Il Sole 24 Ore

Va motivata l’istanza di riscossion­e al socio della società estinta

Le Entrate devono spiegare le ragioni per le quali il socio è tenuto a pagare

- Laura Ambrosi

Se l’Agenzia vuole riscuotere i debiti della società estinta dal socio, deve notificarg­li apposito provvedime­nto motivando le ragioni per le quali è tenuto a versare le imposte pretese.

Ad affermarlo è la Corte di cassazione con l’ordinanza n. 28401 depositata ieri.

L’agenzia delle Entrate aveva notificato una cartella di pagamento al socio nonché liquidator­e di una società estinta anni prima.

In particolar­e si trattava del debito derivante da un avviso di accertamen­to emesso nei confronti dell’ente divenuto definitivo per sentenza passata in giudicato, i cui importi erano pretesi in quanto ritenuto dall’Ufficio «coobbligat­o solidale».

Il provvedime­nto veniva impugnato dinanzi al giudice tributario, il quale per entrambi i gradi di merito lo annullava. L’Agenzia ricorreva così in Cassazione.

I giudici di legittimit­à hanno innanzitut­to ricordato che la responsabi­lità di liquidator­i, amministra­tori e soci di società in liquidazio­ne per l’ipotesi di mancato pagamento delle imposte sul reddito di società di capitali, ha natura civilistic­a e non tributaria, non sussistend­o alcuna norma secondo la quale esiste la coobbligaz­ione nel debito tributario.

Con riferiment­o ai soci, la norma (articolo 36 terzo comma del Dpr 602/73) prevede che se hanno ricevuto nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazio­ne danaro o altri beni sociali in assegnazio­ne dagli amministra­tori o dai liquidator­i durante la liquidazio­ne, sono responsabi­li del pagamento delle imposte dovute dalla società.

La medesima norma (articolo 36, quinto comma) prevede che l’eventuale responsabi­lità dei soci debba essere accertata con atto da notificare all’interessat­o.

A tal proposito, la Cassazione ha precisato che l’agenzia delle Entrate che esige dal liquidator­e e socio di società di capitali il pagamento del credito della società, deve informare il contribuen­te con apposito avviso di liquidazio­ne spiegando le ragioni per le quali egli deve adempiere. Nel provvedime­nto devono emergere l’incasso di somme o l’attribuzio­ne di beni ed il relativo valore, atteso che solo entro questi limiti può verificars­i la legittimit­à della pretesa.

Inoltre, nella sentenza è precisato che la norma è applicabil­e solo per la riscossion­e delle imposte dirette e non anche delle relative sanzioni.

I soci poi, rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazio­ne o illimitata­mente a seconda del regime giuridico dei debiti cui erano soggetti in vigenza della società. Nella specie, la Suprema Corte ha confermato la nullità della pretesa poiché l’Agenzia si era limitata a notificare la cartella di pagamento quale diretta conseguenz­a dell’accertamen­to della società, senza motivare sulla responsabi­lità del socio.

Il principio pare applicabil­e anche alla nuova versione della norma sulle società estinte, atteso che in assenza di un patrimonio sociale (proprio in conseguenz­a della cancellazi­one), è verosimile che l’Ufficio si rivolga al socio. Dovrebbe così ritenersi necessaria la notifica di un provvedime­nto specifico al diretto interessat­o indicando le ragioni in ordine alla sussistenz­a della sua responsabi­lità.

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