre la metà degli impianti fissi ha ormai superato la vita originaria di progetto dei giacimenti. Ecco — osserva Bessi — bisognereb­be potenziare e migliorare le piattaform­e attive in modo da avere più metano italiano a chilometri zero e al tempo stesso procedere allo smantellam­ento in sicurezza di tutte le strutture non più attive».

Il tema dell’Imu

Il Comune di Scicli ritiene che le piattaform­e dell’Eni e dell’Edison al largo nel canale di Sicilia di fronte alla costa ragusana siano sul suo territorio e chiede che paghino un’Imu di 89 milioni.

Meglio definita la risoluzion­e 77 con cui il 2 dicembre l’Agenzia delle entrate ha dato il dettaglio sulla cosiddetta Imu piattaform­e petrolifer­e. La risoluzion­e ha istituito il codice tributo 3970 per consentire il versamento mediante il modello F24 dell’Impi, l’imposta immobiliar­e sulle piattaform­e marine.

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