La progettazione e i materiali chiavi per sostenibilità e sicurezza
Abitazioni, uffici, ospedali, ambulatori medici. E poi infrastrutture, come aeroporti, stazioni ferroviarie, centri commerciali. La crisi epidemica ha lasciato il segno sulla progettazione. Il ricorso al lavoro da remoto imposto dal lockdown ha accelerato un cambiamento che era già in atto da alcuni anni. Fino a renderlo un processo considerato ormai irreversibile. Sicurezza e benessere sono diventati il nuovo fil rouge, in tutti gli ambiti. «In futuro – dice Franco Guidi, amministratore delegato di Lombardini 22, gruppo di architetti e ingegneri che opera a livello internazionale – ci sarà un nuovo uso degli spazi, caratterizzato da molteplici opportunità di utilizzo. E si apriranno nuovi scenari».
Quasi inevitabile che le aziende, secondo i progettisti, con lo spostamento verso lo smart working «dovranno diventare luoghi dove ci si reca per una ragione precisa, per esempio una riunione – prosegue Guidi -. Indipendentemente dal fatto che siano imprese tradizionali o innovative, l’importante è che in ogni caso sia fatta leva su una riorganizzazione capace di garantire la qualità del lavoro». La trasformazione è trasversale. Dovranno essere riconsiderate le abitazioni e cambieranno gli alberghi. Dovranno essere riviste le aree di accoglienza degli ospedali (i pronto soccorso) ma anche gli ambulatori dei medici di base. Saranno progettate in modo diverso le fabbriche e le infrastrutture. Tutto sulla scia della sostenibilità. «Perché la pandemia – osserva Guidi – ha impresso una spinta anche alla green economy». Una rivoluzione che riguarda anche i materiali. Prenderanno sempre più piede quelli maggiormente facili da pulire e igienizzare. Proprio come la ceramica che, sdoganata da tempo da un utilizzo limitato a bagni e cucine, a colpi di innovazione vira sempre di più verso i grandi formati. Le sue caratteristiche tecniche – igiene, resistenza all’usura – le hanno permesso di aprirsi nuovi spazi, per il rivestimento di pareti e pavimenti, persino di facciate di edifici.
«Oggi non parliamo più di piastrelle ma di grandi lastre che possono occupare ogni luogo – conferma Stefano Bolognesi, presidente della commissione Statistiche di Confindustria Ceramica -. Una evoluzione iniziata dieci anni fa. Oggi tutte le imprese del settore hanno impianti per questi nuovi formati che possono essere utilizzati non solo nel residenziale ma anche per i rivestimenti di ospedali, aeroporti, centri commerciali». Un mercato nuovo, che cresce di anno in anno, soprattutto nei Paesi europei, molto sensibili alle innovazioni tecnologiche. Un mercato in cui l’industria della ceramica italiana si è fatta spazio puntando sul design, sulla ricerca, sul valore del made in Italy e della qualità, entrando con un ruolo da protagonista nel mondo dei progettisti. «Anche in altri Paesi l’industria del settore si è attrezzata con gli impianti per i grandi formati – spiega Bolognesi -. Ma noi abbiamo fatto da apripista a livello globale. Il percorso è stato rapido. E anche se la produzione delle lastre di ampio formato non è ancora il core business degli industriali del settore, rappresenta il futuro». Un futuro che si lega alla nuova domanda imposta dall’era Covid.
«Per quanto riguarda la riorganizzazione delle aree di lavoro – spiega Alessandro Adami, progettista di Lombardini 22 – molte aziende all’inizio dell’anno erano ancora alla finestra. Poi con la pandemia tutte si sono riorganizzate. La crisi ha fatto emergere la consapevolezza che si può lavorare in modo diverso. In tante imprese c’è stata la presa di coscienza che la produttività non è legata alla presenza fisica, non diminuisce con il lavoro da remoto: il controllo si concentra sempre di più sulla verifica dei risultati». Proprio il gruppo Lombardini 22, che tra i propri clienti ha grandi aziende come Oracle, Bottega Veneta, Lamborghini, IBM, monitorando l’organizzazione del lavoro, ha scoperto che mediamente l’occupazione di una postazione si aggira intorno al 50% del tempo dedicato all’attività lavorativa. «Sta cambiando il concetto tradizionale di spazio di lavoro – osserva Adami –, cede il passo a quello della condivisione, con uffici che ora possono anche essere concepiti come hub sociali».
La nuova tendenza è la produzione di piastrelle di grandi formati anche nell’edilizia pubblica