Fondi europei e superbonus per il rilancio dell’edilizia
Il Green Deal europeo punta a emissioni zero entro il 2050, mentre un terzo delle risorse del Recovery Fund sarà per il clima
In Europa il 75% del patrimonio immobiliare non è efficiente sotto il profilo energetico. E l’Italia, in questo quadro, non fa eccezione. Secondo stime del Cresme, il centro di ricerche sulle costruzioni, circa il 60% delle abitazioni si trova in fascia G. Vale a dire che la stragrande maggioranza è all’ultimo posto della scala che indica il livello di prestazione energetica di un immobile. Solo il 5,3% può essere inserito nelle categorie A o B, cioè le migliori, quelle che attestano l’ottimo rendimento di un edificio. È in questo scenario che si inserisce il Green Deal europeo, il piano messo a punto da Bruxelles per tagliare il traguardo di zero emissioni di gas serra entro il 2050. Piano che ha messo al centro dell’attenzione proprio le costruzioni, alle quali adesso si deve il 40% delle immissioni inquinanti in atmosfera. «L’obiettivo è quello di stimolare un profondo rinnovamento del costruito, tutto ciò che ruota intorno all’immobiliare è al centro delle scelte europee – spiega Fulvia Raffaelli, funzionario della Commissione europea, nella divisione che si occupa di economia circolare e costruzioni -. Gli investimenti in ristrutturazione energetica dovranno passare dall’attuale 1% al 2%. E questo attraverso l’identificazione degli strumenti finanziari più adeguati, la revisione delle misure legislative della Ue, il miglioramento del grado di preparazione e di competenze dei professionisti del settore grazie a una formazione qualificata». In gioco c’è molto. Non c’è solo la sostenibilità. C’è una riforma profonda, che chiama in causa tutta la filiera, dai produttori di laterizi ai progettisti. Una riforma capace di sostenere la ripresa economica, di richiamare giovani, di includere le donne in un settore tradizionalmente considerato maschile. Persino di stimolare anche una nuova immagine del mondo delle costruzioni, che richiede sempre di più livelli molteplici ed elevati di professionalità. «Senza una profonda revisione di tutto il comparto delle costruzioni – prosegue Raffaelli – non riusciremo a raggiungere i risultati che ci siamo prefissati. Parliamo di un settore strategico per trasformare la crisi in opportunità. Cosa che influisce anche sulla qualità della vita dei cittadini, sul percorso già avviato verso le smart cities». Una rivoluzione sostenuta da una dotazione finanziaria che complessivamente per l’Europa si traduce nel 30% dei fondi europei destinati a supportare le misure contro i cambiamenti climatici, nell’ambito del Next Generation, che si avvale di 750 miliardi su un totale di 1.850 stanziati per la ripresa. E che impegna gli stati aderenti alla Ue a dotarsi di piani per l’utilizzo dei fondi (all’Italia sono destinati 65 miliardi dal 2021 al 2023), per cambiare volto al patrimonio immobiliare europeo. «Nel contesto del Next Generation – spiega Raffaelli – per noi le condizioni per raggiungere gli obiettivi ci sono, soprattutto se le risorse saranno davvero utilizzate come opportunità per realizzare una trasformazione complessiva, se saranno considerate una leva per favorire la crescita». In Italia la misura del superbonus del 110% per le ristrutturazioni ha già tracciato la strada. Ma resta il fatto che il grado di vetustà degli edifici è molto elevato. Si contano, da Nord a Sud, oltre 33 milioni di abitazioni. E di queste solo poco più di 3,6 milioni state realizzate dal Duemila in poi, con tecnologie che consentono di abbattere i consumi energetici. Oltre 15 milioni sono state invece costruite dal secondo dopoguerra al 1990. Mentre più di 3,6 milioni risalgono al periodo antecedente il 1918, con l’area del Nord-Ovest che svetta con il numero più alto di edifici antichi. La rapidità ora è diventata essenziale. La sfida, infatti, ha scadenze ravvicinate: la Commissione europea ha calcolato che le emissioni climalteranti dovranno essere ridotte del 55% entro il 2030, del 70% nel solo ambito delle costruzioni. Il rinnovamento in chiave sostenibile di questo patrimonio passa anche attraverso la scelta dei materiali: sempre di più dovranno avere una corsia preferenziale quelli che possono essere valorizzati o riciclati a fine vita. Ma dovrà anche confrontarsi con gli ostacoli sempre presenti costituiti dalla burocrazia. «Un problema che ci siamo posti – spiega Raffaelli – e per questo abbiamo cercato di individuare gli strumenti più idonei ad accompagnare i Paesi membri. Per prima cosa dovrà migliorare l'informazione sulle diverse forme di finanziamento e dovranno essere messe in campo tutte le misure per favorire la trasparenza e la revisione dell'attuale sistema di certificazione energetica. Senza dimenticare che la Commissione europea ha previsto l’assistenza tecnica per aiutare i vari Stati a varare i rispettivi piani».
Digitalizzazione e formazione si confermano oggi i binari da percorrere per raggiungere gli obiettivi. Nel primo caso, per velocizzare e snellire anche tutte le procedure previste per gli appalti pubblici, oggi caratterizzate da notevoli lentezze. Nel secondo caso per preparare specialisti capaci di scegliere le tecnologie maggiormente adeguate, di sostenere la svolta green e di contribuire alla crescita, di dare un ordine di priorità.
In Italia, su oltre 33 milioni di abitazioni, solo 3,6 milioni sono state costruite negli anni Duemila